Umbria | Italia | Mondo

Arrivederci Ryuichi Sakamoto, termina la vicenda terrena del grande compositore | L’Umbria lo ricorda

Ci sono artisti che nell’intero ciclo della loro vita terrena si prodigano per lasciare quante più testimonianze possibili del loro talento, consapevoli che nel tempo successivo al loro ritorno ad una condizione spirituale si possa comprendere come l’arte tutta, non è materia solo tangibile ma uno straordinario insieme di sentimenti legati alle sensibilità umane. Un modo per rendere evidente come il genere umano ha necessità assoluta di nutrirsi continuamente di cose solo apparentemente banali e sopravvalutate come l’amore, il pianto, la disperazione, la felicità, l’entusiasmo, la volontà e chissà cosa altro nello sterminato elenco delle nostre condizioni.

Dal 28 marzo (la notizia della sua morte è stata comunicata ufficialmente solo oggi 2 aprile), Ryuichi Sakamoto inizia dunque un nuovo cammino accompagnato dalla compassione umana e sentimentale di quanti lo hanno potuto apprezzare, amare e conoscere personalmente persino, come è accaduto a molti umbri che ne hanno visto i concerti di Perugia, al teatro Turreno e da ultimo al Morlacchi nel 2011.

Il patrimonio musicale e di composizione di Sakamoto è fin troppo conosciuto per rientrare in una semplice lista di cose fatte. Impossibile considerare l’Oscar per la colonna sonora de L’ultimo Imperatore di Bernardo Bertolucci o l’avventura fondativa della Yellow Magic Orchestra e le innumerevoli collaborazioni di straordinario livello internazionale, come il completamento di una fulgida carriera costellata di riconoscimenti. Il lungo sodalizio umano e professionale con David Sylvian o quello apparentemente diverso per latitudine, e che personalmente ci ha colpito di più, con il violoncellista brasiliano Jack Morelenbaum e sua moglie Paula. E poi ovviamente David Byrne e David Bowie (come dimenticare Furyo). E molti altri ancora, senza fare torto a nessuno.

Ci piace pensare che ogni singolo passo o scelta di questo artista sia stato compiuto per slancio e passione nei confronti del suo prossimo. Nessuno come Sakamoto è riuscito a sondare l’inconscio dei sentimenti umani con la musica e l’etica del lavoro di compositore, così in profondità come è riuscito a fare l’artista in celebri composizioni che al solo risuonare hanno il magico effetto di separare il sottile dallo spesso, come dicono gli alchimisti, la testa dal resto del corpo.

Come ci insegnava un vecchio professore di Storia Orientale, cinesi e giapponesi sono ancora oggi profondamente legati al confucianesimo. E osservando l’intero passaggio terreno di Ryuichi Sakamoto questa ipotesi di lavoro è decisamente probabile perchè il confucianesimo, prima ancora che essere una pratica religiosa, è ciò che “sacralizza il secolare”, considerando le attività ordinarie della vita umana, e specialmente le relazioni intra-umane, come manifestazioni del sacro.

E Ryuichi Sakamoto, anche nel suo solo aspetto fisico e nei suoi gesti, persino nel suo parlare al pubblico durante i concerti, emanava una “ritualità” affascinante che prima ancora della musica, era suono e vibrazione. Bertolucci non a caso lo volle anche come attore ne L’ultimo Imperatore, in un ruolo complesso e duro, quello del diplomatico Amakasu, una sorta di Yukio Mishima a capo della sua guardia di Samurai novecenteschi.

L’Umbria e Ryuichi

Come in tante altre occasioni musicali di questa regione, se non fosse stata la visionarietà del compianto Sergio Piazzoli forse gli umbri non avrebbero avuto la possibilità di vedere live questo artista che nel suo passaggio nella terra di San Francesco si è dovuto anche adattare ad un “no”. Ovviamente non diretto a lui personalmente ma ad ospitare un suo concerto con il compositore Alva Noto (senza cachet, ricordiamolo) nella città di Spoleto che nel 2011 non ritenne interessante il progetto offerto dai ragazzi di Dancity di Foligno insieme con l’Acme produzioni di Spoleto.

SAKAMOTO, SPOLETO HA DETTO ‘NO’ AL CELEBRE COMPOSITORE PER IL CONCERTO DI BENEFICENZA PER IL GIAPPONE

Quel concerto, era uno spettacolo di beneficienza il cui ricavato andava ai bambini orfani di Sendai, dove un terribile terremoto aveva provocato distruzione e morte. Gli artisti non percepivano cachet e si trattava di pagare solo le spese vive.

Il concerto si fece ugualmente, al Teatro Morlacchi di Perugia, grazie proprio all’intuizione e alla capacità artistica di Sergio Piazzoli.

Lo ricordiamo perchè i fatti umani non possono modificare il senso di quello che Sakamoto e Noto facevano già da tempo per le popolazioni colpite dal terremoto in Giappone, e in un modo o nell’altro l’Umbria ha comunque risposto. Sakamoto era comunque già stato a Perugia per un concerto qualche anno prima al Teatro Turreno, sempre grazie all’incredibile Piazzoli e alla sua storica MusicalBox Eventi, in una stagione d’oro della musica in Umbria che vide in sequenza artisti come David Byrne, Astor Piazzolla, Joe Jackson, Elvis Costello, David Sylvian, Arto Lindsay, Diamanda Galas.

Passare la soglia

Non ha nessuna importanza come Ryuichi Sakamoto sia arrivato al passaggio della soglia dalla vita terrena a quella spirituale. I giornali ne hanno parlato molto e lui per primo, rendendo note le sue condizioni di salute e l’inizio del percorso che lo portava verso una dimensione diversa. Ha importanza invece come l’ha fatto, con discrezione e responsabilità verso coloro che lo hanno sempre amato, vicini o lontani, in modo tale che ci si abituasse ad una sua diversa forma di presenza.

Alla nostra non troppa antica, e nemmeno troppo moderna, età di sessantenni, riconosciamo con grande commozione come questo “amico fraterno” ci abbia aiutato a capire qualcosa di più su come ci si può avvicinare a certi momenti di cambiamento. E come nulla ha termine se si è consapevoli dei gesti compiuti in vita, siano essi di natura artistica o, come nel caso più indegno di noi giornalisti di campagna, siano solo quelli di raccontare agli altri ciò che si osserva.

E dunque se ci si è scambiati grandi sentimenti non può solo essere una morte o una Sweet Revenge (Dolce vendetta) nei confronti di quanto fatto vivendo. ma un semplice arrivederci. Ci vediamo di là