Ancora una sentenza in favore dei precari della scuola. E’ quella emessa dal Tribunale di Terni in favore di una 45enne che da nove anni veniva richiamata con contratti a termine per svolgere le mansioni di addetta amministrativa. La signora – nel frattempo è entrata a far parte dei ruoli della Pubblica Istruzione – aveva citato in giudizio il Ministero dell’Istruzione affidandosi all’avvocato Alessandro Marini del foro di Terni. Il legale ha dimostrato le ragioni della impiegata, una delle tante ‘vittime’ della reiterazione continuata dei contratti a termine in barba al principio che nega la possibilità di rinnovo contrattuale per oltre 3 annualità. Un principio che non si applica al solo comparto Scuola ma a tutto il Pubblico Impiego. La vienda è nota: il dicastero della Gelmini, attraverso gli Uffici regionali, ogni anno provvede a nominare supplenti e personale ATA (amministrativo tecnico ausiliario) per coprire i posti vacanti e rendere così possibile il regolare svolgimento delle lezioni. Una pratica che riguarda migliaia di lavoratori di tutto il Paese. Il giudice Alfredo Rainone, al termine del processo civile, ha condannato il Ministero al riconoscimento di un risarcimento pari a 15 mensilità e di tutti gli scatti maturati nei nove anni di precariato, oltre agli interessi legali e alle spese legali. Un dispositivo che riconosce al lavoratore diritti sotto ogni profilo: da quello economico (si pensi al diverso trattamento retributivo e di fine rapporto) a quello previdenziale.
La causa vinta dall’avvocato Marini è la prima che si registra in tal senso presso il Tribunale di Terni. Una sentenza in linea con quelle già emesse dai Tribunali di Orvieto (giudice Gianluca Forlani) e Spoleto (Manuela Olivieri), a dimostrazione della sensibilità dei togati umbri verso questo annoso e ancora irrisolto problema. Nonostante le normative comunitarie in materia e le numerose sentenze della Corte di Giustizia europea diano ragione ai lavoratori precari. L’avvocatura generale dello Stato infatti ha già fatto sapere di voler ricorrere in Appello come avvenuto per i casi precedenti.
(Carlo Ceraso)
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