Perugia

Bar e ristoranti divisi sull’iniziativa #ioapro: in molti hanno deciso di rimanere chiusi

Partita lo scorso 15 gennaio, la protesta di ristoratori e baristi denominata #ioapro sembra stia incontrando la resistenza di una nutrita schiera di imprenditori che non si riconoscono nell’iniziativa.

Rivendicano con forza la loro volontà di rispettare le regole e non vogliono che siano additati come nuovi “untori”, e né tantomeno incorrere in sanzioni che nei casi più gravi potrebbero portare alla chiusura del locale.

Pretendono sì il diritto al lavoro, e quindi che al più presto si possa procedere con le riaperture di ristoranti e bar, ma il tutto deve avvenire sotto la responsabilità di un governo forte e di un’associazione che possa garantire la sicurezza di dipendenti e clienti.

Serve un piano d’azione

Non può essere più tollerato in alcun modo, secondo il loro pensiero, che ci si possa nuovamente trovare impreparati a quasi un anno dall’inizio della pandemia; troppo facile chiudere tutto, servono soluzioni e non scelte draconiane.

A tal proposito abbiamo avuto il piacere di incontrare una nota imprenditrice umbra, Lina Angelucci, titolare del famoso ristorante Il Balestruccio Perugia, che ci ha raccontato la sua posizione di dissenso in merito all’iniziativa #ioapro e le ragioni per poter riprendere le attività di ristorazione.

Perché ha deciso di non aderire all’iniziativa #ioapro?

“Perché non voglio passare dalla ragione al torto, anche se di ragione ne avrei da vendere.

Le posso assicurare che io, come altri miei colleghi, siamo molto arrabbiati per le scelte profondamente ingiuste adottate dal governo a cui la categoria è stata sottoposta durante tutta la gestione della crisi sanitaria.

Detto ciò, se c’è una legge io la rispetto, l’ho sempre fatto, pure se ancora una volta si tratta di una disposizione profondamente iniqua verso il settore della ristorazione e che, dati alla mano, non sembra avere nessuna efficacia nella lotta contro il covid-19.”

Cosa poteva essere fatto, a suo avviso, da parte del governo in questi mesi per tutelare meglio il mondo della ristorazione?

“Prima di tutto il governo se avesse davvero avuto a cuore la nostra categoria avrebbe dovuto avvalersi di esperti del settore per sapere esattamente di cosa si stava parlando; questo a livello pratico.

Inoltre, a livello economico, io non avrei mai preteso quello che tutti gli altri paesi europei (vedi Germania) hanno concesso alle attività che hanno subito una chiusura forzata.

Le posso garantire che avrei anche rinunciato ai famosi ristori (la potenza di fuoco…), perché non si avvicinano minimamente alle nostre perdite reali di fatturato – ho detto fatturato di proposito perché è bene ragionare su numeri reali e non ipotetici, visto che noi ristoratori veniamo continuamente apostrofati come i peggiori evasori.

Insomma, io volevo solo quello che mi spettava dal fatturato che in questi mesi ho perso e, soprattutto, che un governo serio si fosse fatto carico delle spese che la mia azienda ha dovuto sostenere durante i vari lockdown come tasse, mutui ecc..”

Cosa si sente di rispondere a quei colleghi che la accusano di mancanza di solidarietà nei confronti della categoria?

“Dico che è una guerra tra poveri, che conferma che siamo una categoria non rappresentata da una associazione forte che possa tutelarci; ognuno è libero di fare ciò che ritiene più opportuno, siamo tutti in grandissima difficoltà e le posso assicurare che anche io sono pronta a dimostrare il mio dissenso, ma con ragione di causa e con qualcosa in mano da impugnare.

Non credo sia costruttivo fare i don Chisciotte di turno, ma allo stesso tempo ho grande rispetto di tutti, perché ognuno, alla fine, ha la sua storia e le sue ragioni.”

Qual è la sua posizione in merito a ciò che andrebbe fatto ora, nell’immediato, per consentire a tutto il comparto della ristorazione di ripartire in totale sicurezza?

“Io penso che i ristoranti abbiano già fatto tutto quello che c’era da fare; abbiamo speso migliaia di euro in procedure anti contagio per sanificanti, disinfettanti, guanti, mascherine e abbiamo ridotto di capienza i nostri locali – nel mio ristorante, per esempio, una sala da 180 a 70 posti.

Quello che credo sia fondamentale per ripartire è che ci siano davvero i controlli; io come tanti miei colleghi vogliamo che chi non rispetta le regole venga punito, perché il loro comportamento danneggia quelli che cercano a tutti i costi di stare in regola, ma anche questo per il governo sembra essere troppo difficile!

Inoltre sono convinta che le regioni dovrebbero monitorare i comuni e se uno di questi dovesse riscontrare un focolaio agire subito all’interno di quel territorio circoscritto, e non chiudere le attività in maniera generalizzata.”