E’ ancora in sofferenza l’economia in Umbria nel 2014: a dirlo è il Nucleo per la ricerca economica della Banca d’Italia, che ha presentato oggi, a Perugia, il rapporto sull’”Economia dell’Umbria”, e che illustra, nelle parole di Marco Ambrogi, direttore della filiale di Perugia, “luci ed ombre” del mercato del cuore verde d’Italia. Un’economia che per lo scorso anno resta ulteriormente contratta, seppur in misura meno intensa rispetto al biennio precedente. Vanno male l’occupazione, soprattutto quella giovanile, il settore dell’edilizia, la metallurgia con l’AST di Terni. Sembrano invece tirare un respiro di sollievo per quest’ultimo semestre 2015 le imprese dell’industria e il comparto dei servizi. Arriva comunque una notizia positiva: per la prima volta dall’avvio della crisi dal 2008, si è registrata una prevalenza di giudizi ottimistici anche tra le aziende più dipendenti dal mercato interno. Eppure l’Umbria si attesta, per valori generali, al di sotto della media nazionale per diversi fattori, incluso il comparto turistico, dove invece l’Umbria dovrebbe brillare.
Il tonfo occupazionale – Il dato sicuramente più preoccupante è quello che riguarda il lavoro: nella fascia di età i 15 e i 34 anni, il dato parla di un -7,3% (-32% dal 2008), un tasso superiore quasi 3 volte rispetto all’inizio della crisi. Ancora peggiore quello sui cosiddetti scoraggiati, pari 23,1%, ossia coloro i quali non hanno ancora trovato lavoro, ma non sono neppure iscritti ad un corso di studi, né partecipano ad attività formative. Cresce poi la mobilità fuori regione: la popolazione più giovane ha infatti dimostrato una maggiore propensione a spostarsi fuori dai confini umbri, con 18 giovani su mille, ogni anno, sempre nella fascia tra i 25 e i 34 anni e laureati, che vanno all’estero o nel resto d’Italia. A riguardo resta importante l’impegno delle istituzioni con il programma di “Garanzia giovani”, per il quale sono stati investiti 23 milioni di euro per progetti a carattere formativo. E ancora, nel mercato del lavoro, gli occupati sono diminuiti del 5%, un dato negativo rispetto al resto dell’Italia, soprattutto per quanto riguarda il settore dell’edilizia. I servizi invece hanno visto un impiego quasi stagnante, con un’oscillazione pari allo zero. All’inferiore disponibilità di lavoro corrisponde naturalmente un calo dei consumi, particolarmente sui beni non di prima necessità, molto più forte rispetto al resto d’Italia, e della disponibilità finanziaria pro capite.
Economia reale e industria – Buone notizie anche dal settore industriale, dove ci sono dei pallidi segnali incoraggianti, dove anche il dato occupazionale diventa positivo per la prima volta sulle piccole e medie imprese. Va anche meglio nel 2015, durante il quale, almeno per questo primo semestre, si registra un aumento dell’occupazione, prevedendo dunque un aumento di fatturato. Una contrazione, quella del 2014, che risulta di certo meno incidente rispetto al 2013. La parte debole riguarda invece gli investimenti, con un calo dei 4%, confermato rispetto al 2013. Bene poi i consumi delle famiglie, dopo un forte calo registrato nel 2013. Importante inoltre per il 2014 lo stato del PIL, dopo la fase recessiva del 2008 e del 2011: il calo, nella sola Umbria, è stato di oltre il 10%, a fronte del 6% italiano.
I settori migliori – Secondo Banca d’Italia, in Umbria vanno bene i settori dell’agroalimentare, la meccanica, il tessile e l’abbigliamento. Segnali di contrazione arrivano invece dalla metallurgia e dall’edilizia. Intanto l’impulso espansivo delle esportazioni si è interrotto: un calo a causa del quale in regioni gli imprenditori e le istituzioni non hanno recuperato neppure i livelli pre-crisi.
Edilizia affannata – Ciò che invece preoccupa di più sono le costruzioni, per le quali il settore edile va male sia nel comparto delle opere pubbliche che nel privato. Una pallida ripresa sembra possibile, nonostante si sia comunque lontani dai livelli precedenti al 2008. La riduzione del numero degli appalti evidenzia dunque le difficoltà anche di pareggio di bilancio delle istituzioni pubbliche.
Per commercio e turismo prevale il saldo negativo nel 2014, nonostante ci sia un segnale di lenta ripresa per il 2015. E’ il turismo il settore dal quale provengono i flussi migliori: nello specifico, sono i turisti italiani ad aumentare, ma la loro permanenza in Umbria è ridotta. Male invece per il turismo estero. Tutti segnali che arrivano comunque da hotel di fascia medio-alta. Il settore in cui l’Umbria presenta segnali di crescita è quello culturale, grazie anche al patrimonio artistico della regione. Le strutture di accoglienza tuttavia sono piccole e disperse, e per questo presentano bassi ritorni economici. La dimensioni degli operatori del settore è molto bassa, pari all’1,3%. Sono 175 le strutture museali, che rappresentano quasi il 4% del dato nazionale, a fronte di una dotazione di dipendenti non sufficiente. I ritorni sono importanti, ma il quadro resta comunque negativo rispetto al resto della penisola.
Tutti i dati relativi ad arrivi e presenze in Umbria nel primo quadrimestre del 2015
I prestiti – A marzo, resta inoltre stazionaria la situazione creditizia, con un dato leggermente migliore rispetto a quello nazionale. Il settore risente naturalmente della salute del comparto industriale. La qualità del credito, comunque in aumento, è inoltre inferiore in Umbria rispetto alle altre regioni d’Italia (si passa dal 4,5% al 5,2% a fine marzo, mentre in Italia si va da un 4,7% al 4%). Sono deboli anche i mutui per le abitazioni, a fronte di un calo degli anni precedenti che comunque non è stato recuperato.
L’innovazione – Gli investimenti per ricerca e sviluppo totali in Umbria tengono rispetto al resto d’Italia, con una dinamica migliore per le aziende più orientate all’esportazione. Peculiare la presenza di due acceleratori di start-up privati.
Fiore all’occhiello dell’Umbria resta comunque la sanità, per via della qualità del servizio ospedaliero, misurata tramite gli indicatori di esito delle prestazioni, che risulta migliore della media, in maniera marcatamente importante. Ma i tempi di attesa sono aumentati, allineandosi con quelli italiani, tra il 2010 e il 2013. Infine un dato che riguarda la mobilità dei pazienti, quando l’Umbria è una delle 6 regioni che presenta un saldo positivo.