Seicento euro. Duecento per ognuno dei suoi tre cani. A cui è stato apposto il microchip con alcuni giorni di ritardo. Per due animali, nati nel 2018, e microchippati con un ritardo di una ventina di giorni. Il terzo nato nel 2020 e microchippato con un paio di settimane di ritardo.
E’ la sanzione che si è vista recapitare un cacciatore della provincia di Terni. Sconcertato nel dover pagare una multa per un ritardo avvenuto più di 5 anni fa.
E’ l’effetto dei controlli attuati a tappeto dopo il caso di un ricorso, a seguito di due sanzioni applicate al proprietario di un animale, che contestava la mancanza di sistematicità del provvedimento nella Asl 2. E poi nella Asl 1, perché il problema è regionale. Tanto più che la Regione, dopo la legge entrata in vigore nel 2016, avrebbe dovuto emanare delle linee guida alle Asl per effettuare i controlli.
Il danno erariale per il mancato incasso delle multe contestato dalla Corte dei conti ha spinto intanto la Asl ad effettuare controlli a tappeto. Danno erariale che, a seconda dei casi, può riguardare i veterinari liberi professionisti e quelli della Asl. I primi, che non possono effettuare sanzioni, per non aver segnalato alla stessa Asl i ritardi.
Solo che la smania di recuperare le sanzioni non comminate sta creando dei problemi che potrebbero generare ulteriore danno erariale. Secondo una rigida interpretazione, infatti, la riscossione delle sanzioni deve avvenire ai sensi della legge 689/81. Quindi con la notifica che deve essere effettuata al proprietario dell’animale entro 90 giorni dalla data di accertamento dell’infrazione. Che nel caso coincide con l’iscrizione all’anagrafe canina. Solo a quel punto scattano i 5 anni di tempo per la riscossione delle sanzioni comminate. Con questo criterio, le multe effettuate con anni di ritardo sarebbero impugnabili.
C’è poi il problema degli animali provenienti da fuori regione. Con le anagrafi canine che sono regionali, la norma che impone la registrazione dei cani entro 10 giorni “dal possesso” pone dei problemi, visto che i cani senza microchip non possono essere acquistati. Un corto circuito che rischia di alimentare strani traffici di animali. E sul quale, nello specifico, esiste un invito a dedurre da parte della Corte dei conti.
C’è poi un’altra criticità. A differenza di quanto accaduto nella Asl1, nella Asl2 non è stata istituita un’apposita unità operativa contro il randagismo, come impone la normativa regionale vigente dal 2016.
(foto generica d’archivio)