Per contrastare la desertificazione degli sportelli bancari nei piccoli centri, nell’ambito dell’iniziativa “Borghi senza banche” e del seminario che ha concluso un percorso durato due anni, è stata formulata dalla Fabi una proposta rivolta all’Assemblea legislativa dell’Umbria, affinché venga convocata in tempi rapidi la Conferenza regionale dell’Economia e del Lavoro ai sensi dell’art 19 comma 2 dello Statuto.
Una proposta formulata al termine del seminario “Borghi senza banche, dalla teoria alla pratica”, che si è svolto nella sede della FABI, in via San Bartolomeo, a Ponte San Giovanni, alla presenza del professor Luca Ferrucci, ordinario di economia presso l’Università agli studi di Perugia, Fiorello Primi presidente de “I Borghi più belli d’Italia” e di Fabrizio Ricci, coordinatore regionale di Libera Umbria.
La Fabi Umbria ha presentato i risultati di un’analisi che evidenziano dati ancora più preoccupanti sul fronte della desertificazione bancaria regionale. Si rileva una costante chiusura di sportelli negli ultimi 6 anni – 163 sportelli (chiuso 1 ogni 3), nel 2015 i Comuni serviti erano 82 su 92, con un numero di sportelli ogni 100 mila abitanti pari a 57; sei anni dopo, i Comuni serviti sono 67, mentre le filiali ogni 100 mila abitanti 40, ormai su 92 comuni solo 74 hanno uno sportello bancario, con più di 30.000 cittadini esclusi dell’accesso diretto ai canali bancari.
Questo fa il paio, ha spiegato Enrico Simonetti della segreteria regionale Fabi Umbria, con una radicale diminuzione degli organici, pari a 1.120 addetti in meno in soli 6 anni; infatti, pochissimi neoassunti sono stati destinati alla nostra regione, a fronte di un massiccio esodo di colleghi in servizio, frutto degli accordi sottoscritti dai principali gruppi bancari.
Numeri da brividi, se si pensa che ricadono in una regione già fragilissima da punto di vista economico, con una caduta del Pil (Prodotto interno lordo) regionale da record e con indicatori complessivi ormai a livelli da profondo Sud del paese.
Per Fabrizio Ricci di “Libera Umbria” il tema della desertificazione bancaria “è di capitale importanza alla luce delle strategie della criminalità organizzata che, come testimoniato dalla recente pubblicazione “Variante Criminalità” lo sfrutta per infiltrare il tessuto economico e sociale della nostra regione: gli NPL e le cripto valute sono solo due aspetti dei tanti che spesso vengono sfruttati dalle organizzazioni criminali per riciclare capitali di dubbia provenienza, su questi temi la presenza delle banche è garanzia di legalità”.
Secondo Fiorello Primi, presidente nazionale dei “I Borghi più belli d’Italia” il fenomeno della desertificazione bancaria “è parte del più complessivo impoverimento delle aree interne e dei tanti borghi italiani. La rarefazione dei servizi legati alla sanità, ai trasporti, all’istruzione unitamente alla scomparsa dei presidi bancari rende sempre più difficile la vita di chi sceglie di abitare in questi luoghi meravigliosi del nostro Paese. Occorre che la politica e le istituzioni lavorino di concerto per sfruttare ogni opportunità, comprese quelle offerte dal PNRR, per arginare questa inaccettabile deriva”.
Per il professor Luca Ferrucci, il problema della desertificazione bancaria “è molto articolato e va affrontato in un’ottica prospettica, sia per comprenderne le cause che per ricercare soluzioni praticabili Le cause profonde sono da ricercarsi nelle dinamiche economiche e demografiche, che hanno spopolato in modo importante larghe fette della nostra Regione, rendendole di conseguenza meno appetibili per le banche.
Anche le vicende legate al gigantismo bancario hanno condotto i modelli di business dei gruppi bancari verso schemi di servizio sempre più lontani dalle esigenze delle nostre comunità”.
“Occorre – ha aggiunto il professor Ferrucci – trarre ispirazione da quanto accaduto in altri settori in cui si è saputo coniugare il business con la necessità di offrire alle popolazioni un servizio ritenuto essenziale, è che lo sia quello bancario non vi sono dubbi”.
Dopo un interessante confronto tutti i presenti hanno concordato sulla necessità di passare dalle parole ai fatti, di formulare una proposta concreta e attuabile di gestione e non di passiva accettazione o di mera presa d’atto di un fenomeno che rischia di indebolire e marginalizzare ulteriormente la nostra regione e la nostra categoria.