40 giorni di sciopero, cortei, manifestazioni, occupazioni, scontri tra Polizia e operai, la trasferta a Bruxelles, l’accordo al Mise e il referendum degli operai, è stato un 2014 all’insegna della problematica legata alla vertenza Ast che ha tenuto col fiato sospeso l’intera città di Terni e la regione.
Ripercorrendo le tappe salienti della complessa crisi che ha investito le acciaierie di Terni, partiamo dal 9 ottobre 2012, quando, come un fulmine a ciel sereno, era arrivata la notizia che la multinazionale finlandese Outokumpou volesse vendere lo stabilimento di Terni.
Il problema immediato che si era presentato allora, era stato il rischio dello scorporamento del sito produttivo ternano, con gli operai che avevano iniziato le prime agitazioni sotto la Prefettura.
Poi c’è stata la prima trasferta al Mise di Roma per il vertice tra multinazionale finlandese e ministro Passera, che si era conclusa con un nulla di fatto. circostanza che ha portato alla famosa manifestazione presso la stazione ferroviaria cittadina, nell’ambito della quale il sindaco fu colpito da un ombrello, come detto dalla questura, o da un manganello, come sostenuto da alcuni sindacalisti e operai presenti.
Da qui la prima trasferta a Bruxelles, siamo al giugno 2013, dove l’allora presidente Almunia aveva mantenuto il punto sulle linee guida della Commissione Antitrust, e si era capito che l’Eruopa non sarebbe stato un alleato molto comprensivo nei confronti della vertenza.
Il 24 gennaio 2014 era stata confermata la notizia della vendita di Outokumpou a Thyssen, evento che ha determinato il ‘caldo’ 2014 per la città di Terni, a cominciare dalla clamorosa protesta di alcuni oeprai che erano saliti sulla torre della fabbrica, altra 50 m.
Poi, il terremoto del 3 luglio 2014, con le dimissioni dell’ad Marco Pucci e l’arrivo di Lucia Morselli, la donna che tiene scacco Eruopa, Governo e sindacati.
Il mese di luglio sono iniziate le mobilitazioni indette dai sindacati, a partire dal 25 luglio, giorno in cui, nella sede della Cgil, venne stabilito un primo sciopero di 4 ore e, 3 giorni dopo, ci fu il blocco dell’A1, con forti tensioni tra operai e automobilisti.
Come tutta risposta, il 30 luglio, la Thyssen decide per il licenziamento di 550 persone, fatto che portò gli operai ad occupare nuovamente l’A1 e a fare irruzione al Cda dell’azienda.
Sono poi iniziati i frenetici incontri tra l’ad Morselli e il Ministro, Federica Guidi, per venire a capo della vertenza, che hanno portato Governo, azienda e sindacato a un’estenuante trattativa durata mesi.
Tra scioperi a oltranza e scioperi della fame si è arrivati poi al 9 ottobre, giorno in cui l’azienda tedesca ha confermato la messa in mobilità di 537 operai e, dopo gli Stati Generali della città, la richiesta di dimissioni del sindaco Leopoldo Di Girolamo
Da qui l’imponente manifestazione del 17 ottobre che ha bloccato la città e gli scontri del 29 ottobre a Roma cone le dure prese di posizione dei sindacati, in particolare di Maurizio Landini.
Mentre la situazione sembrava precipitare, il 31 ottobre è sceso in campo anche il Vaticano e il 5 novembre è scoppiato drammaticamente il caso Ilserv
Il 14 novembre c’è stato il nuovo presidio al Mise e, dopo 4 giorni, si è tenuto il conclave a Roma che ha prodotto, come effetto di un nuovo sciopero.
Il 3 dicembre c’è stata poi la svolta, con la stesura di una bozza di ipotesi di accordo che ha evidenziato le problematiche legate alle ditte terze e in particolare di Ilserv.
Dopo una settimane sembrava che nuove grane potessero in qualche modo minare quello l’ipotesi di accordo ma, dopo aver limato le ultime divergenza, il 17 dicembre, si è arrivati al rerendum che ha visto prevalere il voto positivo degli operai sull’ipotesi di accordo.
Proprio nella giornata di ieri, invece, è stata presentata una nuova prosepttiva di Public Company, che guarda alla Cina, tanto per sottolineare che la vertenza, anche se formalmente finita, è anora lontana da una situazione definitiva.