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Baby nuotatore rasato a zero per castigo. Un cattivo esempio di sport

Continua a far discutere la storia del ragazzino di 11 anni rientrato da una gara di nuoto con i capelli completamente rasati in segno di “punizione educativa”. E' successo a maggio e lontano dall'Umbria, ma è una storia che merita una riflessione:

La vicenda – Una normale trasferta di fine stagione per una squadra di nuoto di Caldogno, in provincia di Vicenza. Siamo a maggio, i ragazzi salutano i genitori, affidati agli istruttori, per affrontare una gara in Svizzera. Ma a Locarno qualcosa deve andare storto con uno dei giovani atleti: forse un risultato non riuscito o una disattenzione del ragazzo. Il fatto è che per punizione, un castigo di esempio forse, il baby nuotatore torna a casa rasato a zero “come gli Ebrei”, con una croce di capelli lasciata in cima al cranio. E' forte lo choc per il ragazzo, che per reazione rifiuta di rientrare in acqua e riprendere gli allenamenti.

Le conseguenze – Ad essere coinvolti nell'episodio tre degli istruttori che seguivano la trasferta, che sono stati immediatamente sospesi dalla direzione dell'impianto sportivo in attesa di chiarire i contorni non del tutto chiari della vicenda. Nel frattempo, ad agosto, scatta la denuncia della famiglia del giovane nuotatore, che ad oggi non ha ricevuto nessun cenno di scuse o spiegazione dagli istruttori coinvolti. Giovedì 8 i tre istruttori, 2 ventenni ed il responsabile di 52 anni, indagati per abuso di mezzi di correzione e disciplina, saranno interrogati dal pm di Vicenza, Antonella Toniolo.

Le reazioni – La vicenda del baby nuotatore sta facendo discutere e divide le opioni. Di certo alcune importanti associazione e figure istituzionali hanno preso una posizione chiara e di forte condanna. Riportiamo di seguito le note dell'Unicef e del Garante Infanzia e Adolescenza, Vincenzo Spadafora:

UNICEF: “Il gesto folle e violento compiuto dai maestri di nuoto di Vicenza ai danni del bambino 'reo' di non essersi a sufficienza impegnato in una gara, rappresenta una palese e grave violazione della Convenzione dei diritti dell'infanzia e della adolescenza che prevede sempre e comunque la tutela e la protezione di diritti dei bambini in qualsiasi luogo ed in qualsiasi attività essi siano impegnati” A sostenerlo è Andrea Iacomini, portavoce dell'Unicef Italia “Lo sport, anche se praticato a livello agonistico deve essere il luogo in cui i bambini devono poter crescere sani, dove la competizione seppur importante, va vissuta in maniera serena, senza pressioni. Gli allenatori, in questo senso, svolgono un ruolo sociale fondamentale proprio nel cercare di non caricare di responsabilità i minori bensì di insegnare loro la gioia della vittoria quanto la gestione pacata della sconfitta senza traumi o aggressioni di sorta».

Garante Infanzia e Adolescenza: “Un episodio che, se confermato, e' grave perché evocherebbe uno dei più brutti periodi della nostra storia. Il modo peggiore di educare un bambino”. Lo afferma il Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza Vincenzo Spadafora. “La disciplina e' educativa nello sport anche perché la competizione aiuta i bambini a crescere. Tuttavia – puntualizza il Garante – e' inaccettabile qualsiasi tentativo di violare la dignità dei più piccoli imponendo loro 'regole' e 'sanzioni' che rischiano di minare la loro serenità. Fermo restando che sara' la magistratura ad accertare eventuali responsabilità, questi fatti devono farci riflettere sulle responsabilità che noi adulti abbiamo nei confronti dei bambini”.

Sa.Cip