L’amore per il calcio è finito, nel giorno della Befana, in un campo qualunque di Spoleto tra una squadra locale e una ternana. Sul terreno di gioco ragazzini di 11 anni e dirigenti, fuori i genitori. Si giocava un quadrangolare amichevole, per far trascorrere ai ragazzi una giornata di festa all’insegna dello sport e del divertimento.
Un fallo non fischiato, una reazione, e poi la follia. L’allenatore della squadra di casa, in preda a uno scatto d’ira, salta la rete che divide il campo dagli ‘spalti’ e aggredisce i genitori della squadra avversaria, in un clima di surreale tensione che ha lasciato i piccoli calciatori sotto choc, costretti ad assistere ad una scena, culmine di un clima di tensione e pressione al quale troppo spesso i ragazzi sono costretti a subire, che li ha profondamente scossi.
La rissa ha poi coinvolto diverse persone prima che gli animi potessero tornare a più queiti consigli, ma quella che doveva essere un’amichevole, non che sia un’aggravante, ovviamente sospesa, si è trasformata in un incubo con la triste scena di ragazzini, ancora in pantaloncini e scarpini, portati via dal campo da qualche genitore sconfortato da quanto accaduto.
L’abbandono mesto del campo di questi piccoli calciatori di 11 anni è l’immagine della morte della cultura sportiva, quella che il presidente del Coni di Terni, Stefano Lupi, cerca dall’inizio del suo mandato di affermare nelle scuole, nelle istituzioni, negli eventi sportivi. È proprio Lupi a commentare a TO la vicenda: “Quello che è accaduto è gravissimo. Non mi interessa quali siano le squadre coinvolte, ma vedo la sconfitta della cultura sportiva, quel valore che ho sempre cercato di promuovere e nel quale credo fermamente. Questi ragazzini – seguita Lupi – sono troppo spesso costretti a vivere lo sport sotto pressione, incitati dagli addetti e dal clima esterno al campo in modo non consono a quelli che sono i principi dello Sport”.
Il presidente del Coni ha anche scritto una lettere aperta nella quale interpreta l’episodio, non solo come figura istituzionale, ma anche uomo profondamente legato allo sport. Ecco il testo integrale: “
QUANDO FINISCE UN AMORE
Non c’è nulla di più struggente di un amore che finisce, soprattutto quando la conclusione è particolarmente violenta ed inaspettata. E’ quello che è successo oggi durante una partita di calcio di giovanissimi. Una rissa tra allenatori, le urla scomposte di alcuni genitori ed ancora la indegna gazzarra fra opposte tifoserie hanno indotto mio figlio, innamorato del calcio, a dire basta ad 11 anni. Me lo ha detto con gli occhi impauriti di chi non capisce il perché, di chi si è sentito perso ed indifeso in un campo di gioco, di chi ha visto quello che non si sarebbe mai immaginato. E’ uscito dal campo terrorizzato, senza nemmeno spogliarsi, mi ha stretto la mano pregandomi di andar via. Ero sbalordito, incapace di dare spiegazioni a quell’assurdo comportamento. C’era una rete che ci divideva mentre si accendeva una stupida rissa. Da anni mi batto per togliere quelle maledetti reti dai campi. Non proteggono appunto, ma dividono. Ho visto un allenatore o comunque un dirigente della squadra avversaria addirittura scavalcarla per scagliarsi contro il pubblico. In quel momento quella stessa rete mi separava da mio figlio, impedendomi di portarlo via e proteggerlo. Sono arrabbiato e sconfortato. Nel giorno dell’Epifania lui e tutti gli altri bambini delle due squadre hanno ricevuto da noi adulti uno dei doni più brutti : la disillusione verso lo sport che più amano. Tornando a casa mi ha detto che non vuole più giocare, appunto giocare, al calcio. E’ finito un amore, tanto più bello quanto legato alla giovinezza. Non mi interessa ricercare gli odierni colpevoli né citare le società. Non mi rasserena ciò. Oggi il calcio ha perso diversi innamorati. Peccato! Questo non cambierà le cose ma un amore è comunque finito”.