A dieci anni dalla riforma del commercio al dettaglio, per la prima volta il bilancio fra il numero di piccoli negozi costretti a chiudere e l'espandersi della grande distribuzione si annuncia marcatamente negativo. Nel primo trimestre del 2008 sono aumentate a dismisura le cessazioni di attività dei piccoli negozianti di un tempo, figure centrali di ogni quartiere urbano e di ogni piccolo borgo, capaci di garantire un minimo di controllo del territorio da fenomeni di microcriminalità e di atti vandalici. A porre il problema di portata nazionale su una dimensione tutta umbra del fenomeno, è Stefano Vinti, capogruppo di Rifondazione comunista in Consiglio regionale che, con una interrogazione rivolta all'assessore regionale al commercio, intende conoscere i dati del fenomeno chiusura dei piccoli negozi in Umbria e soprattutto, quali iniziative la Giunta intende adottare per il rilancio del piccolo commercio, con particolare riferimento ai centri storici, anche per gli effetti benefici che questa scelta contribuirebbe a produrre in termini di sicurezza e vivibilità nelle città umbre.Sul fenomeno chiusura dei piccoli esercizi commerciali, cui fa da riscontro “la grave crisi dei consumi determinata anche dalla perdita di potere di acquisto dei salari”, Vinti fa riferimento a notizie relative all'intero Paese, secondo le quali, solo nel 2007 hanno cessato ogni attività commerciale 11.183 piccoli negozi, con una rapidissima accelerazione che, solo nel primo trimestre di quest'anno, ha portato a ben 13.315 chiusure. I settori commerciali più colpiti dal fenomeno, ricorda Vinti, sono quello degli elettrodomestici e dell'elettronica di consumo con quasi 6 mila negozi in meno, anche se nello stesso periodo hanno abbassato le saracinesche 1.922 piccoli dettaglianti di frutta e verdura, 4.789 alimentari e 2.865 macellerie. Il proliferare delle strutture distributive organizzate, a danno dei piccoli esercizi commerciali, sottolinea in ultimo Vinti, “ha spezzato il rapporto organico tra commerciante e territorio, con aumenti della microcriminalità prossimi al 50 per cento, nei quartieri a composizione sociale medio – alta”.