La "violenza e la spregiudicatezza" del delitto, la "messa in scena" tentata per depistare le indagini: Katalin non deve lasciare il carcere neanche col braccialetto
In 12 pagine, in cui sintetizza i risultati delle indagini svolte dai carabinieri prima e dopo il decesso del piccolo Alex a Po’ Bandino, il gip Angela Avila spiega perché la mamma del piccolo, Katalina Erzsebet Bradacs, deve restare in carcere. La donna, ungherese di 44 anni, lunedì mattina nel corso dell’interrogatorio di garanzia si è avvalsa della facoltà di non rispondere, come aveva già fatto con il pm Manuela Comodi.
Una telefonata alle 4.46 di notte:
così arriva l’orrore a Po’ Bandino
“E’ socialmente pericolosa”
Il giudice Avila nel motivare le esigenze cautelari argomenta che Katalin “è recidiva“, avendo un precedente per estorsione. La gravità dei fatti, “la violenza e la spregiudicatezza” con cui avrebbe recuperato il coltello per compiere il delitto, la “messa in scena” tentata per depistare le indagini, denotano per il gip “una spiccata pericolosità sociale“.
Inoltre la donna potrebbe inquinare le prove, considerando che le indagini sono ancora in corso. Bisogna infatti ancora recuperare la lama spezzata del coltello che le è stato trovato in borsa. Estrapolare tutto il contenuto del suo cellulare. E ascoltare il padre, che è in Ungheria. Indagini per le quali è fissato attualmente un termine di tre mesi.