La loro casa, a Gabelletta, era stata trasformata in un vero e proprio bazar dello spaccio, con cani da guardia come strumento di difesa verso le forze dell’ordine. Ma questo non è bastato ad evitare che un’intera famiglia finisse in manette.
Continua infatti a produrre risultati la grande attività di contrasto alla droga da parte dei vari reparti del comando provinciale dell’Arma dei carabinieri di Terni. L’ultima operazione è stata quella che ha visto rintracciare ed arrestare, ieri, da parte dei militari della Compagnia di Terni 3 persone destinatarie di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura ternana, nei confronti di una “famiglia di fatto” responsabile, a vario titolo ed in concorso, dello spaccio di vari tipi di stupefacenti: hashish, marijuana e cocaina. Gli arrestati sono rispettivamente la madre, una 46enne marocchina, suo figlio 23enne ed il compagno della donna, un 37enne di origine siciliana ma da tempo residente a Terni, tutti già gravati da precedenti di polizia per precedenti reati sempre inerenti gli stupefacenti.
L’attività investigativa, che trae origine da una serie di controlli effettuati in città dai militari sia dell’Aliquota Operativa che della Stazione di Terni, grazie ad una efficace simbiosi del lavoro svolto sia dagli equipaggi in divisa che da quelli in borghese degli investigatori dell’Arma, ha consentito di raccogliere concreti elementi di reità nei confronti degli arrestati che, avvalendosi anche della perfetta conoscenza del territorio e grazie ad una fitta rete di collegamenti finalizzati ad eludere i controlli delle forze dell’ordine, si dedicavano in maniera continuativa al traffico illecito delle citate sostanze. L’attività d’indagine, nel corso della quale sono già state arrestate altre 2 persone, entrambe italiane e pregiudicate, sequestrando stupefacente per un valore complessivo di 5.000 euro, è stata portata avanti sia con l’utilizzo di strumenti tecnici (intercettazioni telefoniche, ambientali e riprese video) che con numerosi servizi “tradizionali” di osservazione e pedinamento permettendo di effettuare numerosi riscontri agli spacci avvenuti segnalando alla Prefettura di Terni una ventina di assuntori di sostanze stupefacenti. Sono stati inoltre denunciati a piede libero per spaccio anche altre 7 persone, 4 extracomunitarie e 3 italiane, che coadiuvavano il “nucleo familiare” nell’attività di vendita.
Secondo quanto appurato dagli inquirenti, gli indagati avrebbero ceduto stupefacente in varie zone della città ma soprattutto presso la loro abitazione, a Gabelletta, e, grazie ad un vasto giro di assuntori ed alla natura eterogenea dello stupefacente immesso sul mercato al dettaglio, sarebbero riusciti ad accontentare un ampio bacino di utenza, spesso anche proveniente da comuni vicini. La pervicacia criminale, nel corso delle indagini, è apparsa immediatamente forte per le modalità di attuazione, che si è estrinsecata in una fitta rete di collegamenti informativi, basati sull’utilizzo delle nuove piattaforme tecnologiche che utilizzano la comunicazione “end to end”, al fine di eludere eventuali intromissioni da parte degli inquirenti.
Le dosi, poi recuperate dai militari nelle auto, nei cassettini degli scooter e negli zaini portati in spalla dagli acquirenti sui mezzi pubblici con i quali raggiungevano gli spacciatori, venivano cedute dai 3 arrestati sia sulla soglia della loro abitazione, protetta anche dalla presenza di 3 cani particolarmente aggressivi, che nei pressi di alcuni locali pubblici del centro storico, grazie anche agli altri “collaboratori”.
L’attività d’indagine ha consentito di sequestrare non solo varie sostanze stupefacenti, ma anche materiale per la pesatura e per il confezionamento, a conferma della stabile organizzazione criminale del gruppetto familiare. L’attività di riscontro svolta dagli inquirenti ha permesso di appurare in alcuni casi anche la scarsa “qualità” dello stupefacente ceduto, tanto da obbligare il “cliente-assuntore” a ricorrere alle cure mediche, nonché le gravi minacce ed i metodi estorsivi posti in essere dagli indagati, che vendevano la droga anche “a credito” ai clienti conosciuti, per recuperare le somme di denaro provento dello spaccio consistiti anche nel “sequestro preventivo” dei mezzi di trasporto degli acquirenti.