Il magistrato di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, ha sollevato questione di legittimità costituzionale sul recente decreto del ministro Bonafede che prevede il ritorno in carcere dei boss scarcerati nelle ultime settimane per l’emergenza del coronavirus.
La notizia è stata battuta dall’Adnkronos che ha appreso del provvedimento del magistrato di Spoleto con il quale si evidenzia “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 del d.l. 10 maggio 2020, n.29, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria” da coronavirus.
L’ordinanza del magistrato di sorveglianza, che si compone di 19 pagine, riguarda il caso di un detenuto condannato a 5 anni finito ai domiciliari: sottoposto a trapianto di organi, l’uomo ha la necessità “di continuare il trattamento con immunosoppressore e immunoglobine anti-Hbv” e quindi ritenuto a rischio di poter contrarre il Covid-19.
In tal senso era stata presentata richiesta di scarcerazione dal suo legale che è stata accolta con il detenuto mandato ai domiciliari.
Con la firma del cosiddetto decreto Bonafede la sua situazione è tornata sul tavolo del magistrato di sorveglianza di Spoleto per la revoca dei domiciliari e il rientro in carcere.
Gli atti sono stati trasmessi anche al Presidente del Consiglio dei ministri Conte e ai Presidenti di Camera e Senato.
Il decreto, come si ricorderà, era stato firmato per consentire il rientro in carcere di più di 300 detenuti per mafia che avevano beneficiato dei domiciliari.
Benefici che avevano sollevato una vasta polemica nei confronti dei magistrati di sorveglianza il cui coordinamento aveva denunciato “la campagna di sistematica delegittimazione” ricordando che è la Costituzione ad imporre che “venga assicurata a qualunque detenuto, anche il più pericoloso, una detenzione mai contraria al senso di umanità”.