Caccia Umbria

Caccia al cinghiale, proposte di modifiche e convegno Federcaccia, il Comitato singoli: ecco perché il Regolamento 34 non va cambiato

Non convincono il “Comitato per la Difesa dei Diritti dei Cacciatori Singoli di Cinghiale Umbri”, che già ha criticato la proposta di modifica del Regolamento 34 che Federcaccia ha presentato alla Regione, le argomentazioni presentate dalla principale associazione venatoria nel convegno promosso a Perugia dalla stessa Federcaccia incentrato sulla tematica della trasformazione del cinghiale da elemento problematico a risorsa.

“Danni: e gli agricoltori?”

“Gli esponenti del direttivo di Federcaccia – scrive il Comitato – hanno nuovamente posto l’accento, in maniera che appare legittima, sulla presunta esclusiva efficacia della caccia al cinghiale condotta in battuta con il metodo della braccata. Tale affermazione stride, tuttavia, con la contestuale enfasi posta sulla quantificazione dei danni arrecati da questo ungulato, e per questo ci si chiede come mai al convegno non erano presenti i rappresentanti del mondo agricolo. Sorge pertanto spontanea una riflessione sulla effettiva efficacia del tanto decantato metodo di caccia in braccata. Ci si interroga se tale approccio sia esente da margini di miglioramento e se non vi siano aspetti che necessitano di una revisione approfondita. Appare opportuno analizzare alcune dinamiche settoriali per osservare le derive comportamentali che si stanno diffondendo da alcuni anni”.

La proposta presentata da Federcaccia

Prosegue il Comitato nella sua nota: “Federcaccia dichiara l’intenzione di affrontare la riorganizzazione territoriale e gestione su basi scientifiche; in tal senso si auspica una lettura attenta della proposta di modifica inviata alla Regione Umbria. Da una analisi attenta e scrupolosa, emerge come tale riorganizzazione sembri perseguire la marginalizzazione di tutte le altre forme di prelievo del cinghiale e non solo; in questo contesto, è auspicabile che la riconosciuta professionalità dei tecnici della Regione Umbria possa scongiurare la realizzazione di un progetto che appare nebuloso. I dati relativi alla partecipazione dei cacciatori dediti alla caccia in braccata evidenziano, da anni, una tendenza al declino costante e progressivo; è lecito quindi interrogarsi sulle ragioni di tale fenomeno, piuttosto che presumere che l’incremento delle aree ad uso esclusivo delle squadre rappresenti la soluzione auspicabile.
Già attualmente – prosegue la nota – le squadre dispongono di vaste estensioni di aree vocate che faticano a gestire efficacemente, con la conseguenza che alcune di queste zone si sono trasformate in veri e propri serbatori di riproduzione, incontrollata offrendo persino al principale predatore di questo ungulato, (il lupo) un habitat ideale per proliferare senza alcuna forma di contenimento, mettendo, in moti casi, a rischio anche alcuni allevamenti allo stato brado. Ritornando al tema della efficacia numerica del prelievo attuato in battuta con il metodo della braccata, Federcaccia dovrebbe spiegare come è possibile approcciare ad una riorganizzazione su basi scientifiche fondate su dati di dubbia veridicità”.

“La fauna selvatica è patrimonio indisponibile”

Il Comitato chiude la propria riflessione richiamando l’art. 1 della legge 157/92 e successive modifiche e
integrazioni: “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile”.

“Tale principio fondamentale – termina la nota – è qui rammentato a beneficio di chi non sa e/o finge di non saperlo, tale principio è pienamente rispettato con il regolamento regionale 34/99 e non necessita di
alcuna modifica proveniente da un tentativo di abuso di posizione, senza inoltre tralasciare le nuove misure imposte, con apposita ordinanza, dal commissario straordinario per scongiurare il diffondersi della PSA anche nella nostra regione e che cominciano a dare frutti senza la necessità di stravolgere gli equilibri raggiunti fra le varie forme di prelievo”.