“E’ venuto a mancare il necessario rapporto di fiducia nei confronti del sindaco e dell’amministrazione”.
Lo dichiara, nero su bianco, Fabio Maccarelli, segretario del Partito Democratico di Bevagna, in un comunicato stampa ufficiale a sua firma.
Oggi – si legge nella nota – devo chiedere scusa ai bevanati per i risultati negativi di quella scelta. La volontà del Partito Democratico è di aprire una fase nuova, nuova nel metodo di lavoro, nuova nella ricerca di risultati concreti da subito. Il progetto del Congresso Civico è questo – spiega – nasce a Bevagna, da una solida necessità; è un progetto di apertura alla città, nel rispetto dei valori della Costituzione italiana ed è un progetto necessariamente e opportunamente inclusivo. Parla a Bevagna, di una gestione collegiale del bene comune, con un coordinamento fra i ruoli dirigenti, intesi nel senso più ampio, della città, siano essi di tipo civico/politico, associativo, imprenditoriale, amministrativo. Chi ha ruoli di responsabilità sociale è chiamato a cooperare per individuare e attuare il programma e per la sua verifica ed eventuale correzione nel tempo. La riunione è fissata in calendario per sabato venti febbraio.
Ma perchè il segretario del Partito Democratico di Bevagna scarica il sindaco Analita Polticchia, tra l’altro essa stessa espressione del Partito Democratico?
Posso rispondere solo con i dati in mio possesso. Effettivamente, il sindaco si era resa disponibile a lavorare intorno a un tavolo, per definire un programma in continuità con quanto finora svolto, individuare insieme una squadra per ‘farla crescere’, in modo da ‘andare al congresso civico con chiarezza’. L’assemblea ha naturalmente considerato questa proposta, nonostante che i rapporti non fossero stati facili tra il partito e l’amministrazione, negli ultimi anni, già da prima del congresso che mi elesse segretario. Fin da subito, come nuovo direttivo, proprio per la necessità riconosciuta da tutti di dover lavorare insieme, avevamo con franchezza fatto presente al sindaco che lo stato dei rapporti con la città era negativo, a tratti tempestoso e che l’amministrazione veniva vista come qualcosa di isolato, di estraneo. Abbiamo discusso molto di queste cose: trentacinque riunioni del direttivo in ventisette mesi non sono poche, sette assemblee degli iscritti, diverse assemblee pubbliche e pure parecchio partecipate. In particolare durante gli incontri del direttivo venivano discusse varie questioni politiche chiave: prima di tutto, la comunicazione come priorità, sia fra di noi sia verso la città; poi il fare squadra con informazioni complete e precise, dando seguito agli impegni con decisioni politiche condivise, con una verifica oggettiva e consultazioni popolari sullo stato di attuazione del programma amministrativo o quanto meno con una costante convocazione dei partiti di maggioranza da parte del sindaco. Avere la possibilità di capire il dettaglio delle spese comunali e non fermarsi a voci riassuntive del bilancio, che peraltro sono state sempre fornite pochi giorni prima dei relativi consigli comunali di approvazione, motivo per cui a un certo punto abbiamo deciso di non partecipare più ai gruppi di maggioranza: che andavamo a fare, ad avallare con la semplice presenza decisioni già completamente prese? Si capiva, certo, che i ‘chiari di luna’ e le situazioni difficili non consentivano di fare granché. Tra l’altro, per onestà intellettuale, devo dire che alcune risposte alle nostre domande relative al bilancio sono arrivate, anche se invariabilmente suonavano come un disco rotto: ‘non si può fare nulla’. Oggettivamente però, delle trentacinque questioni che abbiamo posto all’amministrazione, delle quali trenta non comportavano costi per il Comune, abbiamo avuto n. zero risposte positive. Immagino che tutto questo abbia disamorato più d’uno, scoraggiandolo a rifare la tessera. Anche dopo che, sulla parola, abbiamo riconfermato la fiducia al sindaco nella controversa assemblea del 12 settembre 2014. In quel caso si sfiorò la crisi politica e al tempo stesso si volle, per senso di responsabilità, evitare il commissariamento dell’ente, poi scongiurato solo da un intervento straordinario della Regione per circa centocinquantamila euro; la qual cosa ha permesso di non vanificare i gravosi sacrifici che i cittadini di Bevagna hanno fatto, pagando più tasse e ricevendo meno o zero contributi per le attività culturali, sportive e associative in genere. Il sindaco non ha ritenuto di dar seguito agli impegni del 12 settembre 2014, e l’azione amministrativa ha messo ancor più drammaticamente in ombra quella politica, agendo senz’altro con impegno e dedizione, ma più che altro da direttori tecnici, smarrendo il programma del 2011, come pure la prospettiva politica della legislatura. Diciamocelo: il programma 2011 a ragion veduta appare chiaramente velleitario, ad ogni modo è stato realizzato per molto meno del 20%. Per esempio: non sono mai stati attivati i tavoli tematici permanenti previsti fin dalla prima pagina del programma, né le consultazioni cittadine sul posizionamento del polo scolastico, il Centro servizi per le famiglie, la redazione di un ‘Bilancio sociale’, l’armadio farmaceutico nel centro storico, la formazione e borse lavoro per i giovani, l’istituzione di una struttura di servizi per ‘micro-progetti’, il progetto sviluppo turistico sinergico e unitario, la partecipazione pubblica del piano urbanistico, il tavolo per i diritti dei migranti, l’Ecomuseo, le azioni varie per i bambini, tra cui ‘nonni-attivi’. Il governo Renzi, per dire, pur avendo anch’esso ereditato una situazione difficile, in ventiquattro mesi ha potuto esemplificare con ventiquattro numeri le situazioni che sono migliorate. Questo è un buon modo di presentarsi, anche se quanto fatto non ci soddisfa ancora. E aggiungo che tutte le principali riforme del governo sono state discusse nell’assemblea nazionale del partito. Le oggettive difficoltà di rapporti tra amministrazione e città, possono aver influito sul risultato negativo alle elezioni regionali del 2015, nelle quali per la prima volta il centrosinistra è andato sotto al centrodestra, anche se di un soffio, forse a causa del maggior assenteismo di oltre il 5%, registrato a Bevagna rispetto ai comuni limitrofi. Da ultimo, la lista di maggiornaza in consiglio comunale ha avuto le dimissioni di due consiglieri, dei quali un ex assessore e un ex presidente del consiglio e con nessuno dei quattro dei non eletti nel 2011, che abbia accettato di subentrare. Non per pignoleria, voglio aggiungere che l’assemblea ‘della sfiducia’ si era conclusa con la presa d’atto da parte del sindaco, del fatto che la maggioranza si fosse espressa in modo chiaro sul diniego alla sua ricandidatura, dichiarando altresì che non serviva una votazione formale e che ‘la chiarezza alla fine c’è stata ed è anche un sollievo per tutti. Chiedo che il partito esprima le sue motivazioni’. Successivamente, però, il sindaco ha fatto presente al segretario regionale che non c’era stata una votazione, pertanto in una seconda assemblea ha recuperato questo ‘vulnus’. Si noti che in entrambe le assemblee era presente e garante il responsabile regionale per gli enti locali. Insomma il Partito Democratico di Bevagna ha agito nella piena legalità normativa e statutaria e dispiace veramente notare l’acredine che permea alcune comunicazioni del sindaco, diffuse sui social media, sui giornali e in pubbliche assemblee, peraltro convocate solo dietro forte pressione delle associazioni, come ricordano e dimostrano i fatti di questi giorni riguardante la gestione dei beni culturali di Bevagna. Un ultimo dato: l’assemblea ‘della sfiducia’ ha visto presenti diciotto iscritti su trentatre; ricordo che al tempo della candidatura di Analita Polticchia, nel 2011, all’assemblea parteciparono ventisei persone e che ventuno si dichiararono favorevoli. Io ero tra questi, all’epoca convintamente, come molti ricorderanno.