Qualche anno fa la vicenda creò clamore: la Guardia di finanza di Spoleto aveva scoperto in Valnerina una “commercialista abusiva”, che avrebbe operato regolarmente e con vari clienti senza però essere abilitata a farlo. Ora la donna, quarantenne, – titolare di un centro elaborazione dati – accusata di esercizio abusivo della professione, truffa aggravata e lesioni colpose, è stata condannata dal tribunale di Spoleto, solo per il primo reato, ad una multa di 516 euro. Anche se lo svolgimento del processo ha ridimensionato di molto la vicenda.
Tutto era nato dalla denuncia, presentata nel 2013, da parte di una coppia di clienti, un professionista e la titolare di un’attività commerciale, che per anni si erano affidati alla donna ed al suo centro elaborazione dati (per la cui attività, secondo la giurisprudenza, non serve essere professionisti abilitati).
I problemi erano insorti quando la coppia aveva scoperto che le loro dichiarazioni dei redditi (fino al 2008) non erano state presentate, risultando così evasori fiscali. Erano state in particolare delle maxi cartelle esattoriali di Equitalia a far scattare, qualche anno dopo, la denuncia. Che ha portato infine la donna sotto processo davanti al giudice del Tribunale di Spoleto Francesco Salerno.
Nel corso del processo, la difesa ha ricostruito come in realtà nel corso degli anni l’imputata elaborava prospetti di pagamento che poi venivano pagati in proprio dai clienti (oltre 20 quelli che seguiva) oppure predisponeva dichiarazioni dei redditi che poi però venivano inviate a commercialisti abilitati. Non tutte, però, quelle effettivamente presentate.
Durante l’ultima udienza, che ha visto anche la donna parlare in aula, “scaricando” le responsabilità su un commercialista esterno, il pm Grasselli ha chiesto per lei la condanna a 5 mesi di reclusione, riconoscendo l’avvenuta prescrizione del reato di truffa. Il giudice Salerno l’ha però assolta anche dal reato di lesioni colpose (nei confronti di uno dei denuncianti che avrebbe avuto problemi di salute in seguito a questa vicenda), condannandola invece – per il reato di esercizio abusivo della professione – a 516 euro di ammenda.