Una diffida a sottoporre immediatamente le due cementerie di Gubbio – Colacem e Barbetti – a Valutazione di Impatto Ambientale (Via) è stata inviata ieri (21 gennaio) a Regione Umbria, Provincia di Perugia, Arpa, Usl, Comune di Gubbio, Ministeri di Salute e Ambiente e Procura.
I mittenti sono i comitati Conca Eugubina, No Css nelle Cementerie, Gubbio Salute Ambiente, Coordinamento regionale Umbria Rifiuti Zero Aps e Wwf Perugia, con le firme dei legali rappresentanti Paola Nuti, Elisabetta Parisi e Valeria Passeri.
La diffida non è tanto per la recente autorizzazione del 29 dicembre scorso, con la quale la Regione ha concesso alle due cementerie di bruciare 100 mila tonnellate complessive all’anno di combustibile solido secondario (Css) ma bensì – si legge nel documento – “per le pregresse autorizzazioni rilasciate nel corso del tempo, da Provincia e Regione, che hanno permesso ai due opifici eugubini di ampliare, progressivamente, qualità e quantità di combustibili per la produzione del clinker (materia prima da cui si produce il cemento)“.
Per gli avvocati dei Comitati, infatti, “la procedura di Via avrebbe dovuto essere svolta già a partire dal 1989, data di entrata in vigore della procedura stessa. Al contrario non è mai stato valutato l’effetto combinato e complessivo degli inquinanti tra i due vicini cementifici, in una conca intramontana che limita la dispersione delle emissioni, le ricadute sulla salute della popolazione e sull’economia locale, non basata solo sul cemento, ma anche su agricoltura biologica, apicoltura, turismo e cultura”.
Per le associazioni firmatarie, dunque, vi è “un vizio di fondo, che dura da più di 30 anni e che inficia tutta l’attività autorizzativa presente e passata: l’omessa valutazione di impatto ambientale rende di conseguenza illegittima, per ricaduta, anche l’ultima autorizzazione all’utilizzo del Css“.
Pertanto le associazioni ambientaliste diffidano in primis la Regione, quale ente competente oggi, a effettuare immediatamente la Via “per i rinnovi autorizzativi pregressi e per quello appena rilasciato all’uso del Css”. In difetto, le stesse “si riservano di agire nelle sedi giudiziarie opportune, anche al fine di far valere la grave omissione istituzionale, che determina mancanza di certezze su ambiente e salute. Non possiamo permettere che una delle città medioevali più belle al mondo degradi a centro di smaltimento rifiuti solo perché ora si chiamano (per decreto legge) Css”.