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CAPO UFFICIO A DIPENDENTE “NON CAPISCI UN C…O”: E’ REATO. LO HA STABILITO LA CASSAZIONE

Tempi duri per capi ufficio, dirigenti e amministratori delegati. Rivolgersi ad un dipendente con l’espressione “non capisci un c…o” può costare una bella condanna per ingiuria. E pensare che al Capo ufficio in questione la Corte d’appello di Catania aveva già riconosciuto la prescrizione del reato. Ma lui voleva ottenere l’assoluzione basandosi sul fatto che quella espressione “pronunziata all'esito di un'accesa discussione”, durante la quale l’impiegata “aveva assunto atteggiamenti provocatori”, non aveva “obiettiva potenzialita' offensiva”, essendo semplicemente un “equivalente rafforzativo dell'espressione 'lei non capisce nulla'”.

Ma i giudici del Palazzaccio, quinta sezione, hanno dichiarato inammissibile il ricorso perchè “sostanzialmente tendente a una rivalutazione della effettiva potenzialita' offensiva dell'espressione, la quale – spiega la sentenza n.31388 – va certamente apprezzata nel contesto spaziale, temporale e ralazionale in cui fu pronunziata”. Ma a tanto “hanno provveduto i giudici del merito – dicono i colleghi della Cassazione – che hanno anche tenuto conto del rapporto gerarchico che legava” i due “rapporto che avrebbe, oltretutto, dovuto indurre il primo a una attenta continenza espressiva”. A differenza, infatti, di quanto avviene per quel che riguarda la diffamazione 'mediatica', ossia a mezzo stampa, radio, tv e internet, “nella quale l'espressione, in quanto oggettivata, è entro certi limiti apprezzabile, per quel che attiene alla sua atratta portata diffamatoria – conclude la Cassazione – anche dal giudice di legittimita', nel caso di ingiuria, quel che deve essere accertato e valutato è in effetti il complessivo 'comportamento' dell'agente, comportamento che appunto si estrinseca in un contesto sociale storicamente definito, il quale e' conoscibile solo dal giudice del merito”.