La società che operava nel settore farmaceutico era di fatto fallita dal 2015 ma non aveva attivato le procedure fallimentari, continuando ad accumulare debiti, per un totale di oltre 10 milioni di euro. Ma alla fine 8 persone e 4 diverse società ad esse legate sono finite al centro di un’inchiesta della Procura della Repubblica di Perugia. Che ha chiesto ed ottenuto il sequestro di quote societarie, anche a carico di due imprenditori perugini.
In particolare, il decreto di sequestro preventivo d’urgenza di quote societarie è stato eseguito dai militari della Sezione di Polizia Giudiziaria – aliquota Guardia di Finanza e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Perugia nei confronti di 3 imprenditori, di cui due stabilmente residenti nel capoluogo umbro ed uno residente nel comune di Castiglione in Teverina (VT). Tutti sono operanti nel settore farmaceutico, ritenuti responsabili dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta semplice.
L’indagine (che trae origine dagli approfondimenti effettuati nell’ambito della procedura fallimentare di una società di persone esercente la rivendita di farmaci) ha consentito di accertare – evidenzia il procuratore capo Raffaele Cantone – che, sebbene si fosse manifestato lo stato di dissesto già dal 2015, i soci, astenendosi dal depositare l’istanza di fallimento, proseguivano l’attività, accumulando ulteriori perdite che, sommate fra di loro, alla data del 31 dicembre 2020, ammontavano ad oltre 10 milioni di euro.
Tra l’altro, avrebbero aggravato il dissesto, presentando un’istanza di concordato preventivo, dichiarata inammissibile, volta solo a procrastinare il fallimento, compiendo successivamente ingiustificati prelevamenti di denaro a titolo personale nonché una serie di operazioni volte alla distrazione di beni dalla massa fallimentare.
In particolare, l’attività investigativa faceva emergere cessioni di quote a prezzi irrisori, vendite fittizie di compendi aziendali, spoliazioni di beni personali, tra cui anche automobili d’epoca di rilevante valore.
Da ultimo, è stato rilevato il tentativo di estromissione della curatela dalla gestione dei beni personali dei soci falliti, che avrebbe dovuto essere attuato, nel corso di un’assemblea convocata per la fine dello scorso mese di giugno, attraverso la riduzione del capitale di una società a loro riconducibile, a copertura delle perdite e la sua ricostituzione mediante versamenti in denaro, nella piena consapevolezza che il curatore non sarebbe stato in grado di esercitare il diritto di opzione, favorendo, quindi, l’ingresso nella compagine societaria di soggetti apparentemente “terzi”.
Al fine di impedire ulteriori atti di disposizione del patrimonio pregiudizievoli per la procedura, il Pubblico Ministero ha, quindi, emesso il decreto di sequestro preventivo di urgenza riguardante le quote societarie, a cui i finanzieri hanno dato esecuzione, effettuando, al contempo, perquisizioni locali, personali ed informatiche, con la collaborazione dei Reparti del Corpo territorialmente competenti, nei confronti di 8 persone fisiche e 4 società coinvolte, a vario titolo, nelle vicende oggetto d’indagine, con sedi in Umbria, Lazio e Sardegna.
Seguendo la ricostruzione effettuata dalla polizia giudiziaria e condividendo le ipotesi accusatorie formulate dal pubblico ministero, il Giudice per le indagini preliminari ha convalidato il sequestro preventivo riconoscendo, nelle condotte distrattive poste in essere da soci della società fallita, la volontà di sottrarre alla massa fallimentare importanti cespiti patrimoniali attraverso mirate operazioni societarie tese all’estromissione della curatela.
L’operazione odierna – che si inquadra nel più ampio contesto del contrasto ad articolate e pericolose forme di illeciti finanziari, a tutela dell’economia legale e del regolare andamento delle regole di mercato – suggella il profondo impegno profuso dalla Procura della Repubblica di Perugia, in collaborazione con il Comando Provinciale della Guardia di Finanza, nel contrasto ai reati fallimentari, che ha portato, nel tempo, allo sviluppo di specifici e, ormai, collaudati percorsi investigativi. Nell’attuale fase congiunturale, contrassegnata da forti distorsioni causate dallo stato di emergenza sanitaria, a fronte di imprenditori onesti che continuano, con sacrifici e difficoltà, ad operare nel rispetto delle regole, l’economia illegale non conosce crisi. Il presidio investigativo attuato assume, quindi, un’importanza vitale per il tessuto produttivo ed imprenditoriale umbro. Tale fattiva collaborazione ha permesso, dall’inizio della pandemia ad oggi, di portare a compimento oltre 100 indagini nel settore dei fallimenti, che si sono concluse con l’iscrizione nel registro degli indagati di oltre 200 soggetti e con l’accertamento di distrazioni per un valore di complessivo di circa 50 milioni di euro.