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Cinghiali e caprioli, dal bosco alla tavola: la filiera corta delle carni di selvaggina

Cinghiali e caprioli, dal bosco alla tavola. La Regione Umbria punta con decisione alla filiera corta delle carni di selvaggina, in particolare degli ungulati selvatici. Con il doppio scopo di contribuire a risolvere, in maniera sostenibile, il problema dell’eccessiva presenza di questi animali nelle campagne. E di garantire una maggiore sicurezza e trasparenza nel consumo di tali carni nella regione.

L’EcoSelvoFiliera

Sono stati presentati agli operatori di settore e alle istituzioni i risultati del progetto pilota di filiera corta delle carni di selvaggina EcoSelvoFiliera, realizzato nel corso delle stagioni venatorie 2018/2019 e 2019/2020.

Un progetto nato dalla consapevolezze che ad oggi, la grande quantità di carni e prodotti derivati di ungulati selvatici consumate in Umbria sembrerebbe provenire da altre regioni o, per la maggior parte, dall’estero, in particolare dall’Est Europa e dalla Nuova Zelanda.

Il progetto

Una filiera umbra garantita – ha spiegato Alessandro Monacelli, presidente dell’EPS Umbria Ente Produttori Selvaggina e promotore del progettoaiuterebbe a fronteggiare la concorrenza extra regionale e a recuperare competitività nel settore gastronomico locale, sanando l’evidente incongruenza tra il consumo regionale e il numero di capi abbattuti che transitano nei centri di lavorazione di selvaggina autorizzati in Umbria. Abbiamo anche dimostrato che vi può essere un utile economico importante per gli operatori.”

Il progetto, infatti, è servito a validare le procedure necessarie a garantire tracciabilita, qualità igienico sanitaria e commerciale delle carni e dei prodotti trasformati. Tenuto conto, peraltro, che questi ultimi si sono limitati ai salumi più tradizionali, ma la gamma potrebbe essere facilmente ampliata ad altri prodotti quali sughi e salse pronte, oltre ai tagli di carni fresche.

Monacelli: esubero di alcuni animali selvatici nella nostra regione

Da anni ormai – ha proseguito Monacelli – l’esubero di alcune specie di animali selvatici nella nostra regione, dove il 46% del territorio è coperto da boschi e foreste, provoca danni alle produzioni agricole e forestali e costituisce un serio pericolo per la sicurezza stradale, con parecchie centinaia di incidenti denunciati. L’obiettivo del progetto è, proprio quello di creare una filiera locale, quindi corta, di lavorazione e valorizzazione di queste carni in grado di garantire sicurezza, tracciabilità e trasparenza a vantaggio dei consumatori, ma anche reddito per gli operatori del settore e di contribuire alla salvaguardia ambientale grazie ad azioni di contenimento più adeguate e attente”.

Si tratta, insomma, di utilizzare “una risorsa ecologica, disponibile, rinnovabile e a bassissimo costo che, gestita nel rispetto degli equilibri delle specie selvatiche e attraverso una filiera strutturata e validata, possa dare valore al territorio e alle sue tipicità, permettendo al contempo una sostenibilità economica per le comunità locali e un sistema di prelievi sempre più adeguato alle necessità e all’ambiente”.

Morroni: i cinghiali sono un’emergenza

L’assessore regionale all’Agricoltura, Roberto Morroni, ha salutato l’iniziativa con particolare positività. La valorizzazione della filiera delle carni selvatiche fa parte della strategia della Regione per contenere la presenza dei cinghiali in Umbria.

Per Morroni la filiera “apre un interessante frontiera nella regione, in sintonia con le linee di indirizzo che stiamo portando avanti. È un modo intelligente di affrontare un problema, quello della diffusione dei cinghiali, che è nazionale e che sta diventando una vera e propria emergenza, trasformandolo in una opportunità.”

L’assessore ha, quindi, auspicato, in un prossimo futuro, un confronto ancora più serrato e un ampliamento delle sinergie, in considerazione delle ottime potenzialità e delle prospettive del progetto, “così da fare dell’Umbria – ha concluso – un modello anche da questo punto di vista”.

Gli esperti: importante il ruolo del cacciatore

Gli interventi degli esperti (Francesca Vercillo, docente di Gestione faunistica all’ateneo perugino, David Ranucci, docente di Ispezione degli alimenti di origine animale nel medesimo ateneo, e Fausto Cambiotti, medico veterinario dirigente della Asl Umbria 1) hanno, peraltro, messo in evidenza l’importanza del ruolo del cacciatore, soggetto primo della filiera, e della sua necessaria formazione, nonché la necessità di un disciplinare di filiera umbro che permetta il passaggio da un progetto pilota a un piano industriale vero e proprio.


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