Choc al cimitero: teschi, femori, resti umani abbandonati per terra in un locale, un tempo una grotta scavata nella roccia, di un piccolo cimitero di Spoleto, protetta a malapena da una porta in ferro che il passare degli anni sta letteralmente consumando, con la ruggine che ha mangiato in più punti la lamiera al punto da poter osservare cosa vi è custodito.
Sono stati alcuni lettori di Tuttoggi a segnalare la macabra scoperta che, oltre a violare la legge vigente in materia di polizia mortuaria, getta più di un interrogativo.
Difficile che si tratti di una cappella privata (all’esterno non si trovano incisioni circa il nome di famiglie), più probabilmente un ossario o un locale un tempo adibito a rimessaggio o, forse, camera mortuaria.
Come è difficile credere che nessuno tra chi ha la gestione del cimitero – a cominciare dal Comune che nel tempo ha affidato i servizi cimiteriali alla propria controllata, l’ASe – si sia accorto di nulla. Non fosse che proprio sopra la porticina in ferro una mano spinta da pietà umana, ha lasciato un lumino elettrico, la cui batteria ha smesso di funzionare.
Il cimitero è quello di Monteluco, piccolo complesso ricavato nei secoli tra il bosco di lecci e la montagna di roccia. Proprio sotto la grotta in cui soggiornò San Francesco, a pochi passi in linea d’aria da quel belvedere in cui il poverello di Assisi decantò la bellezza del panorama con la celebre “nihil jucundius vidi valle mea spoletana”.
Lo stesso cimitero è un luogo di struggente bellezza e pace; qui riposano i resti di grandi artisti in tombe e fornetti di grande semplicità, come si addice al luogo, a dispetto della celebrità avuta in vita. Ma anche personaggi che hanno lasciato la loro impronta nella vita recente della comunità spoletina.
Entriamo al cimitero che ospita una quarantina di sepolcri, seguendo le indicazioni che ci hanno fornito i lettori. Si percorre il piccolo vialetto, tenuto bene considerando la stagione autunnale, che apre a destra su una grande piattaforma dove sorgono edicole, cappelle e lapidi.
In fondo la porta in lamiera verde, mangiata qua e là dalla ruggine, priva di serratura. A mantenerla chiusa una struttura di ferri saldati tra loro, mangiati anche questi dalla ruggine.
Una precauzione che conferma la volontà di non utilizzare il locale con una certa frequenza. Lo spettacolo è da film horror: in terra, disseminati sul pavimenti tanti, poveri resti umani. Ci sono almeno tre crani, alcuni femori, ossa di cui non sarà facile accertare l’identità. Forse resti di una o più estumulazioni fatte nel corso del tempo, non rivendicate dai familiari e lì ricoverate.
Se la segnalazione dei lettori ha trovato purtroppo conferma, un testimone conferma a Tuttoggi che la situazione è così da almeno 15 anni.
“Sinceramente pensavo che questa vicenda fosse stata risolta” ci dice un trentenne, oggi laureato che esercita la professione fuori città ma che ama ritornare nella sua città natale. “Ai tempi del liceo – racconta -venivamo qui per fare quella che chiamavamo la ‘prova di coraggio’: entrare di notte nel cimitero, percorrerlo tutto e uscire. Sapevamo di questa grotta e dei resti umani che si potevano vedere dai buchi creati dalla ruggine”.
Ora non resta che attendere l’intervento delle autorità per sanare questa vicenda che ha quanto meno dell’incredibile.
Appena venerdì scorso, a leggere il bollettino diramato dalla azienda municipalizzata, è stato effettuato un intervento nel piccolo cimitero. Indubbiamente non rivolto a sistemare i poveri resti (o il portocino) che restano così alla mercé del tempo, delle intemperie e dei topi. Uno choc, quello del piccolo cimitero di Monteluco, destinato a sollevare indignazione.
Scorrendo i nomi incisi sulle lapidi si scopre che qui riposano i resti di almeno tre grandi artisti. Come il celebre pittore e scenografo Domenico Gnoli, morto a New York nel 1970 a 47 anni, che la mamma, la celebre ceramista Annie de Garrou volle nel piccolo cimitero di Spoleto dove dal 1994 riposa anche lei.