“Gestione inefficiente del servizio tributi determinante il mancato incasso della Tari con riguardo all’anno 2014“. Per questo la Corte dei Conti dell’Umbria ha condannato a un pagamento complessivo di 250mila euro l’ex sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, l’ex assessore Vittorio Piacenti D’Ubaldi, ed i dirigenti e funzionari del Comune Andrea Zaccone, Francesco Saverio Vista, Stefania Finocchio, Elena Contessa e Renè Trastulli.
I giudici (Floreani presidente, Di Giulio e Fava a latere) hanno stabilito che Di Girolamo e Piacenti D’Ubaldi dovranno versare 50mila euro ciascuno; Zaccone, Vista, Finocchio, Contessa, Trastulli 30mila euro ciascuno. Una cifra ridotta rispetto a quanto chiesto dalla Procura contabile.
La vicenda fa riferimento agli arretrati Tari relativi al 2014, che il Comune di Terni poteva richiedere entro 5 anni (dunque il 2019). E tra la fine di quell’anno e l’inizio del 2020 ai contribuenti ternani erano arrivate numerose “cartelle pazze”, con l’onere di dimostrare il non dovuto pagamento in capo a questi ultimi. Una vicenda che era finita sotto la lente della Corte dei conti, perché il Comune avrebbe avuto un mancato incasso della Tari nel 2014 per quasi 600mila euro.
Con atto di citazione depositato il 26 ottobre 2021, dunque, la Procura regionale contabile aveva citato in giudizio ex sindaco e assessore, i dirigenti e i funzionari amministrativi pro tempore del Comune di Terni. All’ex sindaco Di Girolamo e all’ex assessore Piacenti D’Ubaldi, si legge nel testo della sentenza “è imputato di aver proposto e contribuito all’approvazione di un quadro regolamentare caotico ed equivoco, tale da determinare l’inefficiente gestione del servizio foriera del descritto pregiudizio alla finanza pubblica, in violazione, tra l’altro, degli artt. 97 Cost. E 47 e 50 del d.lgs. n. 267 del 2000″. Per questo la quota di danno erariale ipotizzato era per i due amministratori pubblici del 50% in totale.
Ai dirigenti e ai funzionari amministrativi (Zaccone, Contessa, Vista, Finocchio e Trastulli) è stata imputata “l’adozione – questa l’accusa – di pareri favorevoli rispetto alle delibere di giunta, la mancata adozione di provvedimenti idonei ad attuare una efficiente gestione del servizio”. La Procura ipotizzava “quote di danno erariale diverse“: per Zaccone e Finocchio il 15%, per Vista il 10%, per Contessa e Trastulli il 5%. “La Procura – si legge negli atti – ha tenuto conto della percentuale derivante dalla fisiologica impossibilità di riscuotere l’imposta, riducendo, per tale ragione, il maggior importo non riscosso pari a 665mila 890 euro. Tale danno sarebbe imputabile, secondo le quote indicate, alla condotta gravemente colposa dei convenuti”.
Ma, come detto, il collegio giudicante ha ridotto l’importo di danno erariale ipotizzato dall’accusa. Uniformandolo anche per dirigenti e funzionari. Riconoscendo comunque la loro colpevolezza in primo grado: “Tutti i convenuti, ciascuno per la propria parte, hanno concorso nella causazione del danno attraverso comportamenti gravemente colposi. Gli organi politici hanno introdotto un quadro regolamentare caotico e incerto, in considerazione della omessa chiara definizione del nuovo riparto di compiti e competenze da ripartirsi tra uffici del Comune e l’Asm. I funzionari amministrativi, dal canto loro, non si sono attivati per sollecitare i chiarimenti necessari, né hanno agito per la riscossione delle somme dovute a titolo di Tari 2014“.
Respinte, dunque, le tesi difensive, che secondo i giudici sono state “finalizzate, più che ad identificare una propria fattiva ed efficace azione risolutiva dello stallo, a scaricare la responsabilità sugli altri”. Ma i giudici hanno ridotto comunque il danno erariale contestato, da circa 600mila a 250mila euro, considerando vari fattori esterni, come ad esempio il numero di società fallite o estinte, gli avvisi comunque notificati ai contribuenti per compiuta giacenza.