Benvenuti nel nuovo medioevo. Vinicio Capossela sbarca al Festival dei Due Mondi con la Cantata per le creature, ovvero il suo ultimo cd “Ballate per uomini e bestie”, e accompagna il pubblico di Piazza Duomo in un viaggio fantastico che mostra come le luci e le ombre di quel periodo storico siano tornate di attualità. Tre ore di concerto che hanno regalato non poche emozioni ai fan del cantautore tra i più amati dalla critica (di pochi giorni fa il riconoscimento del Premio Tenco per la sua ultima fatica).
Sullo sfondo la splendida Cattedrale di Spoleto; sul palco il menestrello Vinicio che con pochi ma sorprendenti accessori – cappelli, feluche, parrucche, maschere di animali – comincia il fiabesco cammino.
Si comincia da Uro, il cui testo, ispirato dai bovini delle pitture rupestri di Lascaux, ci ricorda il bisogno di comunicare con noi stessi e con gli altri. Si prosegue con La peste, non quella che si contrae dalla puntura di pulci infette, bensì quella più recente che si può contrarre abusando di internet. Il Povero Cristo è poesia in musica (cit. Avvenire), un inno alla fatica che l’uomo oggi compire nel salvare gli altri e nell’essere salvato.
E’ la volta de La ballata del carcere di Reading, dal celebre componimento che Oscar Wilde scrisse dopo la sua scarcerazione, del profano Nuove tentazioni di Sant’Antonio, della struggente La belle dame sans merci, da una ballata che John Keats nel 1819 aveva a sua volta mutuato da un poemetto di Chartier (XV secolo) sul legame tra l’amore e la morte. L’amore che distrugge come quello del cavaliere per la “figlia della fata” o quello “forte come la morte” nel Cantico dei Cantici.
Il testamento del porco altro non è che quello dell’uomo che vive con tutto il proprio corpo (anagramma, appunto, di porco). Con Perfetta Letizia, ispirata dai fioretti di Francesco d’Assisi, Capossela tenta, con poetica ironia, la rinuncia ad ogni bene per poter vivere con leggerezza le pene della vita. Il tema del lavoro, della perdita del lavoro, lo si ritrova ne I musicanti di Brema (dalla omonima favola dei fratelli Grimm) dove quattro animali, giunti a fine “carriera” e con i padroni che non vogliono più saperne di loro, decidono di fuggire per diventare musicisti.
Le loup garou (il lupo mannaro) è un’altra metafora per denunciare il trasformismo della politica. Di città in città parla dell’amore sfuggito e dell’esilio. Il concerto si conclude con La lumaca, ultima metafora di questo viaggio incredibile dove il piccolo animaletto assurge a un essere speciale. A renderlo tale è la sua lentezza, il suo saper portare l’universo sulle spalle e trarre beneficio dalla scia.
Terminato il concerto, Capossela e la sua band torneranno sul palco ben tre volte per la gioia dei beniamini. Il primo bis, sulle note di Estate, è tutto dedicato a due Grandi della musica: Gilberto Joao, tra i fondatori della Bossa Nova scomparso poche ore prima del concerto del cantautore, e l’indimenticato Sergio Piazzoli, amico fraterno di Capossela, al quale l’Umbria deve tantissimo in termini musicali (a lui si devono i concerti di cantanti del calibro di Smith, Sprengsteen, Dylan, solo per citarne alcuni).
La seconda uscita è tutta per “Gorizia”, la canzone antimilitarista che proprio nei primi anni di vita del Festival, correva l’anno 1964, Michele Straniero interpretò sollevando le critiche dei militari presenti a teatro. La terza e ultima uscita, quando ormai stava per scoccare l’una, è tutta per Ovunque proteggi il brano più conosciuto del cantautore.
Una curiosità. Ad accompagnare il tour sono i musicisti dell’Ensemble Micrologus, la compagnia di Assisi fondata da Patrizia Bovi (voce stupenda) con Gabriele Russo e Goffredo Degli Esposti, specializzata nella riscoperta della musica medievale e che con Capossela ha avviato una lunga collaborazione già con il Bestiario d’Amore per il Festival della filosofia di Modena del 2013.
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