Cambiare i paradigmi della fertilizzazione per rendere le coltivazioni, a partire da quelle di olivo e pomodoro, sempre più sostenibili, riducendo l’inquinamento delle falde e del suolo e la salinizzazione del bacino del Mediterraneo: è questo l’obiettivo del nuovo progetto europeo SafeH2OFarm, che vede l’Università degli Studi di Perugia – con il DSA3, Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali coordinatore internazionale – tra i partner promotori in un’importante rete di enti di ricerca di Cipro, Croazia, Germania, Israele, Spagna e Turchia.
Finanziato nel programma PRIMA – sostenuto da Horizon 2020, il programma quadro per la ricerca e l’innovazione nell’area del Mediterraneo – il progetto SafeH2OFarm è entrato recentemente nel vivo mostrando le prove in campo nell’ambito delle visite al Living lab del DSA3 (Agritech-spoke 3) Sensori per il monitoraggio dello stato idrico e dell’azoto nella coltivazione del pomodoro da industria, che si è tenuto la settimana scorsa presso il fieldlab dell’Università degli Studi di Perugia a Papiano (PG).
L’iniziativa è stata il secondo appuntamento di disseminazione del progetto, dopo l’incontro internazionale iniziale che si è tenuto a Cipro nei mesi scorsi, con la partecipazione della delegazione umbra rappresentata da Michela Farneselli, docente del DSA3 dell’Ateneo perugino e coordinatrice internazionale del progetto.
“È necessaria la cooperazione per rendere sostenibile la produzione agricola nella regione del Mediterraneo. Come Università degli Studi di Perugia, nell’ambito del progetto SafeH2OFarm, che proseguirà fino al 2026 – sottolinea Farneselli – svilupperemo le nostre attività di ricerca focalizzandoci su aspetti agronomici e ambientali che riguardano la prevenzione e riduzione della lisciviazione dei nitrati e degli agrofarmaci, come erbicidi, fungicidi e insetticidi, sia su pomodoro da industria coltivato in pieno campo che su olivo, che sono specie coltivate diffusamente anche in Umbria e sulle quali il nostro team ha consolidate esperienze di ricerca”.
Le produzioni agricole intensive utilizzano infatti grandi quantità di input chimici come azoto e agrofarmaci, applicati per garantire rese elevate. La gestione impropria di questi elementi, in combinazione con un’irrigazione eccessiva, può quindi causare l’inquinamento e la salinizzazione dei corpi idrici e del suolo soprattutto nelle regioni mediterranee, dove le produzioni agroalimentari costituiscono uno dei settori economici più importanti.
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