Andrea Liberati, consigliere regionale M5S
Ci siamo. Abbiamo trovato i numeri ufficiali: quasi cinque metri cubi al secondo. E’ questo il volume minimo di acqua destinato in permanenza alla Cascata delle Marmore, secondo quanto stabilì la stessa ARPA Umbria in uno studio effettuato per conto della Regione Umbria alla fine degli anni Zero in collaborazione con l’Università di Perugia e altri organismi, studio poi confluito nel Piano acque regionale del 2009.
Le stesse normative internazionali impongono infatti il continuum naturale fluviale, prescrizioni poi assorbite dal Testo Unico ambientale del 2006 e applicabili anche nei confronti di titolari di vecchie concessioni idroelettriche.
Si tratta del cosiddetto deflusso minimo vitale (DMV). Esso risponde a diverse esigenze:
1) tutelare lo stato ecologico del fiume;
2) tutelare gli organismi viventi fluviali;
3) tutelare le attività socio-economiche;
4) tutelare il paesaggio.
Queste normative sono cogenti, sebbene la Regione Umbria, da anni, illegalmente le disapplichi per la sicura gioia della multinazionale del polo idroelettrico più importante del Centro-Sud d’Italia, quello, appunto, di Terni.
Qui infatti il gestore, a suo piacimento, apre e chiude il flusso, senza tener conto del DMV, fatte salve quelle 1281 ore in cui la Cascata è visibile a una portata controllata di 15 mc2/sec.
Così, mentre ai concessionari idroelettrici sono riservati illimitati orgasmi multimilionari, la Regione -concessore- rischia di subire pure la procedura di infrazione europea per aver violato -da sempre e scientemente- le regole: e pagheranno i cittadini, mentre i soliti la faranno franca.
Tecnicamente, a monte, l’acqua non manca mai, giacché il fiume Velino ha una portata variabile da un minimo di 40 a un massimo di 300 mc2/sec, col canale Medio-Nera che, tramite Piediluco, vi aggiunge fino a 22 mc2/sec: come si può osservare, gli almeno 4,536 mc2/sec previsti per la Cascata delle Marmore rappresentano un’inezia, eppure gli speculatori di Galleto non rilasciano nemmeno quelli.
Poiché la normativa europea è vigente dal 2000 e quella nazionale dal 2006, sono almeno 16 anni che alla Cascata si sottrae quanto gli si deve ex lege, con danni permanenti all’ecosistema e una plateale deminutio delle attività economiche attorno ai tre balzi e in Valnerina, a detrimento di un enorme potenziale turistico e paesaggistico finora affatto sfruttato: quanti possibili posti di lavoro stiamo perdendo con la Cascata chiusa? Quanto sarebbero più attrattive le Marmore, se l’acqua fosse rilasciata come prevedono le normative?
Non è dunque un caso che altre cascate nel mondo siano sempre aperte, pur con un flusso ridotto, rispettando così i delicati equilibri dei bacini idrici.
In Umbria, già ‘Cuore verde d’Italia’, si seguono regole da turbocapitalismo coloniale, obsolete persino in America del Nord. Si favoriscono unicamente speculatori che, da questo giocattolo, traggono ogni anno circa € 120.000.000 (120 milioni) contro lo zero assoluto riservato ai territori: i giganti dell’energia ora però vedranno cosa succede.
Dalle prossime settimane infatti la musica cambia. Tramite un pool di avvocati chiederemo ai vari soggetti coinvolti danni per milioni, con le necessarie restituzioni degli incentivi allo Stato e opportune compensazioni in favore di Terni e della Valnerina: l’iter sarà un po’ lungo e forse accidentato, ma lorsignori sono destinati a perdere