Corsi e ricorsi storici, momenti di immobilità alternati a rinascimenti. E’ così che tutto e sempre si alterna nel divenire del tempo in un continuo salire e scendere. Un canone circolare che, pur diverso, si ripete sempre uguale. Scale musicali si potrebbe dire a Spoleto.
Una città, quella del Festival dei Due Mondi, che negli ultimi tempi, dopo aver rireso vita attorno al progetto della candidatura a Capitale italiana della Cultura, non andato a buon fine nella nomina, ma che ha saputo riaccendere fermento culturale, dopo aver affidato il bando per l’assegnazione della gestione dell’Accademia di Scenografia, che Miur permettendo, aprirà le proprie aule il prossimo settembre, accoglie oggi il progetto ARSlab: un laboratorio artistico in cui a Spoleto si tornerà a produrre spettacoli, dar valore alle maestranze storiche grazie alle quali la città è riconosciuta come punto di riferimento della cultura. Una ‘bottega in cui crescere i giovani apprendisti che continueranno a preservare questa tradizione, ancora nel futuro. Un tassello che mancava da troppo tempo.
A pochissimi giorni dalla partenza dei lavori, che si svolgeranno dentro al Chiostro di San Nicolò, in virtù di un accordo stipulato con il Comune, TuttOggi.info ha avuto l’occasione di intervistare il presidente dell’Associazione Luigi Caiola che ci ha raccontato il progetto, le motivazioni, i protagonisti:
Il progetto si chiama ARSlab che già nella definizione del suo stesso nome ci dà un primo suggerimento: si tratta di un laboratorio inserito nel settore dello spettacolo, nel quale noi lavoriamo da anni. E dello spettacolo noi ci siamo scelti un segmento specifico, il teatro musicale, uno spettacolo teatrale il cui protagonista è la musica.
Il fatto che noi abbiamo questo termine latino di Ars chiarisce un altro aspetto della questione, ossia intende riaffermare una cultura e una tradizione di fare spettacolo, che non è prettamente anglo americana. Per capirci, il teatro musicale non è il musical, ma quell’espressione teatrale da cui ebbe origine l’opera.
La seconda parte del nome, Lab, non è dunque il workshop, ma piuttosto la bottega artigiana di vaga reminiscenza rinascimentale.
La bottega artigiana è il luogo in cui il grande professionista, il grande maestro deve produrre, perché ha una richiesta, ma da solo non ce la fa, e dunque si fa assistere dagli apprendisti. Quindi in questo luogo il maestro insegna ai giovani a realizzare il manufatto artistico non tanto per amore dell’arte, ma per necessità pratica. Insomma, congiunge in modo naturale, l’aspetto alto che è puramente creativo, a quello più basso che è quello applicato alla realtà di tutti i giorni, cioè quello lavorativo, superando la questione di quanto sia giusto guadagnare soldi e tradire l’arte o quanto sia giusto, invece, rispettare l’arte e non guadagnare affatto.
Questa dicotomia tra l’aspetto economico e materiale e l’aspetto nobile e spirituale dell’arte è una maledizione. E’ lo strumento attraverso il quale noi legittimiamo le operazioni cosiddette commerciali, che per definizione vanno a tradire la dignità artistica. In questo modo segreghiamo la creatività in un angolo dimenticato del mondo, dimenticando a nostra volta che la funzione dell’artista, soprattutto nel mondo dello spettacelo, è proprio quella di stare nel mondo e nella realtà.
Con il nostro piccolo progetto, mettiamo in fila questi pensieri per tentare di fare esattamente quello che si faceva nelle botteghe artigiane del rinascimento, noi vogliamo chiamare a noi dei giovani e persone che si vogliono mettere in gioco per ‘pasticciare’ insieme, mettendo proprio le mani in pasta nel prodotto artistico, che è peraltro un prodotto complesso e che si avvale di più meccanismi, di più discipline e i più competenze per realizzare uno spettacolo che è già destinato al mercato. Meglio ancora se è già stato richiesto dal mercato.
Noi abbiamo già realizzato due spettacoli – The Luciano Pavarotti Heritage (in collaborazione con l’omonima Fondazione presieduta da Nicoletta Mantovani n.d.r.) e T’Ammore – The Spirit of Naples (2012), prodotti proprio a Spoleto. In questa prima prima fase del progetto Voices of Italy di ARSlab, ci occuperemo proprio di queste due produzioni, come da accordi con il Comune, provando a coinvolgere maggiormente le realtà locali. Se questo secondo esperimento avrà successo, la fase successiva sarà quella di stabilizzare questo rapporto per portarlo su un arco temporale più lungo.
Due cose dobbiamo fare con lo spettacolo Belcanto, rivedere la produzione e fare in modo che si possa rigenerare in continuazione.
Lo spettacolo l’abbiamo prodotto qui, l’abbiamo portato a New York. Poi è stato rimaneggiato e l’abbiamo portato a Parigi in due tournée e poi in Bulgaria per fare un test soprattutto di natura produttiva e vedere la risposta del pubblico. Così abbiamo terminato la fase di verifica delle reali condizioni dello spettacolo. Quindi ora dobbiamo chiudere i contratti, alcuni sono già chiusi, e mettere sul mercato lo spettacolo definitivo. E quindi qui faremo le ultime modifiche e suggerimenti che abbiamo raccolto in questa prima esperienza. Principalmente dovremo fare degli interventi a livello di costumi e scenografie.
E qui un apporto dal territorio può arrivare, perché qui peraltro c’è un eredità, forse troppo trascurata, anche a livello artigianale: le maestranze che ha lasciato in eredità il Maestro Menotti che andrà scomparire se non verrà trasferita ai giovani. E il trasferimento di queste abilità ai giovani potrà accadere solo lavorando insieme.
La seconda cosa sulla quale dobbiamo lavorare per Belcanto è il cast (12 cantanti, 7 ballerini e 8 musicisti n.d.r.). Proprio per la natura dello spettacolo, nella speranza che possa girare a lungo, Belcando ha necessità di rigenerarsi in continuazione anche dal punto di vista del cast. Belcanto è uno spettacolo che funziona con le porte girevoli, i giovani artisti che entrano, possono uscire e poi rientrare o fare carriera e non rientrare più nello spettacolo. Perché Belcanto è uno spettacolo fondato sullo NO-star system: è un lavoro corale, un lavoro di squadra, nel quale il vero investimento è stato quello di creare un senso di forte cooperazione, che è una condizione molto difficile nel mondo dello spettacolo, perché bisogna alimentare le specificità individuali portandole al servizio dell’affresco complessivo. Cioè un affresco fatto di grandi personaggi. Quindi noi dobbiamo preoccuparci sin da subito di tirare dentro dei nuovi giovani cantanti disposti a entrare in questa esperienza, a mettersi in discussione ed entrare nel meccanismo, creando un vivaio che andrà a sostituire chi uscirà dal cast ufficiale.
Lo spettacolo T’Ammore invece ha bisogno di un completamento, perché nel frattempo abbiamo chiarito più in profondità e consolidato la relazione tra ARSlab e il regista Franco Dragone. (Franco Dragone Entertainment e Direttore artistico del progetto ARSlab n.d.r.)
Noi non siamo e non potremo mai diventare scuola di formazione. Noi non formiamo gli artisti i tecnici o gli artigiani. Noi semmai li orientiamo verso il nostro prodotto. L’azione, se vogliamo chiamarla educativa, verso chi partecipa al progetto sta nel fatto che noi possiamo mostrare e offrire opportunità a chi già ha delle competenze, di modo che possiamo utilizzare quella competenza nella produzione di un bene specifico.
L’elemento sul quale possiamo eventualmente rischiare delle frizioni con gli enti già presenti sul territorio è semmai il fatto che noi siamo una realtà commerciale, cioè noi sopravviviamo se vendiamo i biglietti, perché con quelli ci finanziamo. A parte qualche sponsor, non abbiamo altre fonti di reddito. Non abbiamo contribuzioni pubbliche.
Questa storia della cultura elevata e che quindi deve essere finanziata da fondi pubblici porta generalmente a una posizione ideologica da parte di quegli enti che non hanno bisogno di misurarsi con la vendita del biglietto al pubblico. Una posizione che spesso crea resistenze rispetto a possibili collaborazioni con un soggetto commerciale.
Questo si traduce anche in un altro fatto, che non è vero che un buon prodotto artistico deve per forza avere il teatro vuoto. Allora riempiamoli questi teatri e se riempiamo i teatri non possiamo non pensare che facciamo anche economia e si rimette in moto un meccanismo che dice: si può e si deve avere successo planetario, ottenendo un buon guadagno e facendo anche guadagnare chi a vario titolo ci lavora, non rinunciando alla dignità dell’arte.
La dimensione internazionale è obbligatoria, sia per i mezzi che ci consentono si essere ovunque con grande facilità, sia perché questo genere di teatro è un NO-speaking theatre, per cui la comprensione della lingua straniera non è fondamentale nella comprensione complessiva dello spettacolo. E per lavorare all’estero ci vogliono i partner. Sostanzialmente sono di tre tipi: i partner commerciali, ovvero i promoters e organizzatori di eventi, agenzie che aiutano a distribuire gli spettacoli, i partner finanziari, ovvero gli sponsor che sostengono in parte nel progetto. Infine ci sono anche dei partner produttivi, con i quali ci scambiamo elementi tecnici e produzione.
Se parliamo di Franco Dragone (regista italiano, naturalizzato belga tra le cui realizzazioni si annoverano le prime edizioni del Cirque du Soleil, uno spettacolo creato per Celine Dion al Ceasar’s Palace di Las Vegas, The House of Dancing Waters a Macao in Cina, solo per citare alcuni tra gli spettacoli più conosciuti n.d.r.) e sulla sua realtà, evidenzio due elementi che normalmente non sono conosciuti, che sono quelli dentro i quali si inserisce il nostro progetto.
Franco Dragone rappresenta due mondi, uno è quello che gli permette di sottoscrivere un contratto da due miliardi di dollari con un ente governativo cinese per la costruzione di 4 teatri nelle grandi città cinesi e lì tenere degli spettacoli permanenti. Una straordinaria, gigantesca, faraonica macchina di costruzione dell’immaginario che trasferisce la sua grande capacità visionaria dentro operazioni complicate e costose. Dietro questa macchina così complessa ci sono centinaia e centinaia di persone che lavorano in pianta stabile a La Louvière, in Belgio, dove lui ha il suo laboratorio e in più in tutti i luoghi in cui questi spettacoli si creano, che vanno dalla progettazione architettonica del teatro, fino a tutti gli artisti.
Dietro però c’è un un uomo semplice, pur nella sua grandezza, nato in un paese in provincia di Avellino che quando torna a casa vorrebbe radicarsi nella sua terra e allora tenta di trovare negli spazi interstiziali tra questi megasistemi e la ragione della sua esistenza. E come tutti gli artisti ha una capacità di sentire che è potente ed è indomabile e quindi si mostra disponibile all’idea di personaggi come noi, perché italiani e per la piccola storia che abbiamo costruito nel mondo, e perché siamo in grado di mettere in piedi dei progetti che ritornano sull’Italia e sul nostro grande patrimonio artistico, capaci di coesistere sul palcoscenico internazionale con pari dignità rispetto ad altre produzioni che vengono da altri paesi.
Dragone potrà essere coinvolto nel rifacimento di Belcanto, o meglio nella realizzazione del Gala di Belcanto che stiamo realizzando in omaggio a Luciano Pavarotti, per il quale noi pensiamo di fare un grande spettacolo tributo, più che all’artista in sé alla sua eredità artistica e professionale. Spettacolo che si terrà a settembre all’Arena di Verona. E quindi vorremmo mettere in piedi in nostro spettacolo, con l’aiuto di Dragone, che abbia una maggiore spettacolarità.
Il progetto ARSlab viene da circa quattro anni di lavoro e lo abbiamo condiviso con la Fondazione Luciano Pavarotti, con la dott.ssa Nicoletta Mantovani che ne è la presidente, con Franco Dragone, come ci siamo detti, ma ci sono anche collaborazioni nel progetto, oltre agli operatori economici, con alcuni artisti con i quali stiamo collaborando nella diverse aree. C’è il coreografo Vittorio Biagi, il regista belga Gianfranco Covino, il regista inglese Hugh Wooldridge, il visual designer francese Claude Tissier, il Direttore Musicale M° Pasquale Menchise. Questi sono i principali, anche se non gli unici, riferimenti del progetto da un punto di vista artistico.
Per quanto riguarda la nostra attività curriculare prima di arrivare a Belcanto, direi che nel nostro lungo impegno abbiamo realizzato molte cose. Vorrei partire sian dagli esordi perché fin dagli anno 80 abbiamo iniziato a sviluppare un’attività di promozione all’estero di artisti o di prodotti artistici italiani. Abbiamo lavorato moltissimo in Europa, lunghi anni in Australia e abbiamo portato in giro per il mondo soprattutto eventi musicali tipicamente italiani. Questo accade per due motivi, uno perché siamo credibili se noi italiani portiamo prodotti italiani nel mondo, che tra l’altro sono amatissimi, ma secondo e più importante, perché non c’è niente di italiano nel mondo nel settore del teatro commerciale. Questi fattori si trasformano, per il nostro progetto, in opportunità.
Tornando al curriculum cito il lavoro realizzato con Eugenio Bennato, in cui lui fece una ricerca su tutte le tradizioni musicali popolari del Sud d’Italia creando poi una sua personale sintesi, a metà tra la canzone moderna e la musica tradizionale popolare. Con questa produzione siamo andati veramente in tutto il mondo. Abbiamo persino fatto ballare la tarantella agli australiani.
Ma la parte più appagante dal punto di vista professionale, anche sicuramente da un punto di vista personale, e forse anche la più preziosa per l’affermazione del nostro teorema di fondo, ossia la promozione della musica italiana a livello internazionale, è stato dimostrare che si potessero fare operazioni di pop con un prodotto artistico un po’ severo e di grande dignità. Il che non era poi così scontato e abbiamo dovuto lottare un po’, ma per fortuna l’abbiamo fatto in complicità con un artista talmente potente e talmente importante che alla fine abbiamo avuto ragione per forza. E sto parlando di Ennio Morricone insieme al quale abbiamo letteralmente inventato l’attività concertistica, che mancava nella sua attività professionale. Questo ci ha aiutato moltissimo a dimostrare che il teorema fosse percorribile, un prodotto italiano di qualità può girare nel circuito pop e commerciale internazionale, senza tradire neanche un po’ il valore dell’artisticità del prodotto.
La collaborazione con Ennio Morricone è stata certamente un’esperienza esaltante. Nell’arco di oltre 15 anni abbiamo realizzato diverse produzioni discografiche, tra cui un CD davvero speciale in cui le musiche di Morricone sono state interpretate da alcuni tra i più importanti artisti internazionali quali Celine Dion, Herbie Hanckock, Quincy Jones, Yo Yo Ma, Andrea Bocelli, Metallica, Roger Waters e Bruce Springsteen, per il quale abbiamo anche ottenuto un Grammy Award.
Questo CD celebrava l’Oscar alla Carriera conferito a Morricone dall’Academy nel 2007 che accolse una vera e propria petizione supportata da decine di grandi attori, registi e musicisti americani e italiani, le cui lettere di adesione abbiamo proposto e raccolto nell’arco di tre anni.
Ma l’attività che maggiormente ha connotato la nostra collaborazione con Morricone è certamente stata quella concertistica, alla quale abbiamo dato vita creando e sviluppando praticamente da zero una parte della sua carriera fino ad allora del tutto inesplorata.
Non che sia stato così facile, perchè agli inizi pochi credevano nel successo di questa iniziativa. Ma alla fine i fatti ci hanno dato ragione, al punto che nel 2014 abbiamo messo in piedi un vero e proprio tour mondiale. Purtroppo, però, a tour appena iniziato, per motivi di salute del maestro fummo costretti a sospendere i concerti per un anno.
Lo scorso febbraio abbiamo ripreso il tour, ma questa temporanea sospensione ha provocato dei problemi di natura contrattuale e amministrativa con la società inglese esclusivista mondiale per i concerti di Morricone.
Infatti questa società in oltre 10 anni ha prodotto e distribuito in tutto il mondo più di 200 concerti che hanno comportato importanti investimenti e generato un significativo volume d’affari.
Oggi la società lamenta, a torto o ragione, irregolarità fiscali e contrattuali riguardo ai compensi corrisposti, a mancati pagamenti in suo favore e alla violazione dell’esclusiva.
Senza entrare nel merito, spero che queste questioni vengano pienamente chiarite, perchè penso che il maestro non meriti di essere coinvolto in un contenzioso di questa natura e portata.
Una prima sezione delle attività al Chiostro di San Nicolò inizierà a metà febbraio e si protrarrà fino a maggio.
In questo arco di tempo noi lavoreremo non solo alla rifinitura e al completamento degli spettacoli Belcanto e T’Ammore, come detto, ma anche all’avvio di alcuni nuovi progetti.
Innanzitutto progetteremo e realizzeremo una versione un po’ speciale di Belcanto, che abbiamo denominato “Galà Belcanto” che intendiamo presentare al pubblico italiano e internazionale a settembre di quest’anno, possibilmente all’Arena di Verona. Questo speciale allestimento vedrà la partecipazione di ospiti italiani e internazionali e uno specifico allestimento scenico.
Effettueremo inoltre la selezione del cast e le prime prove per la creazione dello spettacolo “Con Alma” dedicato all’influenza dello stile vocale italiano, il bel canto appunto, sulla musica e la canzone latinoamericana. In effetti lo spettacolo prevede la partecipazione di 4 giovani cantanti Venezuelani (due tenori classici, un baritono e un tenore leggero), 6 ballerini e 11 musicisti (alcuni italiani, altri latino-americani) che, pur restando sempre in scena, saranno a volte visibili e a volte no, un po’ come accade per “Belcanto”. Il repertorio musicale, tutto in lingua spagnola, sarà organizzato in 5 blocchi tematici, uno per ogni Paese (Venezuela, Messico, Cuba, Argentina, Spagna) con un’ultima sezione dedicata la pop.
Un’altra iniziativa che verrà avviata, in questo primo arco temporale, è la possibile collaborazione con il Napoli Teatro Festival, di cui Franco Dragone sarà Direttore Artistico, che comporterà la predisposizione di specifiche azioni di promozione e comunicazione culturale da veicolare in Campania, in Italia e nel mondo.
Un ulteriore progetto che pensiamo di avviare al San Nicolò, attualmente in fase di elaborazione, consisterà nella progettazione e realizzazione di un allestimento scenico, su musiche di un grande compositore napoletano contemporaneo; nei prossimi giorni ne sapremo di più.
Credit: foto e video per gentile concessione di ARSlab, dai canali ufficiali degli spettacoli.
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