Cronaca

Carabiniere ucciso a Foligno, Armeni condannato per omicidio volontario

Emanuele Armeni è stato condannato a 20 anni di reclusione per l’omicidio del suo collega Emanuele Lucentini. Lo ha deciso poco fa il giudice Amodeo nell’ambito del processo con rito abbreviato che si è svolto al tribunale di Spoleto. Il Gup ha escluso l’aggravante della premeditazione, non accogliendo dunque la richiesta della Procura che aveva chiesto una condanna a 30 anni (che teneva considerazione dello sconto di pena per la scelta del rito abbreviato). Il giudice ha stabilito anche alcune provvisionali (il risarcimento delle parti civili da definirsi in altra sede): 200mila euro alla moglie della vittima, 100mila ai genitori, 70mila alla sorella di Lucentini e 10mila al ministero della Difesa.

Dunque il carabiniere spoletino, in forze fino a poco più di un anno fa presso la Compagnia dei carabinieri di Foligno, è stato ritenuto colpevole – per lo meno in primo grado – della morte del collega originario di Tolentino, avvenuta per un colpo d’arma da fuoco il 16 maggio 2015 nel cortile della caserma folignate, mentre i due smontavano dal turno di notte. Un colpo accidentale partito dalla mitraglietta di Armeni, secondo quanto sempre sostenuto dall’imputato, al contrario degli inquirenti, per i quali quell’ipotesi non è stata mai ritenuta plausibile.

La decisione del giudice era in qualche modo attesa, soprattutto dopo l‘udienza della scorsa settimana, quando il perito nominato dal tribunale, l’esperto di balistica Marco Piovan, aveva illustrato le risultanze dei suoi accertamenti, compiuti nei mesi scorsi alla presenza delle parti, con la ricostruzione della dinamica dell’incidente.

La sentenza è arrivata dopo una lunga giornata: l’udienza è iniziata intorno alle 10,30 con la requisitoria del procuratore capo di Spoleto Alessandro Cannevale, durata 2 ore, durante la quale ha evidenziato l’assenza di dubbi sulla volontarietà della morte di Lucentini. Quanto al movente, prima di chiedere la condanna a 30 anni (visto lo sconto di pena di un terzo previsto dal rito abbreviato), il pm ha sottolineato la sua non rilevanza,  ricordando gli attriti che c’erano tra l’imputato ed il collega ucciso da un colpo di mitraglietta, la PM12-S2. Per le parti civili le richieste sono state presentate dagli avvocati Berellini e Belluccini per i familiari di Lucentini (la moglie, i genitori e la sorella) e l’avvocato Scalis per il ministero della Difesa.

A chiedere invece l’assoluzione per insufficienza di prove di Emanuele Armeni o comunque la derubricazione del reato sono stati i suo difensori, gli avvocati Montesoro e Piccardi. Quest’ultima ha parlato per oltre 3 ore, contestando le testimonianze rese durante le indagini dai colleghi dell’imputato, soprattutto in merito alle sue presunte abitudini di giocare con le armi, e contestando anche l’esito della perizia, in merito ai pochi test effettuati a favore della difesa ed all’incertezza della posizione di Lucentini nel ricostruire la dinamica dei fatti. E lo stesso Armeni nel corso del pomeriggio ha voluto rendere spontanee dichiarazioni: “Quel giorno la mia vita è finita” ha detto, con il pensiero rivolto ai familiari del collega ma anche ad i suoi, due famiglie distrutte.

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(modificato alle 23.30)