“Guarda che stai chattando con un morto“. E’ una delle frasi, terribili, che si leggono nella chat Telegram recuperata dalla polizia postale nonostante i tentativi di cancellare la propria presenza nella “stanza” virtuale dove ci sono tracce degli ultimi istanti di vita di Andrea Prospero.
Lo studente 19enne aveva appena assunto gli oppiacei poi risultati letali, come proprio un “amico” della chat gli aveva consigliato di fare. “Mandali giù con il vino, vedrai che non sentirai dolore, avvertirai anzi solo piacere“, lo ha esortato il 18enne, ora agli arresti domiciliari, nel momento in cui Andrea ha espresso la paura di compiere l’insano gesto. Il momento in cui lo studente poteva ancora salvarsi, magari chiedendo aiuto a un parente o a un amico vero, come evidenziato anche dal legale della famiglia Prospero, Carlo Pacelli.
E’ quel “rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione” contemplato nell’art 580 del Codice Penale che la Procura di Perugia contesta al momento al 18enne, senza precedenti e figlio di genitori senza alcun legame con la criminalità.
Al vaglio altri nickname
Quel ragazzo che, pochi istanti dopo la morte di Andrea, ha manifestato il timore di essere rintracciato attraverso quella chat. Timore che, attraverso l’invito a cancellare ogni traccia di Andrea dalle chat, sarebbe stato manifestato anche da altri utenti. Ai quali chi indaga vuole ora risalire, come fatto con il 18enne residente nel Lazio.
L’altro indagato
Nei confronti del giovane che avrebbe procurato, sempre sul web, i farmaci con i quali Andrea Prospero si sarebbe poi suicidato – secondo i resoconti dell’autopsia definiti “chiarissimi” dal procuratore Cantone – il reato al momento ipotizzato è sostanzialmente di spaccio di sostanze stupefacenti. Dato che finora non sono emerse prove circa il fatto che il giovane, residente in Campania, fosse a conoscenza della volontà di Andrea Prospero di farla finita.
L’indagine parallela
Novità potrebbero emergere anche dall’inchiesta parallela, quella sulle presunte attività online illegali che farebbe supporre la presenza delle numerose sim-card trovate nella stanza dove lo studente si è tolto la vita.
Anche se il disagio che avrebbe portato al gesto autolesionista, sempre secondo quanto emerso dalla chat “della morte”, non sarebbe legata a questa vicenda, ma a difficoltà di inserimento nel contesto universitario che aveva portato Andrea, insieme alla sorella gemella, da Lanciano a Perugia. Anche se Andrea aveva iniziato il corso da pochi mesi – sembra però che non si recasse a lezione – e non aveva avuto neanche il tempo di partecipare ad una sessione di esame.