Il carabiniere Emanuele Armeni è stato condannato a 20 anni di carcere per aver ucciso il collega Emanuele Lucentini nel piazzale della caserma di Foligno al rientro da un turno di notte. L’accusa e il Gup che lo ha giudicato nell’ambito del rito abbreviato, non hanno mai creduto alla tesi difensiva con la quale l’Armeni ha sempre dichiarato che la morte del carabiniere di Tolentino è stata frutto di un drammatico incidente. “Fin dall’inizio di questa vicenda non ho mai detto una bugia e finalmente posso dirlo anche davanti ai familiari (di Lucentini, ndr)…se potessi tornare indietro – ha dichiarato Armeni in aula – (…) lontana da me è la volontà di avere procurato la morte al collega che tra l’altro non c’ho mai avuto niente contro di lui, o con lui, o quant’altro. Per me quel giorno la mia vita è finita ecco, solo questo. Scusate ancora”.
Ma questa versione non ha retto. Mai. Perchè anche secondo i periti era impossibile che dalla mitraglietta M12 S2 partisse un colpo involontariamente, e nelle 90 pagine di motivazioni alla sentenza lo scrivono chiaramente, riportando anche le perizie degli esperti (sia nominati dalle parti che dal giudice) che hanno approfondito la questione, “appare chiaramente inverosimile…l’uccisione di Lucentini, che l’Armeni dichiara involontaria e accidentale”, sia avvenuta per un malfunzionamento dell’arma o perchè l’Armeni abbia effettuato un colpo di prova prima di inserire la sicura.
L'”odio” di Armeni. Ma nelle motivazioni è scritto anche che all’esito del processo non risulta accertato quale sia il movente dell’omicidio. Già la Procura nella richiesta di misura cautelare in carcere del 2 luglio del 2015 ha fornito una serie di possibili causali del delitto, “che tra Armeni e Lucentini non corressero buoni rapporti”, il pm parla di “odio, risentimento, ovvero rancore, disprezzo di Armeni per Lucentini” e fa riferimento ad un’intercettazione ambientale in cui Armeni dopo i funerali della vittima mentre rientra in auto con la moglie e il padre dice: “Era buono, (bestemmia, ndr) faceva le multe pure a quelli di 90 anni. Buono porca madosca, li faceva mettere a piagne i pori vecchietti. A me mi diceva che gli mettevo suggestione, è andato dal maresciallo, quello mi mette suggestione che io non posso fare le multe (…) quindi non me dicessero cazzate, buon qua, buono là, per carità è morto, però non era buono manco per un cazzo, i delinquenti gli sputavano sulla faccia (…) avranno festeggiato”, e ancora “ non lo poteva vedè nisciuno (…) era una testa di cazzo”.
Nuove indagini per il movente. E dunque il giudice Margherita Amodeo scrive, “se la causa dei cattivi rapporti sia da ricondursi a differenze caratteriali oppure se vi siano altre ragioni, che possano aver ingenerato nell’Armeni il disprezzo manifestato in macchina subito dopo il funerale sarà un tema oggetto di ulteriori accertamenti investigativi”. Nuove indagini dunque, oltre a quella parallela che riguarda le anomalie da parte dei colleghi dell’Arma, commesse nelle primissime ore dopo l’omicidio e che vede personale dei carabinieri iscritto al registro degli indagati. Su quali aspetti non è chiarito anche se il giudice scrive, “Al momento diverse sono le ipotesi che possono avanzarsi . La causale potrebbe essere legata a vicende personali o a litigi intervenuti durante il servizio, o alle vicende ancora tutte da chiarire, alla base del rinvenimento, all’interno della macchina del Lucentini, della somma di denaro pari a circa duemila euro in contanti, suddivisa in più tranches nascoste in varie borse e portadocumenti”. Ma sulle vicende personali citate non viene ritenuto opportuno addentrarsi in quella sede “essendo puramente ipotetica la loro rilevanza”.
Senza premeditazione. Mancando un movente certo è impossibile per il giudice determinare in quale spazio temporale potrebbe essere maturata la volontà di uccidere. Per questo risulta impossibile, come spiegato nelle motivazioni della sentenza, raggiungere la prova che determina la premeditazione. E viene esclusa per Armeni anche l’aggravante che il delitto sia stato commesso contro un ufficiale o agente nell’adempimento delle sue funzioni, questo perchè il delitto non è stato compiuto nell’ambito di attività di servizio o di motivazioni ad esse legato. Ma viene invece riconosciuta per l’imputato l’aggravate dell’abuso di poteri inerenti la pubblica funzione.
Per quanto riguarda gli aspetti risarcitori il giudice ha stabilito che vengano liquidate in separata sede, fissando una provvisionale di 200 mila euro nei confronti della moglie della vittima, di 100 mila euro per i genitori e 100 mila euro della sorella e di 10mila euro nei confronti del Ministero della Difesa costituitosi parte civile.
I legali di Armeni hanno già annunciato il ricorso in Appello, mentre i penalisti Giuseppe Berellini e Maria Antonietta Belluccini si sono da subito dichiarati soddisfatti della decisione del giudice.