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Caccia, Mancini: “Monitoraggio e programmazione unico argine ad ambientalismo estremista”

“Il fatto che nelle Marche si potrà cacciare la tortora selvatica in preapertura e nella vicina Umbria ciò non sarà invece possibile, neanche con carniere limitato, conferma come la materia venatoria sia in balia di imposizioni ideologiche e di un caos normativo che sempre più spesso va a svantaggio dei cacciatori e che deve essere superato con certezza normativa e un serio approccio scientifico di monitoraggio e programmazione, di fatto palese disparità di trattamento tra cacciatori”. Così Valerio Mancini, capogruppo della Lega nell’Assemblea legislativa dell’Umbria, commenta gli effetti del decreto con cui il presidente del Tar dell’Umbria ha vietato il prelievo della tortora selvatica in preapertura. Mancini afferma che la gestione della tortora selvatica va normata con un Piano di gestione nazionale della tortora selvatica.

“Quello redatto nel 2021 dal Governo Draghi – evidenzia Mancini – mostrava criticità del lavoro scientifico fatto in gran parte delle Regioni negli anni passati, con dati molto discordanti. I numeri di esemplari abbattuti nella stagione 2019/20 nella maggior parte dei casi, ad esclusione delle Marche dove il dato dati dei prelievi è il più alto pari a 17668 capi, risultano risibili in altre regioni (Basilicata 433, Piemonte 250 riferito al 2018, Abruzzo 440 sempre nel 2018, Toscana 9561, Lombardia 1101 nel 2018) e in altre non disponibili, tra queste il Lazio e l’Umbria. L’Osservatorio faunistico della nostra Regione non ha mai funzionato adeguatamente, come abbiamo più volte lamentato noi e le associazioni venatorie. Io stesso – ricorda – avevo sollevato la questione dei tesserini venatori trovati nella sede della Protezione Civile di Foligno che nessuno, durante la precedente amministrazione regionale di sinistra, aveva fatto un controllo per censire l’effettivo prelievo e quindi avvalorare la presenza della tortora in Umbria”.

“Senza dati, i limiti e i divieti sulla tortora diventano solo il risultato di scelte ideologiche che derivano in primis da Bruxelles, osteggiata da sempre dalla Lega, che in virtù di valutazioni meramente ideologiche vuole imporci cosa mangiare, quali auto acquistare e tentare di vietare un’attività tradizionale come quella venatoria, imponendo limitazioni ai cacciatori, che vengono trattati come cittadini di serie C. Non bastavano la Direttiva Uccelli e la Direttiva Habitat, dall’Europa è arrivata addirittura la sollecitazione a eliminare la tortora dai Calendari venatori 2024-25. Quella che è venuta a crearsi è una situazione a macchia di leopardo che, se fosse passato lo specifico emendamento dell’Onorevole della Lega Francesco Bruzzone sui Calendari venatori approvati per legge, non si sarebbe verificata. La proposta avrebbe introdotto una procedura che, partendo dalla ricerca sui censimenti e nei prelievi venatori a livello nazionale, avrebbe portato ad una seria programmazione, dopo il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse e il confronto dialettico politico, con l’obiettivo di porre fine a interpretazioni e lacune amministrative che favoriscono le manovre ostruzionistiche di un ambientalismo estremo, che certe forze politiche di sinistra alimentano.

Il risultato è che a settembre si potrà sparare alla tortora nelle Marche, Regione che in modo avveduto ha effettuato un adeguato monitoraggio nel tempo, e non si potrà fare al di qua del confine umbro. Paradossi che si ripeteranno in futuro sempre di più , se nei vari livelli istituzionali, da quello europeo a quello regionale, passando per il Parlamento e il Governo nazionale, non ci sarà chi ha veramente a cuore gli interessi dei cacciatori, sempre più vessati economicamente e limitati nella loro attività e soprattutto additati ingiustamente come i presunti devastatori del territorio, proprio loro che preservano l’ambiente e tutelano anche la sicurezza pubblica , vedasi questione cinghiali e peste suina. Un’intera categoria penalizzata e discriminata – prosegue Mancini – fatta di persone che hanno la fedina penale pulita e una condotta più che esemplare, altrimenti impossibile mantenere il porto d’armi. Del resto, anche varie sentenze, tra cui quella storica emessa dal Tribunale di Bologna, riconoscono invece il ruolo fondamentale del cacciatore, come bioregolatore e per la sua valenza sociale. È evidente come la narrazione nei confronti dei cacciatori portata avanti da un certo ambientalismo e da una determinata parte politica sia dunque completamente ribaltata rispetto alla realtà. Grazie alle associazioni Enalcaccia e Libera Caccia che hanno fatto ricorso e che difendono nelle sedi opportune i loro associati e non solo, del resto si dovrebbe pensare a quanti posti di lavoro sostiene l’attività venatoria, quanto lo Stato e le Regioni incassano dalle licenze di caccia, parlare di centinaia milioni di euro non è lontano dalla realtà, ma dimenticavo, forse ormai per qualcuno conta solo essere contribuenti, non cittadini”.