A un anno dalla loro scadenza naturale, la Giunta regionale sembra pronta a rinnovare le nomine dei Comitati di gestione dei tre Ambiti territoriali di caccia. Un anno nel quale la Regione ha modificato le norme per la gestione degli Atc, uniformandole per i tre organismi regionali che devono conformarsi ad uno statuto tipo, anche in ragione del rimbalzo della competenza venatoria tra Regioni e Province in virtù dell’abortita riforma costituzionale.
Con il regolamento la Regione ha voluto superare le differenze fin qui esistenti fra gli Atc: stesse regole per le modalità di funzionamento degli organi, le procedure per la sostituzione o la revoca dei componenti il Comitato di gestione, le forme di impiego del volontariato, la tipologia e le modalità di svolgimento nel rapporto di collaborazione con l’eventuale personale tecnico e le modalità di consultazione, con una maggiore ‘voce’ riconosciuta agli agricoltori.
In virtù di questa riforma, ogni Ambito territoriale di caccia sarà gestito da un Comitato di gestione composto da venti membri: sedici nominati dalle associazioni ambientaliste, venatorie ed agricole, uno nominato dall’Anci (Associazione nazionale dei Comuni) Umbria e tre dalla Regione.
Solo che da giugno, quando è stato approvato il nuovo regolamento, sono passati mesi, segnati da profonde divisioni tra i cacciatori (soprattutto, per il nodo dei cinghialai), dai ricorsi degli ambientalisti e soprattutto dalle lucine rosse che sui bilanci che si sono accese a Perugia e a Terni, dove gli Atc, per far tornare i conti, sono stati costretti ad aumentare le quote a carico dei cacciatori. Quote che vengono decise autonomamente dagli Atc sulla base, appunto, delle spese programmate e della situazione finanziaria. E che con il nuovo corso dovranno essere scelte “d’intesa con la Regione”.
Che nel Perugino e nel Ternano risulta appesantita dal notevole incremento dei rimborsi agli agricoltori per i danni prodotti dalla fauna selvatica.Rimborsi a cui contribuiscono anche gli Atc, il cui Comitato di gestione, che poi elegge al proprio interno un Ufficio di presidenza, è espressione delle associazioni venatorie, ambientaliste ed agricole più rappresentative nei territori, oltre che degli enti pubblici, con l’ingresso quest’anno della rappresentanza scelta dall’Anci (l’Associazione nazionale dei Comuni). Raccolte le proposte,è poi la Regioni a fare le nomine. Naturalmente, i membri indicati in quota agli enti locali, a seconda che abbiano o meno una sensibilità venatoria o dell’associazione di cui fanno parte, spostano gli equilibri già dati dal “peso” di ciascuna sigla.
Anche alla luce dell’attuale gestione, scontata la riconferma alla guida dell’Atc del Folignate-Spoletino di Luciano Calabresi, in quota Federcaccia, l’associazione venatoria più rappresentata negli Atc umbri. Ma secondo indiscrezioni, nonostante le tensioni sui bilanci, anche nel Perugino l’attuale presidente Igor Cruciani (Confagricoltura) resterebbe al suo posto. Più complesso trovare la quadra nel Ternano, dove il precedente Comitato contava 11 membri, anche per il mutato equilibrio numerico tra le associazioni venatorie. Anche qui la presidenza, comunque, sarà espressione degli agricoltori, in quota Cia.
Ma non c’è solo la ‘grana’ cinghiali a tenere alta l’attenzione (e la tensione) sugli Atc umbri. C’è infatti il braccio di ferro tra ambientalisti e cacciatori sul calendario venatorio, destinato ad approdare nelle aule di tribunale. E poi i malumori relativi alla gestione delle zone di ripopolamento e cattura, che incidono sui bilanci e sui servizi effettivamente svolti dagli Atc.
E poi c’è da vedere l’applicazione concreta della novità rappresentata dall’introduzione della figura del cacciatore “formato”, con la possibilità degli Atc, con programmi approvati dalla Regione, di promuovere e organizzare corsi di formazione e aggiornamento dei cacciatori iscritti.