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Aviaria, può diffondersi col respiro ma il latte è la prima via: l’ipotesi

(Adnkronos) –
Uno ‘starnuto’ in una stalla affollata. Il contagio da virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità H5N1 fra le mucche negli allevamenti Usa potrebbe essere avvenuto anche per via respiratoria, anche se non è questa la modalità di trasmissione che sta guidando l’attuale epidemia tra i bovini, che resta in latte infetto. E’ l’ipotesi avanzata da uno studio disponibile in versione preprint sulla piattaforma BioRxiv. Per gli autori – secondo quanto riporta ‘Nature’ online – le mucche potrebbero infettarsi respirando aerosol carichi di virus.  

 

Diversi team hanno condotto esperimenti per comprendere meglio le infezioni registrate nelle mucche da latte in diversi Stati americani. Amy Baker e colleghi del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (Usda) ad Ames, Iowa, hanno infettato mucche e vitelli con il ceppo specifico H5N1 isolato nei bovini del Texas all’inizio dell’epidemia. Hanno esposto quattro vitelle femmine di un anno a una nebbia carica di virus attraverso una maschera che copriva naso e bocca degli animali. Tutti gli animali infetti hanno prodotto anticorpi neutralizzanti contro il virus, confermando che erano infetti. I vitelli hanno mostrato sintomi lievi e i ricercatori hanno isolato virus infettivo nelle vie aeree superiori di due di loro. I risultati dello studio, si legge, suggeriscono che in un ambiente in cui centinaia di animali sono tenuti in spazi ristretti, il virus potrebbe diffondersi attraverso le vie respiratorie. 

Prima dello scoppio dell’epidemia, i ricercatori non sapevano che i virus dell’influenza A, come l’H5N1, potessero diffondersi nelle mucche. Gli scienziati hanno subito sollevato una preoccupazione, e cioè che se l’H5N1 si fosse diffuso efficacemente nei bovini attraverso il sistema respiratorio, sarebbe stato più difficile da controllare e il rischio che si diffondesse agli esseri umani sarebbe aumentato, dato lo stretto contatto che le mucche hanno con le persone. Ma dato che gli animali coinvolti nello studio in questione non hanno diffuso il virus in grandi quantità nelle loro vie aeree, probabilmente non è ad oggi una fonte importante di diffusione, osserva Thomas Peacock, virologo dell’Imperial College di Londra. 

La collega Wendy Barclay, virologa dello stesso ateneo, concorda sul fatto che, poiché sono stati rilevati bassi livelli di virus infettivo negli animali nonostante la loro esposizione ad alte dosi di H5N1, la trasmissione aerea probabilmente non è efficiente, né può “spiegare cosa sta succedendo al momento”. “Ciò non significa che il virus non possa cambiare, se questa epidemia continua al ritmo attuale”, aggiunge Peacock. “Quello che dobbiamo fare ora è tenere d’occhio attentamente il virus”.