Con un certo fervore post elettorale si accendono gli animi in Regione, anche in previsione della prossima puntata del voto regionale nel 2023. Protagonisti Tommaso Bori, segretario PD e consigliere regionale e l’Assessore competente Paola Agabiti. Tema della discussione il nuovo brand della Regione Umbria.
Ad accendere le polveri è stata un dichiarazione tranchant di Bori che ha così dichiarato : “Un brand non è un semplice disegno ma un insieme di politiche che coinvolgono tutto il territorio stabilendo un rapporto, su valori e standard comuni, tra la comunità locale e la sua proiezione internazionale. Quello presentato lunedì a Terni, nel corso dell’anteprima riservata dall’assessore regionale Paola Agabiti ai sindaci del comprensorio, è innanzitutto un marchio che non ha coraggio, per altro svelato e apparso sulla stampa in violazione di quanto disposto in termini di segretezza nella delibera 932 del 13/09/2022”.
“Stupisce – spiega Bori – che dopo mesi e mesi di lavoro e uno stanziamento complessivo di quasi 1.5 milioni di euro, si scelga di proporre un claim, senza attualizzarlo, come quello de ‘Il Cuore Verde d’Italia’, che fu coniato dall’assessore regionale al Turismo, Alberto Provantini negli anni ‘70. Sarebbe bastato evocare almeno il ‘Cuore Verde d’Europa’, ad esempio, per riaffermare uno standing ben più ampio e internazionale. E invece sono stati spesi 300 mila euro per un marchio che sceglie un claim già visto e una asetticità neanche protetta dai rigori di uno stile grafico razionale ma storicamente connotato. Il marchio in questione nasce come segno che non ha possibilità di memorizzazione tanto è comune e riconducibile ai tanti già esistenti e già utilizzati in cui graficamente si ripropone al limite della banalità il simbolo stilizzato del cuore. La questione centrale è dunque avere chiarimenti dalla Giunta per capire quale ragionamento strategico è stato fatto per arrivare alla soluzione proposta. Oggi un brand non è mai sufficiente a sé stesso, ma soprattutto, per un’istituzione, deve corrispondere ad una architettura di applicazione e diffusione che deve essere lo specchio della visione politica che si vuole per i territori di appartenenza”.
“Un argomento che chiama in causa – prosegue il consigliere di opposizione – prima di tutto le scelte strategiche della Regione e degli Enti di secondo grado su quali politiche di accoglienza e di sviluppo economico dei molti settori coinvolti si intendono perseguire. Vediamo solo spot televisivi, annunci ma, in concreto, mai delle scelte di fondo che rendano questa nostra terra al passo con le tendenze migliori del turismo contemporaneo. Mai una parola sulla eco-compatibilità del sistema dell’accoglienza; mai una azione volta a stabilire un rapporto nuovo tra il pubblico crescente di visitatori delle città d’arte in Italia e una terra che prima di tutto è cultura e ambiente. Interessante sarebbe conoscere i dati relativi alla stagione turistica che si sta concludendo in rapporto agli investimenti impiegati e alle tendenze nazionali. Ora, nello scenario internazionale che si vorrebbe conquistare, si presenta una soluzione grafica per interpretare questi concetti, peraltro non certo nuovi nella cultura di governo dell’Umbria. Trovare oggi pubblicato su un sito online quel marchio così tanto agognato dalla Giunta Tesei fa saltare tutta una fase di coinvolgimento e di partecipazione di interi settori della vita economica della regione. Una soluzione grafica che, a detta di tutti i maggiori esperti interpellati da noi, porta indietro di quaranta anni l’orologio della comunicazione visuale dell’Umbria”.
“Peraltro si sono eliminati i Ceri di Gubbio senza alcun motivo plausibile. Proprio questi simboli – rimarca Bori – che sono diventati patrimonio comune e rappresentano il legame diretto con l’Istituzione Regione Umbria che evidentemente non interessa all’assessore in carica, né alla Giunta regionale. Oltre ad essere simbolicamente importanti per il loro significato erano anche una soluzione grafica efficace, sintetica e di grande impatto visuale. Le scelte semantiche e visuali che vengono adottate dovrebbero essere infatti la conseguenza di una analisi potenziale dei pubblici locali nazionali e internazionali con cui si vuole avere a che fare. Un brand deve offrirsi a principi di ‘appropriazione’ volontaria che sono possibili solo se, questo stabilisce relazioni con i suoi utenti in chiave empatica. Un marchio, ammesso che diventi effettivamente un brand, si compone di due elementi uno visuale e uno descrittivo. Quanto oramai adottato dalla Giunta regionale ha purtroppo uno stile retrò per quanto concerne la parte dell’immagine, che mal si adatta ai settori differenti da quello turistico. Quello presentato a Terni – conclude Tommaso Bori – è un lavoro privo di una caratterizzazione che renda chiaro il suo essere voce di una terra, che, in quanto a segni distintivi, ne ha da vendere in ogni epoca. Per questo ritengo, pur non essendo un esperto di comunicazione, che al modico costo di 300.000 euro, sinceramente, si poteva fare di meglio”.
A stretto giro la replica dell’assessore regionale al Turismo Paola Agabiti.
Di seguito il testo:
“Apprendiamo con vivido stupore e sorpresa le parole del consigliere Bori in merito al “brand” della regione Umbria, che verrà presentato ufficialmente il 13 ottobre prossimo nell’ambito della fiera del Turismo di Rimini.
Quante affermazioni prive di senso e quante inesattezze che mirano a liquidare sprezzantemente un lavoro di mesi da parte di professionisti qualificati a livello mondiale – la prestigiosa agenzia Armando Testa – con l’apporto delle strutture regionali e il lavoro condiviso della Camera di Commercio e delle associazioni di categoria, che si sono prodigati per fornire il loro prezioso contributo al segno distintivo che caratterizzerà l’immagine e la promozione futura della Regione Umbria.
Vorrei innanzitutto fornire, a chi ne ignora l’esistenza, un’informazione di cui dovrebbe essere al corrente.
Il brand che verrà adottato non è il marchio istituzionale della regione Umbria, che si caratterizza per i “tre ceri” di Gubbio su sfondo rosso, simbolo della regione, che si distingue per essere un’immagine inalterabile, che non può essere ricostruita, ridisegnata o deformata. In parole semplici, il nome e cognome ufficiali del nostro ente, cui sono legati aspetti quali la sua formale identificazione e il patrocinio che essa fornisce a manifestazioni e iniziative di particolare interesse. Un marchio che non verrà certamente meno.
Ben diverso è il significato, la funzione e la finalità del brand, che l’amministrazione regionale lancia per la prima volta nella storia dell’Umbria, e le cui precedenti amministrazioni non hanno mai saputo realizzare né tanto meno concepire.
D’ora in poi, la nostra regione affiancherà al marchio istituzionale, caratterizzato dai “tre Ceri”, un brand – unica ad esserne fino ad oggi sprovvista – finalizzato a promuovere il territorio dal punto di vista turistico, culturale ed enogastronomico.
Segno evidente di un’amministrazione responsabile e lungimirante, che ha avuto la visione di immaginare un logo dotato della forza di identificare i valori, la storia, le tradizioni ed i costumi della nostra regione, veicolandoli a livello nazionale ed internazionale ed esaltandone il loro significato e la loro forza intrinseca.
E ciò in una logica di c.d. “marca ombrello”, che sappia rappresentare ciò che di più autentico e genuino la nostra regione sa manifestare quale territorio posizionato al centro della nostra penisola. E, per la precisione, non al centro dell’Europa, come sostiene chi è legato politicamente ai promotori di campagne che promuovevano il nostro territorio con immagini della Val d’Orcia.
Forse coloro i quali si sono prodigati a manifestare pesanti critiche contro la politica di promozione turistica e di valorizzazione del territorio attivata da questa giunta, soffermandosi solo sulle campagne pubblicitarie, dimenticano colpevolmente i 23 milioni stanziati da questa giunta alle strutture ricettive umbre. Oltre alle risorse a sostegno all’intero comparto turistico, culturale ed enogastronomico stanziate in questi tre anni, in cui una violenta e tragica pandemia ha messo a rischio un intero sistema sociale, imprenditoriale e turistico.
Forse il PD, nei suoi vari esponenti, non ha contezza del record che la regione Umbria ha stabilito in quest’estate 2022 e nell’anno precedente, relativamente ai flussi turistici, che segnano il maggior numero di presenze e di arrivi, durante il periodo estivo, negli ultimi dieci anni, nonostante la crisi pandemica e la guerra alle nostre porte, con le conseguenze che tutti conosciamo, in termini di crisi energetica e di incertezza sociale che hanno portato con sé.
Per la precisione, nell’estate 2022 si sono registrati ben 906.364 arrivi e 2.839.824 presenze, con un incremento – rispetto al 2019, ultimo anno prepandemico e dunque punto di riferimento qualificato – del 5,2% in termini di arrivi e del 9,3% in termini di presenze; oltre ad un incremento, sempre rispetto al 2019, del 9,2% in termini di presenze negli esercizi alberghieri, e del 13,1% e del 9,4% rispettivamente in termini di arrivi e presenze negli esercizi extraalberghieri.
E vorremmo apertamente invitare gli esponenti dell’opposizione a verificare l’intero processo creativo che è alla base di questa nuova immagine di rilancio di tutto il nostro territorio.
Vorremmo far comprendere che dietro questo brand ci sono il colore della nostra terra, l’abbraccio caloroso dei nostri concittadini, la forma delle nostre architetture, il segno del nostro paesaggio, l’anima della nostra cultura e delle nostre tradizioni e, soprattutto, finalmente, una visione e promozione unitaria dell’intero nostro territorio.
E se abbiamo con convinzione voluto mantenere il claim “il cuore verde d’Italia”, che tanto preme alle attuali opposizioni, è perché noi sappiamo valorizzare ciò che di buono è stato fatto, non rifiutando a priori ciò merita di essere salvato e valorizzato. Atteggiamento mentale, il nostro, che non è proprio del PD umbro, che pregiudizialmente giudica, che pregiudizialmente contesta e punta il dito, con una visione ideologica su ogni dibattito e su ogni scelta intrapresa.
Siamo fieri ed orgogliosi del percorso fatto e delle scelte operate; fieri di un duro lavoro che possiamo mettere a confronto con quanto non fatto dalle precedenti amministrazioni, cui vorremmo chiedere di comunicare apertamente, con la stessa foga, le risorse che hanno stanziato per il turismo, per la cultura e per il sostegno alle attività ricettive in decenni di amministrazione.
La nostra campagna promozionale ha consentito una valorizzazione ed una veicolazione dei tesori artistici, architettonici, enogastronomici e culturali dell’Umbria senza precedenti, con forti ricadute su tutto il settore turistico e ricettivo, come dimostrano tutti i dati sui flussi, pubblicamente consultabili.
Non accettiamo, pertanto, lezioni da chi ha amministrato per decenni conducendo all’immobilismo un’intera regione ed un intero territorio.
Soprattutto da coloro che vivono roboanti affermazioni di principio, ma sono incapaci di scelte concrete e di politiche attive di autentica efficacia nei settori chiave della nostra regione.
In ogni caso, siamo sicuri che i cittadini umbri sapranno valutare e mettere a confronto le differenti politiche delle diverse amministrazioni, al momento rendendone il responso nelle forme che la democrazia prevede”.