Terremoto

Casette fai da te e roulotte, entro mercoledì regolarizzazione o rimozione

Regolarizzare casette fai da te, case mobili e roulotte entro mercoledì (il 31 gennaio 2018), cioè entro tre giorni, rinunciando al contributo per l’autonoma sistemazione, oppure rimuoverle. La legge è chiara e non ci sono margini di cambiamento, viste le vicine elezioni politiche che non permettono modifiche normative fino a marzo. Il decreto “salva nonna Peppina” rischia di creare problemi agli sfollati e di far fioccare denunce in territori, come quello di Norcia, dove il ricorso al “fai da te”, visti i ritardi sull’assistenza alla popolazione, è stato significativo.

Il provvedimento era stato annunciato ad ottobre dal commissario straordinario per la ricostruzione Paola De Micheli dopo il clamore suscitato dal caso di nonna Peppina, nelle Marche, a cui era stata sequestrata la casa in legno realizzata dalle figlie per garantirle un tetto sotto a cui vivere per rimanere nel suo territorio. Ma era stato chiarito subito che avrebbe riguardato non solo le casette abusive, ma anche case mobili e roulotte posizionate nei terreni di proprietà, che secondo il testo unico sull’edilizia sono legali soltanto se temporanee (massimo 90 giorni) e non attaccate alle reti di servizio (fognature, acqua, etc), altrimenti costituiscono un abuso al pari di strutture fisse.

A dicembre, quindi, il provvedimento è stato recepito all’interno della Legge di conversione al decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (cosiddetto decreto fiscale), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 5 dicembre 2017.


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Cosa dice la legge “salva casette fai da te”

La legge “salva Nonna Peppina”

L’articolo 8 bis della legge in questione, relativa a “Interventi eseguiti per immediate esigenze abitative”, indica requisiti precisi in rispetto dei quali si può regolarizzare (temporaneamente) le strutture abitative realizzate in emergenza.

Prima di tutto tali interventi devono essere stati realizzati tra il 24 agosto 2016 ed il 24 agosto 2017 “per impellenti esigenze abitative” di chi ha immobili distrutti o gravemente lesionati dal terremoto. Quindi deve essere effettuata una comunicazione al Comune di competenza – entro il 31 gennaio 2018 – “previa acquisizione del parere di compatibilità paesaggistica, nonché’ del nulla osta dell’Ente parco”. Alla comunicazione va allegata anche una perizia asseverata a firma di un tecnico abilitato. In caso  di strutture facilmente amovibili (roulotte e case mobili, quindi) “non è richiesta la conformità alle previsioni dello strumento urbanistico comunale e del piano di assetto del parco”. 

Ma devono sussistere condizioni specifiche: si deve essere proprietario o parente di chi ha un immobile inagibile e l’area dove si trova la casetta provvisoria deve essere non solo di proprietà, ma anche edificabile. Altra condizione imprescindibile è che “la volumetria dell’immobile realizzato in assenza di titolo abilitativo non sia superiore a quella dell’immobile dichiarato inagibile”. Entro la stessa data va presentata anche domanda di accesso a contributo per la ricostruzione dell’immobile. La presentazione della comunicazione comporta rinuncia al contributo per l’autonoma sistemazione eventualmente percepito dal richiedente a far data dalla presentazione medesima”. Le strutture provvisorie vanno comunque rimosse una volta ultimati i lavori di ricostruzione dell’edificio danneggiato dal sisma o all’assegnazione di una Sae.

Comitati terremotati incontrano De Micheli

Il problema è stato affrontato durante un incontro che il coordinamento dei Comitati Terremoto Centro Italia ha avuto il 24 gennaio con il commissario De Micheli ed il capo dipartimento della protezione civile Angelo Borrelli.

“Sulla base di quanto condiviso con i terremotati interessati e lo studio del prof Tondi, sindaco di Camporotondo di Fiastrone (Mc), da noi sottoscritto, – spiegano i rappresentanti dei comitati – abbiamo chiesto una soluzione concreta e pratica al grande problema riguarderà ben il 70% degli aventi soluzioni abitative procurate, nell’immediato post sisma, nella maggior parte dei casi, per esigenze lavorative. Abbiamo inoltre ritenuto opportuno sottolineare che i vincoli paesaggistici che stanno bloccando ogni iniziativa non sono stati per nulla considerati quando sono state SBANCATE delle colline a Fiastra e Bolognola per costruire le SAE, facendo inoltre lievitare i costi in maniera esponenziale!”. Le richieste, però, sembra che non potranno essere ascoltate. La De Micheli infatti ha ricordato che “pur volendo, ma non concordo, non possiamo più modificare la legge poiché il parlamento di fatto non esiste più; aggiungo che nessun partito e nessuna regione hanno presentato un emendamento al decreto ed hanno approvato la proposta che ho fatto”. 

“La discussione – spiega il coordinamento dei comitati – è stata accesa con momenti anche di tensione perché i comitati restano dell’idea che si stia “punendo” delle brave persone che hanno, con i propri risparmi, evitato sperpero di soldi pubblici (una famiglia di 4 persone ha fatto risparmiare almeno 60.000 euro allo Stato!) e contribuito a non far morire i propri paesi, mentre il commissario li ritiene degli abusivi alla stregua di ‘quelli che passano con il rosso’!”. Per questo è stato proposto un “piano B”, in cui si chiede tra l’altro, la possibilità di concedere una Sae a chi non l’ha finora richiesta. Cosa possibile, è emerso dall’incontro, solo però in caso di casette rimaste vuote. Nelle prossime ore, comunque il commissario De Micheli dovrebbe inviare, ai sindaci ed agli enti interessati, secondo quanto assicurato ai comitati, una lettera chiarificatrice comprensiva delle richieste accordate soprattutto in tema di termini di presentazione di domanda e di sensibilizzazione sulle eventuali ripercussioni legali. Mentre il capo dipartimento della protezione civile Borrelli verificherà urgentemente le opportunità di collocazione nelle Sae libere o negli appartamenti disponibili, per le famiglie terremotate interessate.

Ordinanze, denunce e ricorsi

La questione rimane complessa, anche perché in alcune zone è comunque impossibile edificare (vedi il caso, comunque diverso e che non fa riferimento a strutture abitative, di Casa Ancarano) e quindi strutture non facilmente removibili non potranno essere autorizzate. Con forze dell’ordine e magistratura costrette ad intervenire, salvo appunto modifiche normative.

Negli ultimi giorni, intanto, ha creato polemiche l’ordinanza emessa dal Comune di Norcia in merito a 5 strutture abusive, realizzate nel piazzale di una stazione di servizio, tra cui tre case mobili utilizzate da sfollati, una di legno come magazzino ed un prefabbricato che ospita provvisoriamente una banca. Ed all’inaugurazione di quest’ultima, tra l’altro, erano intervenuti autorità politiche e militari. Duro lo sfogo pubblico affidato a Facebook di chi vi abita: “Il 30 ottobre 2016 la mia famiglia è rimasta in mutande… senza chiedere niente a nessuno si è rimboccata le maniche e gli unici aiuti che ha ricevuto sono arrivati dalla generosità di persone private che hanno capito la gravità della situazione. Siamo stati costretti ad acquistare un tunnel per i nostri animali rimasti vivi dopo il crollo della nostra struttura perché ‘gli ultimi in graduatoria’, abbiamo acquistato una casa su ruote per rimanere in questo territorio e mandare avanti l’azienda ed oggi dobbiamo rimuoverla perché accusati di abuso edilizio. 8 mesi per ottenere una concessione edilizia, tanto ci ha messo il comune per approvare il progetto che abbiamo messo in piedi per avere di nuovo una struttura degna di essere chiamata Azienda per poter continuare a lavorare. Meno di 4 mesi per firmare un’ordinanza per far rimuovere strutture temporanee messe in un terreno privato di nostra proprietà senza effettuare nessun’opera di urbanizzazione. Così vengono aiutati i cittadini onesti che lavorano e non gravano sulle case dello Stato”. Contro questa ordinanza, comunque, potrà essere presentato ricorso al Tar dell’Umbria.

Proprio come avevano fatto i due proprietari di una casetta di legno ritenuta abusiva, sempre a Norcia, e per questo al centro di apposita ordinanza e segnalazione in Procura, l’estate scorsa. In questo caso il Tar dell’Umbria aveva accolto la richiesta di sospensiva presentata da uno dei due (il pronunciamento reca la data del 22 novembre 2017). In attesa del giudizio di merito, infatti, i giudici hanno “ritenuto, ad un sommario esame, di poter apprezzare favorevolmente le esigenze cautelari atteso che l’abusività del manufatto in questione è effettivamente dipesa dallo stato di necessità susseguente al sisma e che sussiste “prima facie” la possibilità anche di sanatoria straordinaria ai sensi del disegno di legge 148/2017, in corso di approvazione, recante modifiche al decreto legge 189 del 2016″. La richiesta di sospensiva era stata quindi accolta “nelle more dell’assegnazione da parte dell’Amministrazione di nuovo alloggio idoneo a fronteggiare l’emergenza abitativa del ricorrente e sempre che non vi siano motivi di inagibilità o di pericolo per la pubblica incolumità apprezzabili da parte del Comune di Norcia”.

Sae, in Umbria ne manca un terzo

Alcune situazioni abusive eclatanti sarebbero state ‘tollerate’ visto che molte famiglie sono ancora in attesa di una Sae. In Umbria mancano ancora due casette su tre ed anche tra quelle assegnate ci sarebbero in alcuni casi ancora problemi in merito ad allacci e disagi.

L’ultimo report del dipartito nazionale di protezione civile, datato 22 gennaio, evidenzia che ad oggi sono stati completati i lavori in 126 aree e sono state consegnate ai sindaci 2.305 Soluzioni Abitative di Emergenza (Sae) in 33 comuni. In particolare sono 975 le casette consegnate nelle Marche, 693 nel Lazio, 509 in Umbria e 128 in Abruzzo. Attualmente sono in corso lavori in 74 aree. Secondo i dati forniti dalle quattro Regioni colpite, al 28 novembre, sono complessivamente 3.662 le Sae ordinate per i 48 comuni che ne hanno fatto richiesta. In particolare, la Regione Abruzzo ha ordinato 238 Sae per undici comuni; il Lazio 826 per sei comuni; l’Umbria 759 per tre comuni e la Regione Marche ha ordinato 1.839 Sae per ventotto comuni alle quali, lo scorso 29 novembre, ha aggiunto un ulteriore fabbisogno di 122.

All’appello, quindi, mancherebbero 250 casette. Per alcune, come quelle a Castelluccio di Norcia, i lavori sono ancora lontani dal dover partire.