Caro Leo, stavolta, quindi, è vero. Le tue gambe, ora distese, ordinatamente, nella tuta azzurra della Nazionale, non correranno più su questa Terra. Ci avevi fatto credere che il cancro fosse invincibile, alzando quel pollice, dal letto d’ospedale, ogni volta che superavi una delle crisi contro cui “il Bastardo” ti obbligava a combattere. “Il cervello è la più potente delle medicine” ripetevi. Una medicina che, su di te, pareva infallibile, miracolosa, a dispetto di ogni impietosa diagnosi medica.
E anche in queste ultime tre settimane, nonostante l’evidenza ed i racconti commossi di chi ti aveva visto privo di conoscenza, in quel letto d’ospedale, in fondo al cuore non si era spenta del tutto la speranza di vederti rialzare quel pollice al cielo, il simbolo della tua lotta e della tua associazione.
“Avanti tutta, Leo!” abbiamo continuato a gridare, forse più a noi stessi che a te, in questi giorni, da quando il tuo e nostro amico Mauro aveva scritto quello straziante post in cui ti incitava a correre, libero, ovunque tu avessi deciso di farlo.
Eppure ci siamo aggrappati a quelle laconiche notizie sul tuo stato di salute, che tutta Perugia ed i tuoi tanti amici, in Italia e nel mondo, attendevano con smanioso affetto. “Le condizioni di Leo restano gravi, ma stabili” abbiamo continuato a scrivere. Volendo credere a quello che gli amici di Avanti Tutta ci dicevano. E colmando il tuo insolito – e quindi strano per noi – silenzio con video, foto e messaggi di ciò che avevi fatto in questi sei anni in cui hai dichiarato guerra al cancro, irridendo alla malattia con la lingua di fuori.
Poi, negli ultimi giorni, si sono fatte sempre più rare le comunicazioni dei tuoi amici e dei tuoi cari. Quel parlare di te, della tua malattia, della tua battaglia, che potevano apparire indiscreti o peggio ancora, a chi non ti aveva conosciuto. Perché rendere pubblica la tua lotta al cancro era stata la tua scelta per dare forza al tuo cuore e alla tua testa. Un approccio alla vita e alla morte, alla malattia ed alle terapie, che hai insegnato e trasmesso ai tuoi amici ed a quanti ti hanno conosciuto in questi sei anni. E ai tuoi cari, che hai tenuto lontano quando ti sei accorto di ricevere, comprensibilmente, un amore colmo di pietà, ma che hai poi sempre voluto ed avuto accanto a te nella tua battaglia, come i secondi che attendono all’angolo il loro pugile, quando hanno appreso come darti forza nel modo in cui tu volevi ed avevi bisogno. Così abbiamo continuato a gridare “Avanti Tutta, Leo!“.
Poi, martedì sera, qualcosa è cambiato. Luana, la tua amica Luana, perché sarebbe offensivo definirla semplicemente la tua portavoce e l’addetta stampa di Avanti Tutta, ha confessato che le tue condizioni stavano ogni giorno peggiorando, ma che per Orietta e Sergio, i tuoi genitori, era meglio continuare a scrivere che le tue condizioni erano “gravi ma stabili“. Anzi, meglio ancora non scrivere nulla…
Ma allora, se era meglio tacere piuttosto che gridare “Avanti Tutta!“, questa volta, non avremmo più rivisto quel pollice alzato al cielo a rassicurarci…
Poche ore dopo, mercoledì mattina, è arrivata la notizia della tua morte. Il “cancro Bastardo” ha vinto.
Questa mattina, all’obitorio, ho capito che non è così e che la tua guerra l’ha vinta. Per te e per le tante persone a cui hai insegnato come combattere il cancro. Perché il tuo insegnamento, come tu stesso ci ripetevi – e che alcuni di noi, illudendosi, avevano scambiato per il segreto della cura contro il male – è in realtà che anche con un cancro si può vivere una vita dignitosa. E questo successo, il “Bastardo”, non è riuscito a togliertelo.
Lo hanno capito prima di tutti i tuoi genitori, che davanti alla bara di un figlio hanno la forza di dispensare sorrisi e parole di conforto. E i tuoi amici più stretti, che di fronte alle persone che si aggirano per i corridoi dell’obitorio con gli occhi lucidi, parlano con naturalezza e determinazione delle tante cose da fare e delle iniziative da organizzare con l’associazione Avanti Tutta e negli ambiti in cui ti sei speso in questi sei anni, a cominciare da quello sportivo.
E non è la reazione di chi si consola perché non vede più un proprio caro soffrire, ma il comportamento di chi sa già che potrà continuare a viverti nei progetti che ha messo in campo insieme a te.
Anche questa volta, caro Leo, avevi ragione tu. E allora ha senso tornare a gridare “Avanti Tutta!“.