Licenziato a gennaio dallo stabilimento di Petrignano d’Assisi dopo la conclusione della procedura di riduzione dei personale intrapresa per una sessantina di dipendenti, un dipendente è stato reintegrato da un giudice del tribunale del lavoro di Perugia, che ha anche condannato l’azienda, a titolo di risarcimento danni, a corrispondere al lavoratore oltre diecimila euro, considerate le circa sei mensilità non percepite dall’inizio del licenziamento. Non solo: l’ordinanza stabilisce che al lavoratore è dovuta la contribuzione previdenziale e assistenziale fino all’effettiva reintegrazione, oltre al risarcimento delle spese di giudizio.
Il licenziamento era arrivato a gennaio dopo l’accordo tra azienda e sindacati raggiunto a novembre 2017, in virtù del quale una sessantina di dipendenti sarebbero stati licenziati: nello specifico, dei 59 operai che lasceranno l’azienda una ventina sarebbero stati quelli pensionabili e/o volontari, mentre gli altri erano stati scelti sulla base delle esigenze tecnico produttive. Avrebbero inoltre dovuto lasciare 5 impiegati interni e 5 esterni (della Sogesti), mentre un’altra decina di contratti erano stati trasformati da full time a part time.
Alcuni degli operai licenziati (relativamente pochi) hanno però impugnato il provvedimento, e il giudice, in un caso (gli altri sono in attesa) ha accolto in toto il ricorso. Nello specifico l’uomo, difeso dall’avvocato Siro Centofanti, si è visto riconoscere dal giudice che la comunicazione di avvio del procedimento non conteneva gli elementi prescritti dalla legge 223 del 1991, ossia non è stato permesso alle organizzazioni sindacali di svolgere con efficacia un “controllo preventivo trasparente”. Inoltre, come riportato dal Corriere dell’Umbria, il giudice ha anche riscontrato la “violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare”, cosa che ha permesso (anche grazie all’articolo 18 richiamato da un comma della legge 223) il reintegro del lavoratore in Colussi.