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Caccia, incognita referendum: depositate 520mila firme

Incognita referendum per animalisti da un lato e cacciatori dall’altro, dopo che il Comitato abolizionista ha annunciato di aver consegnato sabato pomeriggio in Cassazione 520mila firme con cui chiede l’abolizione della legge 157/92 e quindi della caccia.

Incognita liste dei Comuni e firme online

Tra le 520mila firme raccolte, infatti, che ce sono 73mila ottenute online, secondo la procedura consentita da quest’anno. Procedura che però presuppone la consegna delle liste elettorali da parte dei Comuni, per verificare che chi ha firmato goda dei diritti politici di elettore e quindi la sua firma sia valida.

Liste che diversi Comuni non avrebbero consegnato. Con la possibilità, quindi, che le firme digitali di chi risiede in quei Comuni non vengano considerate valide. E con la quota minima che la Costituzione fissa a 500mila firme, il limite tra il raggiungimento o meno si gioca su poche migliaia di firme.

Il vaglio della Cassazione

Lavoro a cui ora è chiamato l’apposito Ufficio della Corte di Cassazione, cui spetta il primo vaglio, entro il 15 dicembre.

E le incognite sono molte, anche perché la Cabina di regia delle associazioni venatoria ha annunciato di voler dare battaglia già in questa fase. Soprattutto alla luce delle segnalazioni di irregolarità provenienti anche all’interno del mondo animalista, che si è diviso sul referendum. Come lamentato anche da alcuni promotori del quesito, che hanno parlato di “attacchi di avrebbe dovuto essere al nostro fianco“. Anche per questo i promotori avevano chiesto in vano un’altra proroga al Ministero dell’Interno.

L’attesa di animalisti e cacciatori

Per contro, pur nella consapevolezza dell’incognita sulla regolarità delle firme raccolte online, i promotori confidano nel fatto che il referendum contro la caccia venga indetto a primavera.

Ovviamente sentimenti opposti tra i cacciatori che, vista l’esiguità delle firme raccolte da luglio, nonostante il mese di proroga, sperano che la Cassazione ne annulli un numero sufficiente per abbassare quelle valide sotto la soglia delle 500mila.

La Corte Costituzionale

In caso contrario, ci si prepara a far valere le proprie ragioni giuridiche di fronte alla Corte Costituzionale, cui eventualmente spetta il vaglio sull’ammissibilità. Il pronunciamento, in questo caso, deve avvenire entro il 10 febbraio.

A quel punto, nel caso in cui anche la Corte Costituzionale dia il via libera, il referendum sulla caccia sarebbe indetto insieme agli altri quesiti ammessi in una data tra il 15 aprile e il 15 giugno 2022.

Le strategie di cacciatori e ambientalisti

E rispetto a questa ipotesi, già si discute tra le associazioni venatorie su quale sia la strategia migliore. Per essere valido, infatti, il referendum deve essere votato dal 50%+1 degli aventi diritto. Altrimenti in automatico decade, qualunque sia il risultato.

Il fatto però che si votino più referendum (alcuni dei quali molto sentiti dagli italiani, come quello sull’eutanasia) potrebbe portare molti elettori alle urne. Che in teoria sono liberi di scegliere quante e quali schede ricevere e votare. Ma il rischio di puntare sul mancato raggiungimento del numero legale, in questo caso, sarebbe alto per i cacciatori. Che allora dovrebbero valutare l’opportunità di mobilitarsi per il “no”.

Gli animalisti che vogliono l’abolizione della 157/92, invece, in attesa del primo responso della Cassazione, si sono già mobilitati come se in primavera si dovesse comunque votare.

Insomma, opposte strategie. Ma intanto, la parola alla Corte di Cassazione.