Festival dei 2Mondi

Caro Giorgio, non si dimentichi i mocassini rossi | Breve storia di una amicizia, a nostra insaputa

Con Giorgio Ferrara eravamo grandi amici, ma a nostra insaputa. E oltretutto ci parlavamo anche poco. Ci legava invece un solido rapporto professionale chiuso tutto dentro ad un gioco di sguardi, occhiatacce e sorrisi sotto i baffi. Quello che non è mai mancato tra il “qui presente assente” e il Maestro, era una stima affettuosa e senza pelosità cerimoniale, consolidata da anni di frequentazione ufficiale alle conferenze stampa e di articoli scritti senza risparmio sin dal 2007, anno in cui tutto ebbe inizio.

Quello fu l’anno di fondazione di Tuttoggi.info, l’inizio della collaborazione mai interrotta con il Festival e l’anno in cui Giorgio Ferrara con una buona dose di incoscienza prese in mano le redini della manifestazione che stava precipitando in un abisso senza ritorno, per dare vita al primo Festival del dopo-Menotti, quello del 2008. Una eredità, almeno in senso artistico, da far impallidire chiunque.

Il resto è ormai storia. Spoleto deve alla cura di questo splendido e generoso Direttore Artistico la prosecuzione del Due Mondi in un contesto internazionale di livello, pur con tutte le enormi difficoltà dei primi anni e, soprattutto, la forza e il carattere di solidità di una formula che è cresciuta in un contesto di stabilità organizzativa.

Anni di orientamento e di incertezze, i primi, di tentativi di sgambetto e di errori che non gli venivano mai risparmiati. Anche questo giornale non è stato propriamente tenero con il Maestro su alcune scelte delle prime edizioni.

I tormentoni sul fatto che approfittasse delle sue amicizie artistiche e persino familiari (Robert Wilson e Adriana Asti, Luca Ronconi e Corrado Augias etc.), per far brillare questa manifestazione che era stata ridotta al lumicino dalla ossessione padronale di Francis Menotti. Tutti falsi problemi perchè alla lunga ha avuto ragione lui. Quelle scelte come anche altre fatte nel tempo erano tutte legate ad una visione di lungo periodo, scelte che potessero consolidare la macchina festivaliera a tal punto da essere quasi autonoma da un punto di vista del metodo organizzativo.

Un esperimento che dopo i primi 4-5 anni ha iniziato a dare frutti impensabili.

Uno dei primi incontri operativi, presso la sede dell’Associazione Commercianti di Spoleto nel 2008 (Foto TO)

La cavalcata folle

Una cavalcata folle di cui ricordiamo ogni singolo momento, vissuto con un entusiasmo contagioso, quello di un Direttore Artistico che prima ancora che un tecnico di spettacolo era un artista che si divertiva. Le regie “geometriche” della trilogia mozartiana, l’elefante di Padmavati a corso Mazzini nella prima edizione firmata Ferrara nel 2008, la prova d’attore con la regia dell’amato Luca Ronconi in Danza Macabra, dove nonostante una età avanzata e qualche tentennamento dell’equilibrio, Ferrara si gettava a terra con impeto, colpito da teatrali infarti secchi, con grande divertimento del pubblico, e terrore di Adriana Asti che lo affiancava nella piece di Strindberg. I grandi colpacci come portare Jean Paul Gaultier e i suoi 5 autotreni di materiale scenico al Teatro Nuovo per uno show indimenticabile, forse pari solo per complessità e grandezza a Zingaro, il celebre spettacolo equestre di Clement Marty alias Bartabas che si tenne allo Stadio Comunale nel 1999.

Non è questo il momento per scrivere una lista vertiginosa di artisti, attori e spettacoli, come teorizzava Umberto Eco, che distoglierebbe dal senso della citazione stessa sul Maestro.

Ma Giorgio Ferrara ha sempre saputo cogliere il momento giusto e soprattutto capire correttamente il suo tempo, la contemporaneità, nella scelta di un programma. Sdoganando definitivamente il Jazz, ad esempio, come genere musicale o il Pop portando Stefano Bollani o Fiorella Mannoia in Piazza Duomo e poi Mahmood al Teatro Nuovo. E scegliendo Gershwin e la musica dei Musical Americani anni ’40-’50 per il concerto di chiusura in Piazza Duomo. Parola d’ordine rompere i tabù.

Oggi intendiamo dunque celebrare l’artista e l’uomo che sapeva rispettare la città, gli spoletini (anche se non sempre riamato) e coloro che lavoravano per la manifestazione. Aveva cura delle relazioni istituzionali e per chi si prodigava per il Due Mondi, incazzandosi a morte per chi seminava zizzania senza motivo. Rispettava la stampa in maniera commovente, soprattutto quella regionale e locale, che gli deve molto.

E faceva tutto questo sicuramente a suo modo, da artista prima che da politico dello spettacolo, ma lanciando segnali inequivocabili.

Il linguaggio ermetico

Ci prendevamo il vezzo spesso di celiarlo per l’uso di alcuni simboli che indicavano il suo stato d’animo e che erano invece avvertimenti o grida di gioia per chi sapeva riconoscere il suo linguaggio ermetico. E così se indossava i celebri mocassini rossi si era in presenza di qualcosa che stava per (o doveva) essere un successo e che necessitava di un robusto tocco di rosso, contro la iella.

Ci fu un periodo in cui regnavano sovrane delle camiciole di seta con disegni animalier o geometrici e che segnalavano una sua insofferenza generale. Poi si passò alle giacche rosa di ogni gradazione e fu un tripudio di gioia incontenibile, perchè tutto andava bene.

Durante la sindacatura de Augustinis, si presentava alle conferenze stampa con le babbucce stile operaio del popolo cinese. Un chiaro modo di definirsi rivoluzionario in arte. Da Piano Quinquennale!

Eppoi i capelli e la barba che crescevano e si accorciavano come la storia delle gambe della Sora Lella nel film di Carlo Verdone, “e allugaje e gambe, e ritiraje e gambe…e stendeje e gambe”.

Lo abbiamo detto, parlavamo poco tra noi, ma ci fu un giorno che non dimenticheremo mai, proprio qualche attimo prima di assistere ad uno spettacolo di Bob Wilson al Chiostro di San Nicolò. Ci sentimmo bussare su una gamba da sotto ad una gradinata allestita per il pubblico. Era il 2017, Spoleto60, e chi bussava era proprio Giorgio Ferrara, in persona.

“Scendi ti devo dire una cosa…”

“Scendi ti devo dire una cosa…”. E siccome il Maestro è il “Maestro” con una certa fretta siamo scesi al suo cospetto pensando di aver scritto una fregnaccia di cui pentirsi. “Mi piace come scrivi, si capisce che hai un tuo stile…mi piace”.

Ora capirete che per un giornalista di campagna ricevere un complimento dal Direttore Artistico è come essere scelti per giocare nella NBA di basket, pur avendo una gamba di legno.

“Maestro, grazie…e quale articolo le è piaciuto, quale ha letto?”. Risposta secca, “Li ho letti tutti!”.

Ora il Maestro Giorgio non se ne avrà a male, anche dall’altra parte dove si trova ora, ma noi al fatto che li avesse letti tutti non ci abbiamo mai creduto. Ma era sincero, quello sì, sul fatto che anche uno o due gli erano piaciuti. E non aveva problemi a gratificare il giornalista, seppure di campagna, recitando a soggetto.

Raccontiamo questa vicenda personale per far capire che l’uomo e l’artista erano un tutt’uno e che non esisteva un Ferrara per ogni situazione. Questo ce l’ha fatto sempre apprezzare. Ed è da qui che abbiamo capito il grande lavoro svolto nei 13 anni di gestione festivaliera.

Avremmo voluto vederlo ancora alla guida del Festival di Spoleto per qualche anno. Ma con l’accelerazione dovuta alla pandemia, e una robusta dose di politica cialtrona, tutto è cambiato. Seppure nel 2020, nel famoso Festival emergenziale di soli 8 spettacoli, Giorgio Ferrara riuscì a montare un programma di due weekend straordinariamente interessante.. Citiamo, uno su tutti, un fascinoso Orfeo di Pier Luigi Pizzi.

Indimenticabile, a conferma che, con le dovute accortezze, lo spettacolo si poteva fare anche in piena pandemia, e non come abbiamo sentito di recente in altri luoghi, usando il Covid come una giustificazione qualsiasi. Se ne avrebbe a male anche il virus stesso.

Spoleto ha un debito di riconoscenza enorme verso il M° Ferrara, così come tutta la sua lunga testimonianza artistica a Spoleto andrebbe ristudiata correttamente per capire bene alcune differenze fondamentali occorse durante la vita della manifestazione.

Una città deve sapere dove i suoi gioielli sono custoditi, da chi e in che modo, soprattutto in termini di sicurezza per il futuro. E Ferrara ha lasciato una cospicua eredità di metodo che ci auguriamo, chi di dovere, almeno, gli riconosca definitivamente.

L’ultima cosa che ci preme segnalare al Maestro Ferrara, in nome della nostra amicizia inconsapevole, è quella di non dimenticarsi mai in valigia i mocassini rossi. Qualunque sia il luogo dove si riposerà, li porti con sé che non si sa mai. Per le occhiatacce non ci sono problemi, sono libere, come le risate sotto i baffi.

Ci rivediamo di là, Maestro!

Suo, Giornalista di Campagna.

La Redazione di Tuttoggi.info partecipa al dolore dei familiari e della Signora Adriana Asti per la scomparsa del caro Giorgio Ferrara

Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)