Casa, “incubo” per 2.600 famiglie in Umbria - Tuttoggi.info

Casa, “incubo” per 2.600 famiglie in Umbria

Christian Cinti

Casa, “incubo” per 2.600 famiglie in Umbria

Tanti i nuclei in lista d’attesa | Edilizia pubblica e mercato privato: tutte le facce del mattone
Dom, 21/01/2018 - 11:29

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Dice l’articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che “…ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari”.  La metamorfosi della casa da diritto a sogno, fino a diventare un incubo, può essere molto veloce ed altrettanto dolorosa.

I numeri del fenomeno

Ne sanno qualcosa le 2.600 famiglie che in Umbria (quasi 800 si trovano a Perugia, 500 a Terni e le altre sono sparse nei restanti 90 comuni della regione) sono in lista d’attesa per avere le chiavi di una casa popolare. Una platea molto vasta, ma che rappresenta la punta di un iceberg che, a livello, nazionale, è piuttosto esteso: almeno 25.000 famiglie, ad esempio, in Toscana o 10.000 soltanto a Roma.

Un allarme a cui l’edilizia residenziale pubblica cerca di dare risposta: sono 9.000 – circa – gli alloggi gestiti dall’Ater in Umbria. Di questi, sono una trentina quelli che si liberano ogni anno e che dunque entrano nel ciclo di “normale rotazione”. E sono circa 400 gli appartamenti (su un totale prossimo a qualcosa come 500 non ancora assegnati) che sono stati recuperati grazie ai fondi messi a disposizione dalla legge 80: un centinaio a Terni, qualcuno in più a Perugia e all’incirca 200 sparsi su tutto il territorio regionale.

Abbiamo fatto cose straordinarie – dice Alessandro Almadori, presidente di Ater Umbria – e con questa operazione riusciamo a garantire risposte a circa il 20% delle famiglie in lista d’attesa”.  Un ulteriore passo in avanti potrebbe concretizzarsi con l’applicazione della leggi 431/97 che mette a disposizione fondi per 350 milioni di euro. “Di questi – spiega Almadori – 250 milioni saranno ripartiti su base nazionale, mentre 100 milioni saranno destinati alle zone colpite dal terremoto. Per questo 2018 possiamo perciò immaginare recupero del patrimonio esistente, acquisizione di nuove proprietà e nuove realizzazioni laddove ce ne fosse bisogno. E’ un passaggio importante, soprattutto se si considera che dal 2010 non ci sono più piani operativi e quindi risorse per l’edilizia pubblica”.

E se volessi vendere un rene?

Il problema – commenta Cristina Piastrelli, segretario provinciale di Perugia del Sunia Cgil, il sindacato degli inquilini – è che l’Ater si basa esclusivamente sui numeri che derivano da chi ha presentato domanda. Ma poi c’è chi è stato escluso, chi non c’è rientrato, chi ha un reddito troppo alto per il canone sociale ma troppo basso per accedere ai prezzi di mercato. E’ vero che, ad esempio a Perugia, sono state presentate 793 domande. Ma ce ne sono 152 che sono state escluse, circa duecento sono state presentate oltre i termini. Ecco, abbiamo dati allarmanti tanto che, in tema di emergenza abitativa, l’Umbria è la quinta regione in Italia dopo Campania, Toscana, Emilia Romagna e Marche. Un primato tutt’altro che invidiabile”.

Un quadro a tinte fosche i cui contorni si definiscono bene stando, ogni giorno, faccia a faccia con chi non ce la fa. “Abbiamo a che fare con gente disperata. Persone che magari a sessant’anni sono state espulse dal mondo del lavoro e che vedono compromesso il diritto alla casa. C’è stato anche chi mi ha chiesto: ma se volessi vendere un rene? Ecco, è arrivato il momento di passare al contrattacco. In Umbria si deve cominciare a togliere la casa a chi non ne ha più diritto. Occorre investire su controlli e sopralluoghi attraverso un monitoraggio serio ed approfondito. Serve un lavoro certosino”. Il Sunia sollecita insomma ad aprire una nuova stagione di lotta contro i furbetti delle case popolari. “Non sono i nuovi poveri, ma chi da venti o trent’anni si trova nella condizione di pagare canoni d’affitto bassi (da 40 a 100 euro) nonostante, magari, le sue condizioni economiche siano mutate. Non si tratta di togliere la casa a qualcuno, ma di salvaguardare i diritti”.

Mattone in rosso

Se da una parte c’è l’esercito dei senza casa, dall’altra parte della barricata c’è una montagna di case vuote. In Umbria (fonte Gli immobili in Italia, Agenzia delle entrate, 2017) le abitazioni occupano una superficie complessiva pari a 66 milioni di metri quadrati con una superficie media per abitazione di 133,6 metri quadrati, la più alta d’Italia. Rispetto ad un numero complessivo di circa 495.000 case, circa 54.000 sono in vendita per quasi 14.000 si cerca un contratto di affitto. Le compravendite si attestano su una media annua di circa 7.000, con un trend che – seppure in leggera ripresa – risente ancora in maniera pesante della crisi finanziaria cominciata nel 2008.

Resta il fatto che una casa su 7 è “libera” e dunque potrebbe rientrare in un ragionamento in cui pubblico e privato possano intrecciare le loro necessità, favorendo l’incontro tra domanda e offerta. Nel recente passato Ater e Regione promossero un bando per l’acquisto di intere palazzine da destinare alla locazione a canone sociale o concordato. “Il bando – ricorda Almadori – aveva interessato le città ad alta densità abitativa. Potrebbe essere una delle strade da perseguire con i fondi messi a disposizione dalla legge 431”.

Gli esperimenti avviati in Umbria non hanno però avuto lo stesso successo di altre regioni d’Italia. Il nodo essenziale è la tutela del privato: il Comune o comunque le istituzioni dovrebbero avere un ruolo attivo e non limitarsi a far incontrare domanda e offerta”, analizza però Piastrelli.

Il bando “fantasma”

Con la delibera numero 822 del 18 luglio 2016 – pubblicata sul Bollettino regionale il successivo 24 agosto – Palazzo Donini ha approvato i criteri per “concorrere all’assegnazione di contributi per l’acquisto della prima casa. Le categorie beneficiarie sono giovani coppie, single e nuclei familiari monoparentali”. L’impegno era poi di approvare il relativo bando per dare seguito ad una serie di provvedimenti che nel tempo avevano, quanto meno, segnato un punto di interesse rispetto al tema dell’emergenza abitativa. Risultati positivi che la stessa delibera di giunta sottolinea: “dal 2011 al 2015 sono state presentate 818 domande da parte di giovani coppie, nuclei monoparentali e single. Quelle accolte sono state 509, con la conseguente erogazione di contributi a fondo perduto per circa 13 milioni di euro”.

Di fatto, nel quadriennio coperto dai bandi, circa una casa ogni tre giorni è stata acquistata grazie ai contributi della regione. Una goccia dentro un oceano di necessità, com’è quello asfittico del mercato immobiliare regionale. Una goccia che si è però “asciugata” senza una motivazione apparente. Il nuovo bando non è mai stato pubblicato, gli affari zoppicano e la casa – per molti, forse troppi – è ancora un (brutto) sogno.

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