(Francesco de Augustinis) – Difficile ricordare un incontro aperto alla cittadinanza così partecipato come quello che si è tenuto ieri sera nel bocciodromo di San Giacomo, per discutere degli impianti di biomasse a cogenerazione, in fase di ultimazione all'interno dello stabilimento dell'azienda olearia Coricelli. Almeno 200 persone riempivano la grande sala, molti dei quali in piedi, per assistere al confronto tra i tecnici e i proprietari della ditta Coricelli, che ha realizzato l'impianto, gli amministratori comunali, rappresentati dal sindaco Daniele Benedetti e dal vice sindaco e assessore all'Ambiente Stefano Lisci, e il “delegato” del comitato Rifiuti Zero di Spoleto, Prof. Giuseppe Seravazza, medico oncologo, presidente della Lega italiana lotta al tumore.
“Innanzitutto dobbiamo fare un mea culpa per la mancata partecipazione: questo è un incontro di informazione, perché la partecipazione andava fatta prima (della costruzione dell'impianto, ndr)”, ha detto Benedetti a conclusione dell'incandescente incontro, in cui relatori e pubblico si sono confrontati con toni spesso durissimi. “Poi credo che bisogna fare come amministrazione un po' di chiarezza. Domani istituirò una commissione, in cui siano rappresentati tutti gli attori. Tutti quelli che sono qui a parlare questa sera (…) con la partecipazione della provincia, della regione e dell'Arpa. Questa commissione dovrà stilare nell'arco di un mese, un mese e mezzo, un documento chiaro (sulle caratteristiche dell'impianto, ndr), che presenteremo in assemblea pubblica, discuteremo in giunta e poi riporteremo in consiglio comunale”.
“Nel frattempo sospendiamo qualsiasi tipo di iter”, ha aggiunto seccamente il sindaco, anche se non è chiaro quale iter burocratico possa essere sospeso, visto e considerato che i lavori all'impianto sono in fase di ultimazione (si stima che resti al massimo un mese per l'avvio), e che non sono necessarie ulteriori autorizzazioni, dopo la firma del protocollo con l'Arpa nei giorni scorsi (leggi).
EMISSIONI SI, EMISSIONI NO – Per molti l'obbiettivo dell'incontro di ieri era fare chiarezza sull'entità effettiva delle emissioni dell'impianto, per dare una corretta informazione ai cittadini che vivono nelle aree limitrofe e in tutto il territorio della città. Su questo tema il dibattito è stato senza esclusioni di colpi, tra comitato Rifiuti Zero, i tecnici dell'azienda, l'Arpa e il medico relatore. Il primo a intervenire è stato Alessandro Casula, docente del politecnico di Milano in rappresentanza dell'azienda Coricelli, che dopo un elogio alle fonti rinnovabili – comprese le biomasse – perché “nettamente migliori” delle fonti fossili, ha ipotizzato che l'impianto in questione “non dia luogo a emissioni di Co2”. Una frase che ha suscitato le ire di parte della platea, che ha forzato il professore a correggere il tiro, spiegando che l'impianto è “a bilancio zero”, nel senso che le emissioni “prodotte nel nuovo stabilimento sono minime e vengono tolte da centrali molto più inquinanti che adesso forniscono energia da fuori regione”. “Abbiamo aggiunto, ma praticamente abbiamo tolto il quadruplo altrove”, ha detto Casula, spiegando che “l'impianto è molto piccolo” e ha un “effetto insignificativo”.
A Casula ha ribattuto Seravazza, sostenendo che il genere di tecnologia utilizzata nell'impianto (pirogassificazione di olii vegetali) sia stato “spacciato” per rinnovabile dalla legge, a tutela di interessi di parte: “tutto ciò che brucia produce emissioni”, ha detto. “Con il buon senso del contadino ho capito subito la mistificazione che è stata fatta sulle fonti rinnovabili: si è unito il diavolo con l'acqua santa”, ha aggiunto l'oncologo, secondo cui l'impianto produce inevitabilmente “idrocarburi policiclici aromatici”.
Dopo l'intervento di Massimo Segoni dell'Arpa, che ha detto come secondo le verifiche prodotte dall'agenzia, ognuno dei tre impianti rientri nei limiti di concentrazione di gas inquinanti, si è giunti ad una stima delle emissioni grazie ad uno scontro verbale tra il comitato Rifiuti Zero e un tecnico addetto all'abbattimento delle emissioni dell'azienda.
“Ciascuno dei tre impianti produce 774 kg all'anno di ossido di azoto, 7500 kg all'anno di ossido di carbonio (Co) e 4547 tonnellate annue di Co2. Lo sto leggendo dalla relazione che la stessa azienda ha prodotto sull'impianto”, ha detto un rappresentante del comitato. “Queste emissioni corrispondono agli scarichi di 300 macchine, per 365 giorni l'anno, sempre accese 'a manetta'”, ha detto. Il tecnico dell'azienda, spiegando che gli olii vegetali alimentano all'interno dei tre impianti alcuni motori diesel per la produzione di elettricità e calore, ha parlato piuttosto di “10 tir Euro 5 in più sulle strade”, con “una presenta significativamente minore di metalli pesanti”, dovuti all'utilizzo del biodiesel al posto del normale gasolio.
LIMITI DI CONCENTRAZIONE E SOMMA – Dall'evolversi della discussione, ciò che è sembrato portare davvero su due strade diverse i discorsi dell'azienda e dell'Arpa e quelli del comitato, di Legambiente e di molti cittadini presenti, è stata la differenza tra il concetto di “concentrazione” delle emissioni e quello di “somma” delle emissioni. Come ha fatto notare in un concitato intervento Segoni dell'Arpa, la concentrazione di emissioni dell'impianto è inferiore ai limiti stabiliti per legge. “E questo è quanto l'Arpa aveva il compito di appurare. L'Arpa non si occupa di salute, di salute se ne occupa l'Asl. Ci sono le norme che, con riferimento alle conoscenze scientifiche, stabiliscono dei valori (di concentrazione, ndr) in riferimento alle sostanze. L'Oms dice che sotto quei valori la salute è sicura”. I rappresentanti del Comitato Rifiuti Zero hanno parlato invece di “somma” delle emissioni, che vanno ad “aggravare un bilancio già appesantito” dalla presenza di molti stabilimenti industriali sul territorio: “E' stato considerato l'effetto cumulativo dei tre impianti a Madonna di Lugo?”, ha chiesto un esponente del comitato. “Questi impianti andranno ad aggravare la situazione dell'aria di un territorio che già deve fare i conti con tantissimi insediamenti, dall'ItalMach al 'novello' inceneritore di pollina, dalla Cementir agli stessi impianti di raffineria già presenti nello stabilimento Coricelli, (…)”. Un altro esponente del comitato ha detto infine che il timore è che all'iniziativa dell'azienda Coricelli possa seguire legittimamente una simile iniziativa da parte degli altri produttori di olio del territorio, trasformando la zona da “area di produzione di olio dop” a zona di produzione energetica tramite biomasse.
Seravazza ha sostenuto infine questa tesi, citando una relazione negativa prodotta dall'Arpa pugliese per un impianto di caratteristiche nettamente diverse in Salento, dove il “no” era stato giustificato non dalla concentrazione ma dalla “situazione sanitaria nel Salento tale per cui non è possibile aggiungere pressioni di carattere ambientale”.
LEGITTIMO INTERESSE – Un punto su cui il dibattito ha infine concordato è stato la legittimità dell'operazione dal punto di vista dell'azienda Coricelli, nel costruire un impianto a proprio vantaggio economico. “Si tratta di un insediamento industriale” ha riconosciuto Coricelli, che -sollecitato da Legambiente- ha ammesso l'interesse a “spacchettare” l'impianto in tre di potenza inferiore a 1 Mw, per usufruire della tariffa 0,28 centesimi, perché “senza incentivi niente funziona”. Coricelli, sempre su domanda di Legambiente, ha anche riconosciuto che, in un'ottica di crescita dell'azienda, rientra nell'attuale piano industriale l'intenzione di ampliare a breve lo stabilimento con una nuova raffineria.
Leggi la relazione originale su uno dei tre impianti prodotta dalla ditta Coricelli, pubblicata dal Comitato Rifiuti Zero di Spoleto
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