Una normativa che va rivista, secondo Federcaccia, quella che in Italia regolamenta la concessione e la revoca del porto d’armi. Una battaglia che la principale associazione venatoria lancia da Perugia, con il convegno su questo tema, che ha ha visto confrontarsi rappresentanti del mondo venatorio e delle forze dell’ordine.
Un’occasione per spiegare la necessità di aggiornare certi meccanismi che regolano la concessione e il mantenimento dei porti d’arma – in particolare i motivi di diniego alla concessione o rinnovo e la sua revoca –, una materia complessa e articolata che riguarda da vicino tutti i possessori di un titolo autorizzativo legato alla detenzione e uso delle armi sportive, siano da caccia o da tiro.
A organizzare il convegno, con il patrocinio e la partecipazione di Federcaccia nazionale raccogliendo l’interesse di moltissimi appassionati che lo hanno seguito in presenza nella sala convegni o collegandosi alla diretta Facebook appositamente predisposta, Federcaccia Umbra sviluppando un’idea dell’avvocato Maurizio Lorenzini e del presidente del provinciale di Perugia Luca Coletti.
Al tavolo dei relatori, introdotti e moderati dal capo ufficio stampa di Federcaccia nazionale Marco Ramanzini, dopo i saluti del presidente di Federcaccia Umbra Nazzareno Desideri sono seguiti Fabio Baldoni, viceprefetto capo di gabinetto della Provincia di Perugia; Dario Lemmi, comandante capo del Commissariato di polizia di Città di Castello; gli avvocati Maurizio Lorenzini del Foro di Perugia e Andrea Campanile, del Foro Genova, quest’ultimo componente dell’Ufficio studi giuridici di Federcaccia nazionale.
Assenti per sopravvenuti impegni istituzionali, hanno fatto pervenire il loro saluto il procuratore generale presso la Corte di Appello di Perugia Sergio Sottani e il sottosegretario al Ministero dell’Interno onorevole Emanuele Prisco, trattenuto da lavori parlamentari. Presenti anche il presidente provinciale Federcaccia di Terni Enrico Riffelli, numerosi presidenti comunali e dirigenti della Federazione, rappresentanti di altre Associazioni venatorie e il comandante della Polizia Provinciale di Perugia Stefano Tofoni.
Con linguaggio semplice e chiaro utilizzando numerosi esempi pratici concreti, riferiti anche all’attività quotidiana nei diversi ruoli e incarichi ricoperti, i relatori hanno illustrato come la normativa vigente regola la possibilità per il cittadino di detenere e impiegare un’arma sportiva, quello che è secondo il nostro Codice non un diritto assoluto ma una concessione che, in quanto tale, può essere appunto negata, sospesa o ritirata. Alla base, al netto di situazioni particolari che ostano in modo perentorio, come ricordato più volte dai relatori l’elemento che maggiormente incide su questa evenienza è legato alla “discrezionalità” riconosciuta all’autorità di pubblica sicurezza nel valutare le garanzie di affidabilità date dal soggetto che ha o richiede un porto d’armi.
Oltre che occasione informativa per dare ai cacciatori e non solo strumenti e conoscenze valide a non incappare – magari in assoluta buonafede, come spesso accade – nei tanti casi previsti che possono portare alla perdita del titolo di polizia o al suo mancato rinnovo, l’appuntamento di Perugia ha assunto però una valenza ancora più specifica, come ha ben chiarito nel suo intervento conclusivo il presidente nazionale di Federcaccia Massimo Buconi.
“Il convegno è solo la prima tappa di un percorso che Federcaccia intende imboccare e che la vedrà impegnata attraverso il suo Ufficio studi giuridici a chiedere una revisione della normativa che regola concessioni e revoche dei porti d’arma, volta soprattutto a far meglio specificare e inquadrare proprio la più volte richiamata ‘discrezionalità’ che sta alla loro base” ha esordito il Presidente nazionale.
“Attenzione, è bene essere chiari e non voglio essere frainteso su un argomento così delicato e che potrebbe prestarsi anche a strumentalizzazioni – ha sottolineato Buconi –. È corretto e sacrosanto che le autorità di pubblica sicurezza, che ringraziamo per il loro quotidiano impegno, facciano verifiche puntuali e possano intervenire immediatamente nel caso ravvedessero motivi che inducano a timori per la pubblica sicurezza dei cittadini. Quindi non invochiamo nessuna facilitazione o minori controlli attorno ai porti d’arma. Quello che domandiamo però è che a livello ministeriale si proceda a definire meglio cosa si intende con discrezionalità e il suo ambito di applicazione, così come chiediamo di mettere un termine temporale ragionevole entro cui le questioni attinenti alle armi devono avere conclusione, togliendo quella zona di incertezza in cui troppo spesso cadono le domande dei cittadini in alcune zone del nostro Paese. E senza risposta, fosse anche un diniego, come può un cittadino ricorrere ed esporre le sue ragioni perché vengano valutate?”.
“Questa revisione deve andare anche nel senso di fornire maggiori certezze proprio agli operatori di polizia, oggi gravati da una responsabilità personale conseguente al rilascio di una autorizzazione che può portare anche a un più che legittimo ‘timore’ a esporsi e che potrebbe indurre ad agire in senso restrittivo o ad allungare i tempi. Un fenomeno cui si è assistito negli ultimi anni anche in campo sanitario a livello internazionale, finché le autorità non hanno meglio definito responsabilità e conseguenze personali proprio degli operatori – ha proseguito Buconi –. Pensiamo dunque a una revisione legislativa di un impianto normativo che, è bene ricordarlo, si basa ancora in buona sostanza sul Testo Unico di Pubblica Sicurezza del 1931”.
“Ma lo stesso risultato lo si raggiungerebbe tranquillamente e in tempi assai più brevi attraverso una circolare applicativa del Ministero dell’Interno che potrebbe, come del resto già ha fatto in passato, occuparsi del tema apportando i necessari correttivi. Non per i cacciatori, non per gli appassionati di armi sportive. Ma per i cittadini e per le stesse autorità di pubblica sicurezza” ha concluso il presidente Federcaccia.