BUONI PASTO, TRA COSTI DI COMMISSIONE E RITARDI NEI RIMBORSI AGLI ESERCENTI DI SPOLETO CONVENGONO SEMPRE MENO - Tuttoggi.info

BUONI PASTO, TRA COSTI DI COMMISSIONE E RITARDI NEI RIMBORSI AGLI ESERCENTI DI SPOLETO CONVENGONO SEMPRE MENO

Redazione

BUONI PASTO, TRA COSTI DI COMMISSIONE E RITARDI NEI RIMBORSI AGLI ESERCENTI DI SPOLETO CONVENGONO SEMPRE MENO

Mer, 16/03/2011 - 11:29

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(Jacopo Brugalossi) – “Il sistema dei buoni pasto andrebbe completamente rivisto e modificato”. Queste parole, pronunciate da Alberto Massarini – presidente territoriale della Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) – convogliano e sintetizzano perfettamente il pensiero di una larga fetta di baristi, ristoratori, gestori di pizzerie e direttori di supermercati spoletini, che vedono calare a vista d'occhio la convenienza economica nel lavorare con i circuiti nazionali dei buoni pasto.

Indipendentemente da quale circuito si parli – sebbene ce ne sia più di uno che gli esercenti indicano come “il peggiore” – la situazione è al limite della sopportabilità. I motivi sono principalmente due: i ritardi nei rimborsi e l'aumento dei costi di commissione sui singoli tagliandi. Stilando una media tra le testimonianze rilasciate dagli esercenti spoletini a TO®, si può affermare che le commissioni dovute al gestore del circuito vanno, di norma, dal 7 al 12%, “percentuali estremamente alte se commisurate al costo irrisorio del singolo spicchio di pizza che vendiamo”, ha lamentato la titolare di una pizzeria di Viale Marconi, che ha aggiunto: “L'unico modo di rientrare nelle spese sarebbe quello di alzare i prezzi, ma stiamo cercando di non farlo a causa della crisi economica che rischierebbe di farci perdere clientela”.

Ancor più pesanti sui conti degli esercenti sono i ritardi nei rimborsi. “Oltre alle spese aggiuntive (che nessuno rimborsa) delle raccomandate con ricevuta di ritorno per inviare i buoni incassati alle sedi dei gestori, possono passare anche 90/120 giorni prima di avere accreditati i rimborsi”, raccontano i commercianti. In più, secondo la testimonianza dell'impiegata di un supermercato, oltre al danno c'è la beffa, “perché il circuito che è consapevole di rimborsare prima degli altri, ti fa scontare questo ‘favore' applicando costi di commissione maggiori sui singoli buoni”.

Insomma, non c'è di che stare allegri per i commercianti spoletini, alcuni dei quali hanno già preso la decisione di interrompere il rapporto con questo o quel circuito, come nel caso di una pizzeria di Viale Trento e Trieste. “Dal primo luglio scorso – ha ammesso la titolare – accettiamo solo i buoni del Comune, il cui valore (5,16 euro, ndr) ci viene rimborsato interamente, senza alcun costo di commissione”. Non che questa sia stata una scelta facile e priva di conseguenze per la pizzeria, che rischia di perdere quella clientela che andava a comprare pizza col blocchetto dei buoni pasto al posto del portafogli. Basta risalire il Viale della Stazione per raccogliere la testimonianza di un barista che, per quanto arrabbiato per i ritardi nei pagamenti e per i costi di commissione in costante aumento, non se la sente di cambiare la politica del suo esercizio. “I problemi sono reali e la convenienza per noi cala a vista d'occhio – ha ammesso – ma non possiamo rischiare di perdere i clienti delle banche vicine che vengono a pranzare qui proprio perché possono sfruttare i buoni pasto”.

Altro caso non isolato è quello capitato ad una pizzeria di Spoleto alta, la cui titolare ha mostrato a TO® la raccomandata che aveva inviato pochi giorni prima con i buoni incassati da rimborsare, e che è tornata al mittente per un problema di trasferimento di sede. “Oltre al fatto che ho spedito questa raccomandata con i buoni dell'ultimo mese e non ho ancora ricevuto i rimborsi di quello precedente – ha raccontato la donna – ho perso 2 ore di tempo alla posta per veder tornare indietro la raccomandata a causa del cambio di sede del gestore. Bastava una comunicazione preventiva e non avrei perso tutto questo tempo”.

Alle lamentele sui ritardi e sui costi di commissione, si aggiungono quelle sullo snaturamento dei buoni dal loro utilizzo principale. “Non trovo sia giusto che i buoni pasto possano essere usati per fare spesa al supermercato – ha detto la titolare di una pizzeria. – La gente ne accumula anche 10 o 15 e poi li usa per poter riempire il carrello all'inverosimile. Inoltre, se il buono pasto è nato come sostitutivo del servizio mensa, non dovrebbe valere sui generi non alimentari”.

Dello stesso avviso anche il presidente territoriale della Fipe Alberto Massarini, che aggiunge uno scenario nuovo al problema di fondo. “Alcune persone – ha detto – accumulano decine e decine di buoni pasto per spenderli in pranzi di comunioni e altre cerimonie, mettendo i ristoratori in una condizione di seria difficoltà. Al di la dei ritardi, 3 mesi se non ci sono problemi, e della troppa concorrenza, dai 2 circuiti di qualche anno fa ora si è passati a 6 o 7, non è più accettabile un sistema di circolazione dei buoni pasto che non sia rigidamente regolamentato”.

A darsi un regolamento interno hanno già provveduto alcuni supermercati. La Coop, ad esempio, accetta buoni pasto solo di alcuni circuiti, spendibili esclusivamente su generi alimentari (tra i quali però non rientrano sale, zucchero, caffè e spezie) e non più di 3 alla volta. La Sigma non è ancora arrivata a questo, ma, come racconta un'impiegata “stiamo pensando di mettere in pratica una differenziazione dei prodotti acquistabili con i buoni pasto”. Singolare, in questo quadro piuttosto negativo, la posizione del Tigre di Via dei Filosofi, il cui direttore ha detto di non aver avuto problemi con i buoni pasto, tranne con un circuito col quale non c'è stata intesa circa costi di commissione.

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