Forte preoccupazione la situazione in cui si trovano i cinque ricercatori dell’Isuc, il cui contratto scadrà il prossimo 31 dicembre,
Torna alla ribalta la ventilata chiusura dell‘ISUC, ovvero l’Istituto di storia dell’Umbria contemporanea, una delle realtà di ricerca storica e documentale più longeve e importanti della regione.
Per chi è del “mestiere” un punto di riferimento scientifico di grande valore ed utilità.
In questo scenario di incomprensibile “efficientismo“, si inserisce l’odierno appello sottoscritto da oltre trenta docenti delle due Università dell’Umbria (Università degli Studi di Perugia e Università per Stranieri di Perugia) finalizzato a chiedere alle autorità regionali di scongiurare la prospettata chiusura dell’Istituto.
L’appello
Salviamo la storia dell’Umbria, salviamo l’Isuc Le recenti notizie hanno portato alla ribalta il futuro dell’Isuc (Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea).
L’imminente scadenza dei contratti delle cinque unità di personale impiegate nell’Istituto impone, a quanto pare, la chiusura dell’ente. Come comunità di studiosi operanti nelle istituzioni accademiche e di ricerca dell’Umbria, non possiamo non prendere posizione di fronte a tale eventualità, che impoverirebbe il panorama culturale della regione, dunque la stessa società umbra, strutturalmente caratterizzata da una condizione di isolamento.
Durante la sua attività, l’Isuc ha rappresentato la cornice istituzionale in cui sono state svolte numerose attività scientifiche (convegni, pubblicazioni, corsi di aggiornamento per gli insegnanti delle scuole, alta divulgazione), spesso in collaborazione con gli altri istituti culturali del territorio, quali le due Università.
Queste attività hanno contribuito potentemente alla formazione politico-intellettuale delle classi dirigenti regionali e alla crescita della coscienza civile e democratica dei cittadini. Da poco è stato celebrato il primo cinquantenario di vita della Regione Umbria.
La prospettata chiusura dell’Isuc, sorto nel 1974 al fine di “raccogliere documenti” e “promuovere ricerche” utili a “diffondere la conoscenza” della storia dell’Umbria in età contemporanea (come recita la legge regionale n. 31 del 29.4.1974), rappresenterebbe una cesura insanabile nel faticoso cammino compiuto per elaborare una consapevolezza storica collettiva in grado di tenere unite aree geografiche e sensibilità assai diversificate che si confrontano nel contesto umbro.
In particolare, crea forte preoccupazione la situazione in cui si trovano i cinque ricercatori dell’Isuc, il cui contratto scadrà il prossimo 31 dicembre, i quali per molti anni hanno garantito il funzionamento dell’ente e la sua apertura al pubblico degli studiosi, degli insegnanti, degli studenti e degli appassionati di storia.
La loro sorte non ci è indifferente, tanto più in una congiuntura che sarà caratterizzata, nel breve e nel medio periodo, dalla possibilità di creare posti di lavoro stabili e qualificati nella pubblica amministrazione. Pertanto, riteniamo indispensabile che venga scongiurata la cessazione delle attività dell’Isuc e auspichiamo che le autorità regionali individuino soluzioni concrete in tempi rapidi per salvaguardare la continuità dell’Istituto e della condizione lavorativa delle cinque unità di personale, che da tempo si impegnano, con dedizione e professionalità, a studiare e a divulgare la storia dell’Umbria.
Perugia, 27 dicembre 2021
Attilio Bartoli Langeli, Fabio Bettoni, Fabrizio Bracco, Andrea Capaccioni, Rita Chiacchella, Salvatore Cingari, Augusto Ciuffetti, Chiara Coletti, Lidia Costamagna, Emanuela Costantini, Paola De Salvo, Loreto Di Nucci, Alberto Grohmann, Francesca Guiducci, Erminia Irace, Luca La Rovere, Regina Lupi, Claudia Mantovani, Maria Grazia Nico, Andrea Possieri, Fausto Proietti, Francesco Randazzo, Paolo Raspadori, Marina Regni, Gabriele Rigano, Alessandro Simoncini, Lorella Tosone, Mario Tosti, Filippo Maria Troiani, Stefania Tusini, Manuel Vaquero Pineiro, Stefania Zucchini.