Arriva in redazione, la missiva del neo Direttore di Palazzo Collicola, Marco Tonelli a commento della recente presa di posizione di alcuni consiglieri di opposizione in Consiglio Comunale, riguardante la rimozione di alcuni murales che sono stati parte integrante del progetto Collicola on The Wall, primo importante intervento sulla street art del precedente Direttore Gianluca Marziani.
Prima di pubblicare interamente il testo di Tonelli, ci prendiamo però la libertà di fare una considerazione in termini di comunicazione pubblica, circa il primo intervento del Direttore, su temi strettamente legati all’organizzazione di Palazzo Collicola. Il tutto anche alla luce delle riflessioni già esposte nel nostro precedente articolo, sopra linkato.
Noi di Tuttoggi, da sempre crediamo nella ricchezza dei contributi espressi anche in difformità di pensiero da chi propone una novità, come potrebbe essere il nuovo percorso museale di Palazzo Collicola e crediamo anche nella ricchezza del dialogo, motivo per cui sarebbe meglio evitare i lunghi e stucchevoli botta e risposta sui giornali (e lo diciamo anche contro il nostro interesse), mentre un faccia a faccia sull’argomento, magari in Commissione Cultura, potrebbe essere molto più proficuo.
E’ ovvio che questo approccio deve valere, nel caso specifico, anche per chi, come i consiglieri comunali di opposizione, ha affidato ad una lettera aperta ai giornali, un tema importante come questo in discussione. La speranza è infatti che non se ne voglia fare una sola battaglia di bandiera, magari per imminenti campagne elettorali, ma invece fornire un contributo serio e propositivo. Questo era anche il senso del nostro articolo precedente.
Non vorremmo ora assistere alla consueta tiritera del “tu hai scritto… io ho detto…etc etc.”. Indubbiamente l’intervento di Tonelli non è parco di sarcasmo, aldilà del contenuto strettamente tecnico. Proprio in questo caso sarebbe meglio non coinvolgere i giornali, che poi sarebbero tirati per la giacchetta, nel dover pubblicare imparzialmente gli inevitabili interventi a replica, finendo poi per dimenticarsi del perchè si è iniziata una discussione.
Per il sarcasmo è meglio costruirsi un blog personale, perchè i giornali, è bene ricordarlo, non sono dazebao cinesi. Anche in tempi di Via della Seta.
Di seguito l’intervento integrale del Direttore Marco Tonelli.
Intorno ai murales di Palazzo Collicola: ipocrisie di una protesta
“Un coro di vibrante protesta” (con tanto di appello Facebook) si è alzato negli ultimi giorni intorno a Spoleto, in difesa di una serie di murales fatti realizzare dall’ex direttore di Palazzo Collicola tra il 2010 e il 2018, prima che all’inizio di quest’anno il sottoscritto gli succedesse.
La protesta è così sintetizzata: l’attuale direttore avrebbe intenzione di “cancellare”, “rimuovere” ed “eliminare” tutti i murales, realizzati tra gli altri da Sten Lex, Di Fabio, Obqueberry, Moneyless e via dicendo.
Niente di più falso. Il sottoscritto ha inviato a tutti i muralisti in questione una mail in cui ha chiesto non l’autorizzazione (non ne avrei bisogno, la legge parla chiaro, chi è diventato proprietario di un’opera non la può modificare o alterare, ma la può distruggere), bensì una sorta di liberatoria informale e di comunicazione di rispetto e cortesia, informando gli interessati della mia necessità di rivedere il percorso museale, di dover probabilmente ricoprire (temporaneamente e senza distruggere) alcuni interventi murari con pannelli didattici e segnaletica che indichino la nuova sistemazione museale. Perché di questo si tratterà: rivedere completamente la galleria d’arte moderna spostandola dal piano terra al secondo piano, ripensare il modo di comunicare il museo con indicazioni esplicative ora del tutto assenti, allestire sale tematiche nuove e con un progetto più organico e rivolto al pubblico. Vorrei citare en passant la relazione scritta fatta da un architetto del Politecnico di Milano, allestitore di mostre d’arte contemporanea (tra cu Buren) e antica (ha in preparazione quella di Giulio Romano a Palazzo Ducale di Mantova!) e vari musei (ha in apertura quello di Palazzo Medici Riccardi a Firenze!), dopo aver fatto un sopralluogo a Palazzo Collicola: “Nel museo sono attualmente dislocati numerosi interventi di tipo “murales”, molti dei quali realizzati direttamente sulle superficie muraria. Questi, anche quando intendono relazionarsi con l’architettura, presentano un grave intralcio all’integrità spaziale e architettonica che va necessariamente a condizionare qualsiasi futuro progetto allestitivo, con ricadute non solo in quei locali ma sull’intero sistema espositivo”.
Qualche muralista, dopo la mia lettera, mi ha risposto “capisco benissimo che un direttore nuovo abbia la voglia di mettere del suo all’interno del museo, spero che le cose per Spoleto con lei possano migliorare, avete un bellissimo spazio e una collezione invidiabile. Che il nuovo corso spazzi via le magagne della precedente gestione”, oppure “a lei e al suo ruolo il compito di gestire il tutto nel modo che riterrà più adeguato” o ancora “capisco benissimo le tue future scelte logistiche per il museo, ma il primo wall painting è molto bello e ha riscosso molto successo negli anni… magari si potrebbe cancellare il secondo…?”. Certo nessuno ovviamente ha fatto i salti di gioia, ma la questione è un’altra.
Dobbiamo comunque precisare che la “vivace protesta” è stata alimentata da una parte dall’ex direttore che aveva fatto realizzare quegli interventi, dall’altra dal candidato sindaco perdente alle ultime elezioni comunali (che da assessore alla cultura aveva sostenuto l’ex direttore): il sospetto di una strumentalizzazione politica di squadra è più che evidente, non si tratta solo di questioni estetiche.
Ritengo che questa protesta sia quanto mai inopportuna, intempestiva e fuori luogo per almeno tre motivi.
Punto primo: hanno letto ex direttore ed ex aspirante sindaco i documenti inviati a suo tempo da funzionari del Comune di Spoleto alla Sovrintendenza di Perugia? Ne dubito, perché se lo hanno fatto avrei io qualcosa da recriminare nei loro confronti. Su quei documenti protocollati infatti si chiedeva autorizzazione a realizzare sui muri di un museo (tra l’altro un palazzo del Settecento e quindi vincolato) interventi “temporanei” e “su supporti rimovibili” e la Sovrintendenza immagino abbia acconsentito su quanto preventivamente richiesto con quegli atti ufficiali.
Ora però si dà il caso che gli interventi siano stati dipinti direttamente sui muri (che rimovibili non sono) ed essendo temporanei non possono e non devono rimanere lì a vita. Detto ciò, qualcuno potrebbe essere responsabile di una irregolarità, ma se per ipotesi io come direttore di Palazzo Collicola denunciassi alla Sovrintendenza il fatto, chi ne risponderà se non il direttore e l’assessore dell’epoca? Dunque cui prodest questo “coro di vibrante protesta”?
Punto secondo: dove erano fino a pochi giorni i coristi paladini del patrimonio artistico, dal momento che nessuno di loro ha mai sollevato polemiche, fatto azioni concrete, portato la cosa all’attenzione pubblica, in merito al degrado in cui versa dal 2016 il wall drawing di Sol Lewitt che si trova sugli stessi muri dove sono i murales che tanto interessano? Wall drawing ambientale del più importante pittore di pareti del mondo, opera di punta della Galleria d’Arte Moderna, visibilmente rovinato dal terremoto e dall’inserimento nella sua stanza di una scultura estranea di altro artista: Remo Remotti. Io appena insediato ho convocato tre diversi conservatori e restauratori per avere dei pareri in merito al suo recupero ed informato la Fondazione Lewitt per progettarne insieme un restauro il prima possibile.
Lewitt deve essere difeso meno di un giovane muralista? Quanto vale un wall drawing di quella estensione di Lewitt?
Terzo punto: si scandalizzano che nel nuovo allestimento possano finire coperti o distrutti alcuni interventi murali. Però magari del fatto che in deposito siano finite opere, tra i vari, di Burri (ora non più presente in collezione!), che l’allestimento originale di Giovanni Carandente sia stato mutilato ma non ripensato né migliorato, che lo stato conservativo e museografico della collezione d’arte moderna versi in uno stato di degrado (illuminazione di venti anni fa e inadeguata, crepe vistose sui muri, dietro e intorno alle opere, sollevamento degli intonaci, necessità di restauro di molti lavori), di tutto ciò non interessa al nostro “coro di vibrante protesta”? Non dovrebbero invece apprezzare gli sforzi che stiamo facendo per far tornare la Galleria d’Arte Moderna il fiore all’occhiello di Spoleto? Perché non ci danno una mano piuttosto che tenderci subdole e inconcludenti trappole e farci perdere tempo inutilmente per rispondere?
Sulla questione poi del valore degli interventi (su un articolo del Messaggero del 5 aprile l’ex direttore ha parlato di 500 mila euro, che neanche Banksy arriva a tanto), mi chiedo: i coristi hanno visto in che condizioni versano oggi molti di quei murales che dovevano essere “temporanei” e “su supporti rimovibili”? Quelli in esterno si stanno ammuffendo per l’umidità, alcuni seppur al riparo hanno già perso parte della pellicola pittorica, altri si sono spaccati in seguito al terremoto del 2016 con cadute di colore. Se tanto è il loro valore, perché non essersi preoccupati di conservarli meglio, magari facendoli realizzare su pareti preparate adeguatamente o supporti rimovibili, appunto come era richiesto nei documenti ufficiali?
Non abbiamo fatto i nomi degli attori principali. Eccoli serviti: Gianluca Marziani nella parte dell’ex direttore, Camilla Laureti in quella dell’ex assessore ed ex aspirante sindaco.
Chi si ricorda da chi era composto quel “coro di vibrante protesta” nel finale della canzone di De Andrè La domenica delle salme, capirà meglio dove voglio arrivare…