La stagione venatoria 2024/25 è ormai conclusa, quindi inutile addentrarsi nel giudizio di merito. Il Tar dell’Umbria ha accolto l’istanza delle associazioni venatorie, che avevano abdicato al ricorso presentato contro la delibera con la quale la Giunta regionale aveva decretato lo stop anticipato alla caccia, alla luce del pronunciamento del Consiglio di Stato, essendo ormai superate la data della fine ultima indicata nei Calendari venatori. L’ultimo approvato e quello dell’anno precedente, che era di fatto entrato in vigore, dopo la sospensione dello stesso Consiglio di Stato, sulla base dell’emendamento all’art. 18 della legge 157/92 approvato dal Parlamento in Finanziaria.
Alla camera di consiglio dell’11 febbraio, parte ricorrente (le associazioni venatorie Libera Caccia, Enalcaccia, Cpa, Anuu e Italcaccia con l’avvocato Marzio Vaccari e la Federcaccia con l’avvocato Alberto Maria Bruni) avevano dichiarato il venir meno dell’interesse ad una decisione nel merito, dato che appunto la stagione venatoria era comunque conclusa.
Viceversa, il difensore delle associazioni di protezione ambientale intervenienti ad opponendum (Lipu, Wwf, Lav, Enpa, Lndc) l’avvocato Andrea Filippini, aveva insistito per una decisione nel merito, sottolineando l’importanza delle questioni di diritto oggetto del ricorso e la perdurante attualità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 4, della legge 157/1992, come novellato dall’art.
1, comma 551, lettera d), della legge 207/2024. Le associazioni ambientaliste, pur criticando fortemente l’emendamento alla legge 157/92, non avevano infatti posto espressamente il vizio di incostituzionalità, cosa che avrebbe congelato la situazione, consentendo di proseguire la stagione venatoria.
Il Tar dell’Umbria non è però voluto entrare nel ginepraio normativo, accogliendo la ritirata strategica delle associazioni venatorie, così da non dover entrare nel merito della questione, in particolare sulla legittimità dell’entrata in vigore del Calendario venatorio precedente in caso di sospensione amministrativa di quello in vigore.
“Il Collegio, consapevole della rilevanza del principio dispositivo anche nella fase di decisione del processo amministrativo – si legge nella sentenza del Tar – ritiene di non poter prescindere dal
recepire l’atto abdicativo della ricorrente (peraltro, corrispondente ad elementi oggettivi: l’efficacia del provvedimento impugnato – che riguarda una stagione venatoria ormai conclusa – è definitivamente cessata, e non vengono prospettati né questioni risarcitorie né, comunque, possibili effetti di retroazione della pronuncia), con conseguente dichiarazione di improcedibilità del giudizio, in applicazione
dell’art. 35, comma 1, lettera c), cod. proc. amm..