Ieri mattina all’ingresso c’erano due carabinieri con il metal detector che chiedevano i documenti a chiunque entrasse. Da oggi ci saranno poliziotti, carabinieri e finanzieri che, a turno, per quanto possibile, vigileranno. Già perché il tragico fatto accaduto lunedì mattina ai giudici Umberto Rana e Francesca Altrui ha riportato alla ribalta il problema della inesistente sicurezza in alcune sedi giudiziarie di Perugia, soprattutto al civile, dove Roberto Ferracci è riuscito ad entrare indisturbato con ben due coltelli nel marsupio e ad arrivare al suo obiettivo senza problemi.
VIOLENZE E AGGRESSIONI, NON ERA L APRIMA VOLTA
“Il fatto che i colleghi siano vivi è un solo un miracolo”, ha detto ieri mattina il giudice Paola De Lisio nel corso di un’infuocata assemblea dell’Anm che poi si è allargata anche ai dipendenti amministrativi e agli avvocati. Il giudice del civile ha ricordato che “non c’è un giudice in questo palazzo che non sia stato oggetto di minaccia, o peggio, solo venerdì scorso una collega è stata picchiata e per caso l’altro giudice che è intervenuto in suo soccorso non è diventato un eroe come Umberto Rana”. De Lisio, facendosi portavoce degli altri giudici del civile ha chiesto almeno un livello minimo di sicurezza fin quando non verranno messi i tanto attesi tornelli con il metal detector il cui progetto era proprio adesso in dirittura d’arrivo dopo tanti anni.
CITTADELLA GIUDIZIARIA, UNICA VIA
Lo ha spiegato il procuratore generale Fausto Cardella, “da lunedì arriverà la vigilanza privata ma siamo in dirittura d’arrivo anche per gli altri presidi fissi di sicurezza”. In fondo però, tutti i presenti sanno che qualsiasi “soluzione” è solo tampone, perché il problema reale è che la geografia giudiziaria a Perugia è troppo frastagliata e non è possibile proteggere bene tutti gli edifici che ospitano un giudice. “Non ci sono abbastanza poliziotti – ha detto il procuratore Cardella – e l’unica soluzione è andarsene da qui”. Per l’alto magistrato, anche se forse non è la soluzione ottimale, quella dell’ex carcere di piazza Partigiani “è una soluzione che va sostenuta e non osteggiata”. Almeno non potranno esserci tutti gli ingressi che ci sono attualmente in tutti gli uffici giudiziari di Perugia e forse si riuscirà a controllarli ed evitare altri “casi” Ferracci.
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STANDARD INSUFFICIENTI ANCHE IN ALTRI DISTRETTI
Una giornata lunghissima e tesa in cui si sono susseguite riunioni su riunioni e c’è stata anche l’eventualità, concreta, che i giudici decidessero in qualche modo di incrociare le braccia per protesta contro le misure di sicurezza che, soprattutto al tribunale civile di Perugia, non ci sono. Alla fine, ieri sera, dopo la seconda assemblea della giornata dell’Anm dell’Umbria, hanno deciso di “prendere atto delle iniziative prospettate dal Procuratore Generale per garantire un livello di sicurezza adeguato per il tribunale civile di Perugia”, evidenziando però, che “sussistono standard di sicurezza insufficienti anche in altri uffici giudiziari del distretto”. Per questo, hanno annunciato che “l’assemblea degli iscritti resta convocata in modo permanente e la Giunta Distrettuale Anm si impegna a vigilare sulla concreta attuazione di presidi minimi di tutela dell’incolumità in tutti gli uffici giudiziari, instaurando un’interlocuzione diretta con i capi degli uffici in modo da monitorare lo stato di avanzamento dei lavori”.
IL CASO SPOLETO
Anche nella città del ducato l’emergenza sicurezza negli uffici giudiziari si fa sentire. Anche mancano i presidi come metal-dector e vigilanza armata. Ne è sguarnita anche la nuova sede della Procura così come il tribunale di sorveglianza. Anche a Spoleto dunque potenzialmente chiunque potrebbe entrare nella totale vulnerabilità della struttura sotto il profilo sicurezza. Sono voci autorevoli a rimarcarlo ieri. E’ il sostituto procuratore Patrizia Mattei, nel corso dell’assemblea a spiegare che “Spoleto è abbandonata a se stessa quanto a sicurezza, in tribunale c’è una guardia giurata all’ingresso la mattina e la Procura è sfornita di qualsiasi apparato di sicurezza, non ci sono allarmi, non ci sono presidi, non ci sono metal detector né poliziotti, abbiamo la polizia giudiziaria ma ha un orario diverso dal nostro e non possono esserci utili”.
E a rimarcare il concetto è il presidente del tribunale di sorveglianza di Spoleto, Nicla Restivo spiegando come gli uffici siano posti “al piano terra dell’immobile storico del tribunale. Non c’è filtro in nessuno degli ingressi. All’ingresso nel gabbiotto c’è una signorina che ovviamente non può controllare nessuno. C’è un agente di polizia privata che gira, ma non basta assolutamente. Già durante l’ispezione ministeriale dello scorso anno sono state evidenziate le gravi carenze della sicurezza”. E richieste in tal senso sono state inviate all’indirizzo del Ministero, con la firma del procuratore capo Alessandro Cannevale, già nei mesi scorsi.
Nella foto (di repertorio) il procuratore generale Cardella e il questore Messina