Grazie alla lunghissima e colpevole inerzia di Ministero dell’Ambiente e Regione Umbria, continua a tenere banco la grave questione ambientale di Terni, anche grazie all’inchiesta di Tuttoggi.info sul ‘Caso Terni’. Nella giornata di oggi 12 agosto, Andrea Liberati di Italia Nostra ha diffuso una nota stampa sul tema annunciando che saranno sollecitate le autorità locali su una delle “più grandi bombe chimiche d’Italia”.
“Qualcosa in realtà cambierà necessariamente: grazie all’evoluzione più recente di giurisprudenza e dottrina, ora il danno ambientale non si prescrive più. Così, finalmente, le relative responsabilità civili e penali rimarranno in capo ai protagonisti di certi misfatti per tutta la loro vita, coinvolgendo senz’altro dirigenti tecnici e politici, personalità pubbliche e manager privati – è l’incipit della nota di Andrea Liberati – Al riguardo, unitamente ad altre associazioni e comitati, appurata l’esistenza di una lunga serie di irregolarità sostanziali nell’unica area S.I.N. dell’Umbria – quella di Terni-Papigno – ci apprestiamo a interpellare le autorità giudiziarie.
Frattanto, oggi ci concentriamo su una delle più grandi bombe chimiche d’Italia, quella delle discariche-colabrodo collocate tra Pentima e voc. Valle a Terni”.
Queste sono le 10 domande che Andrea Liberati rivolge ai vari responsabili pubblici:
1) alla luce dell’ultimo report Arvedi AST sullo stato di tali discariche (con l’Azienda – controllata- che, sin dall’A.I.A. 2010, fa pure da controllore), com’è possibile che, da almeno 15 anni e tuttora, ci siano piezometri che rilevano livelli allarmanti di metalli pesanti nelle falde, mentre il Ministero dell’Ambiente e la Regione tacciono, senza minimamente definire questa drammatica situazione?
2) Come mai la Regione Umbria poi, nel silente concorso col Ministero dell’Ambiente, non ha puntualmente aggiornato la Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) delle discariche, risalente al lontano 2005, lasciando viceversa abbancare in loco ulteriori milioni di metri cubi di scorie e fanghi, quando già nel 2008 erano affiorati cromo esavalente e molti altri veleni cancerogeni?
3) Per quali motivi la Regione Umbria, dinanzi al puntuale dettato dell’art. 28 del Testo Unico 152/2006, non ha proceduto alle necessarie riflessioni, riaprendo senza indugi il procedimento amministrativo?
4) Perché il Ministero dell’Ambiente, a fronte delle evidenti, ripetute e ingiustificate inadempienze della Regione, non ha ritenuto di mettere in campo gli speciali poteri assegnati dalla legge per salvaguardare le falde acquifere locali?
5) Come mai gli stessi dirigenti del Ministero dell’Ambiente, da oltre 15 anni, indicono o partecipano a conferenze di servizi sull’area S.I.N., in tema di discariche e falde locali, in perdurante assenza del doveroso aggiornamento V.I.A.?6) Come può il Ministero operare con qualche tenue speranza di efficacia ed efficienza amministrativa, se, nel doveroso adempimento dei propri doveri istituzionali, non esercita nemmeno i poteri sostitutivi previsti per legge?
7) Considerando che, a 25 anni dall’ufficializzazione del S.I.N. Terni-Papigno, restano ben 585 ettari di falde potenzialmente contaminate, cioè l’intera area perimetrata, cosa avrebbero fin qui fatto Ministero e Regione?
8) E ancora: considerando che, a 25 anni dall’ufficializzazione del S.I.N. Terni-Papigno, non esiste un solo progetto approvato per la bonifica delle falde (fonte: stato procedura bonifica S.I.N., dicembre 2023, MinAmbiente), cosa avrebbero fin qui fatto Ministero e Regione per tutelare ambiente e salute di questo brano dell’Umbria?
9) Come mai soltanto nel 2020, in ritardo ultradecennale, il Ministero dell’Ambiente ha richiesto alla Provincia di Terni di individuare il responsabile della contaminazione delle falde acquifere, ex art. 244 T.U. 152/2006? Che fine avrebbe fatto questo procedimento?
10) La giurisprudenza comunitaria assegna le responsabilità ambientali ai soggetti che, nel corso degli anni, hanno tratto utili dalla mancata adozione di costose tutele ecologiche: a questo proposito, gli Enti pubblici di competenza hanno già diffidato le proprietà dell’altroieri (lo Stato, ex Gruppo IRI), di ieri e di oggi (multinazionali), individuando le responsabilità pro quota e l’ammontare dei potenziali risarcimenti per le falde acquifere contaminate da metalli pesanti?
“Nella certificata assenza di basi amministrative credibili, visto il rischio di sequestro giudiziario delle discariche siderurgiche, le logiche conseguenze di queste reiterate anomalie sarebbero la sospensione precauzionale degli abbancamenti in loco (fino alla messa in sicurezza delle relative aree, con l’eventuale aggiornamento della V.I.A.), l’ovvio stop all’espansione di tali tossici immondezzai e altro ancora – conclude Liberati – Rigore gestionale e pieno ossequio alla normativa rappresentano l’unico modo per tutelare il futuro dell’acciaio, diversamente dal lassismo di sempre e dal negazionismo ambientale a oltranza. Torneremo a parlarne nei prossimi giorni”.