Carni di selvaggina selvatica (cinghiali e non solo), cambiano le regole. La Regione Umbria ha approvato con delibera 95 del 9/2/22 (pubblicata sul Bur del 23 febbraio) le “Linee guida vincolanti in materia di igiene delle carni di selvaggina selvatica”. Con diverse norme da attuare nel caso dell’autoconsumo (per il quale è rivisto a ribasso il numero dei capi), della forniture diretta per i piccoli quantitativi e per l’immissione sul mercato ai fini della commercializzazione.
Il quantitativo di animali abbattuti destinati all’autoconsumo per ogni singolo cacciatore non può essere superiore al “piccolo quantitativo” in un anno.
Il piccolo quantitativo è definito in 2 carcasse corrispondenti a 2 unità/anno di “capo grosso equivalente” secondo la tabella di conversione:
Ogni cacciatore, singolo o appartenente a squadre, può cedere ogni anno un numero corrispondente a due unità “capo grosso equivalente”, salvo diversa disposizione in caso di situazione epidemiologica o zoonosi trasmissibile.
Nel caso di fornitura diretta di piccoli quantitativi le squadre di caccia o i cacciatori devono comunicare al Servizio veterinario territorialmente competente la presenza di carcasse da ispezionare al fine di garantire la visita ispettiva, nei centri di raccolta selvaggina, con preavviso di almeno 48 ore.
Il cacciatore è obbligato a sottoporre tutti i capi all’esame della trichinellosi. A compilare il Modello 1, anche in copia da inviare al Servizio di igiene degli alimenti.
La nuova normativa prevede norme stringenti nel caso in cui si voglia commercializzare la carne selvatica. Un aspetto, questo, di cui si dibatte molto, anche per il progetto di attivazione, anche in Umbria, della filiera della carna di cinghiale.
Nel luogo di abbattimento o nelle vicinanze deve essere presente una persona formata (con un corso di 10 ore con esame finale) che compila il Modello 2 e lo firma, dopo aver fatto un esame dei visceri (oltre a quello sulla trichinellosi in capo alle autorità sanitarie). Di fatto sostituendosi, in parte, all’attività dei veterinari delle Asl.
La normativa prevede una serie di norme igienico-sanitarie con le caratteristiche che devono avere i Centri di raccolta (le cosiddette Case di caccia) dove le carni vengono depositate temporaneamente ed eventualmente lavorate (scuoiatura e divisione).
Il grosso delle lavorazioni deve essere effettuato nei Centri di lavorazione grossa selvaggina riconosciuti.
Le indicazioni igienico sanitarie sono specifiche nel caso di carni di selvaggina di grossa taglia o di piccola taglia.
Il prelievo del campione da portare all’autorità sanitaria per la ricerca delle trichinelle può essere effettuato, a seconda dei casi: da una persona formata; da un veterinario ufficiale.
I visceri degli animali cacciati non devono essere lasciati sul terreno, ma smaltiti secondo le normative cigenti.
Tutti i capi di selvaggina grossa e destinati al consumo umano, compresi i piccoli quantitativi oggetto di fornitura diretta, devono essere identificati.
A seguito della modifica del tariffario regionale entrata in vigore dal primo gennaio 2022, queste sono le tariffe per i cinghiali, a seconda della procedura seguita:
La delibera è stata approvata in Giunta su proposta dell’assessore alla Sanità Luca Coletto. Le associazioni venatorie e gli Atc, così come le squadre e i singoli cacciatori, stanno verificando le prescrizioni e la loro effettiva applicabilità, dal momento che la delibera è già entrata in vigore. In un momento, tra l’altro, in cui si monitora a livello nazionale l’evoluzione della pandemia da peste suina africana dopo i casi di positività riscontrati in cinghiali in Piemonte e Liguria.
Norme che stanno vagliando anche all’Assessorato alla caccia, dato che, da quanto si apprende, non sembra che ci sia stato un preventivo confronto tra questi uffici (comunque interessati, visto l’impatto sull’attività della pratica venatoria) e quelli della Sanità, competente per materia.