Perché una apertura ufficiale di manifestazione, come nel caso di questa edizione di Umbria Jazz, è un “grande giorno”?
C’è un doppio ordine di motivi. Il primo, assolutamente fondamentale, è che lo stop forzato a causa della pandemia, con tutta la serie di problematiche che ha comportato in generale nel mondo dello spettacolo, si è rivelata invece una vera e propria epifania della grande “voglia di arte” in generale degli italiani. Un popolo che, a quanto pare, ha definitivamente consolidata nel proprio Dna, la consapevolezza di avere a disposizione un enorme bagaglio culturale e di esperienze che rende questo paese un unicum difficilmente replicabile.
Ed è proprio Umbria Jazz a scoprire il nervo sensibile di questo innamoramento, quando lo scorso anno, nel pieno delle difficoltà, si è rimboccata le maniche ed ha tirato fuori lo straordinario progetto “JazzLife”. Un esempio narrativo della compenetrazione virtuosa tra tessuto storico e sociale di alcune città umbre, indubitabilmente medievali, e la musica jazz.
Apparentemente una sorta di contraddizione in termini, ma nella realtà un affascinante prologo di quello che questa regione potrebbe e, anzi, dovrà diventare in futuro nel campo della cultura e delle arti.
Il secondo motivo invece di rinnovato entusiasmo, concedetecelo, riguarda proprio questa nostra testata, che dopo un periodo di riflessione sulla macchina operativa di Umbria Jazz, torna a raccontare le vicende del jazz direttamente dal “campo di battaglia”, il vero luogo del contendere.
E dopo il prologo dei giorni 7 e 8 luglio con l’Orchestra Asclepio e il lavoro su Dante di Mauro Ottolini e Sousaphonix, si riparte ufficialmente nella serata di ieri, 9 luglio con due protagonisti indiscussi del jazz: Emmet Cohen con il suo Trio e Wynton Marsalis con la Jazz at Lincoln Center Orchestra.
Due modi di intendere la classicità del jazz, molto legati anche al luogo di provenienza e della quotidianità dei due protagonisti.
Il primo ad aprire ufficialmente UJ21, dopo la presentazione dello speaker di UJ, Nick The Nightfly, è proprio Emmet Cohen, che nel periodo della pandemia è diventata una vera e propria star dei social grazie alla sua invenzione dei Live From Emmet’s Place, ovvero delle session di più di un ora di musica dal vivo dalla casa di Cohen e trasmesse via web, dove in quasi due anni sono passati una tale massa critica di musicisti che probabilmente non c’è stata neanche in altri festival in giro per il mondo.
Il criterio di fondo è sempre quello di divertirsi facendo musica e al contempo dando spazio a grandi nomi e anche a nuovi artisti che in quel luogo trovano il modo di farsi notare. In buona sostanza Cohen ha preso la vecchia funzione che avevano i Club delle grandi città e l’ha trasferita armi e bagagli direttamente in rete, con un successo stratosferico di contatti.
E, a Perugia, Cohen replica la sua fortunata formula, rigorosamente in Trio, portando come ospite una strepitosa Samara Joy McLendon, dotatissima cantante con una impostazione vocale da contralto, ma che ovviamente riesce a percorrere tutte le scale tonali sempre necessarie nel jazz. La McLendon è balzata alla ribalta per aver vinto due anni fa una delle più prestigiose manifestazioni del genere, la Sarah Vaughan International Jazz Vocal Competition.
Un’ora di musica avvolgente, fatta da artisti di grandissimo spessore (alla batteria sempre con lui, il fido Kyle Pool) e che non ha timore di rileggere qualche stilema della composizione jazzistica, rendendo ancora più affascinante il progetto dei Live From Emmet’s Place che ha letteralmente scatenato il pubblico del Santa Giuliana.
Nell’anno della ripartenza colpisce anche molto la nuova disposizione del luogo “principe” dei concerti all’aperto di Umbria Jazz. Più spazi aperti e dedicati alla platea (con i posti rigorosamente assegnati e distanziati) ed un back stage meno dispersivo in termine di fruizione degli anni passati, quando stare tutti ammassati non era un problema, anche fosse a causa della fila per il solito panino (e che comunque si forma ugualmente). Tranquilli però che i prezzi sono sempre gli stessi, alti!
La novità invece è un piccolo Lounge Bar di cortesia (come gli spazi dedicati ai frequent flyer degli aeroporti), proprio dietro al palcoscenico.
Quando c’è un membro della famiglia Marsalis nei paraggi, lo si capisce dalla giacca e dalla cravatta. O meglio lo si capisce dai completi di taglio sartoriale che i musicisti della famiglia amano sfoggiare, quasi fosse un segno distintivo, tra educazione per il pubblico e rispetto della tradizione, quando i musicisti neri si mettevano lo smoking e si lisciavano i capelli per essere bene accetti ad un pubblico composto per lo più da bianchi.
Wynton Marsalis, tuttavia, non ha certo bisogno dell’artificio sartoriale per essere un grandissimo stilista di musica jazz. Con una carriera monumentale alle spalle a dispetto della non avanzata età (59 anni) porta in scena a Perugia il progetto del Jazz at Lincoln Center che è una delle più prestigiose istituzioni culturali americane. La sua mission è la promozione del jazz ad ogni livello e con una molteplicità di iniziative, dai concerti ai seminari, dalle conferenze ai programmi radio e televisivi. E di questa Wynton Marsalis è il Direttore Artistico.
La Jazz at Lincoln Center Orchestra è lo strumento principale ed il cuore di questa vocazione con trent’anni di lavoro alle spalle, un organico di quindici tra i più brillanti jazzmen americani ed un repertorio che negli anni ha celebrato alcune delle figure chiave della musica del Novecento, da Duke Ellington a Charles Mingus, da John Coltrane a John Lewis.
Tutto suonato con grande maestria a volume inequivocabile ma con una brillantezza insuperabile. Il ritorno di Marsalis a Umbria Jazz (esclusiva italiana), dove fu presente fin dai primi passi della sua straordinaria carriera, è stato un vero evento, soprattutto con una formazione assolutamente fuori dal comune come la JLCO.
Da non perdere questa sera all’Arena Santa Giuliana, Stefano Bollani “Piano solo” nel ricordo del grandissimo Chick Corea con cui Bollani ha firmato grandi pagine di spettacolo proprio a UJ.
Foto: Tuttoggi (Carlo Vantaggioli)