«Eccellenza, il cuore di Gesù batte con noi dietro le sbarre. Siamo prigionieri, ma non siamo soli. Le nostre ali non sono mozze, oppure simili a pavoni che si dibattono e si agitano e non sono in grado di volare. Il Signore ci fa visita ogni giorno nelle nostre celle». Con queste parole un ergastolano della Casa di Reclusione di Spoleto, a nome di tutti gli altri detenuti in regime di 41 bis (regime speciale di detenzione, comunemente chiamato “carcere duro”), ha salutato l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo che, nel pomeriggio di mercoledì 16 marzo, ha aperto in carcere la Porta Santa della Misericordia, rispondendo così all’invito di papa Francesco. «Il Giubileo – ha scritto, infatti, il Pontefice – ha sempre costituito l’opportunità di una grande amnistia, destinata a coinvolgere tante persone che, pur meritevoli di pena, hanno tuttavia preso coscienza dell’ingiustizia compiuta che sperimentano la limitazione della loro libertà e desiderano sinceramente inserirsi di nuovo nella società portando il loro contributo onesto. A tutti costoro giunga concretamente la misericordia del Padre che vuole stare vicino a chi ha più bisogno del suo perdono. Nelle cappelle delle carceri – prosegue il Vescovo di Roma – potranno ottenere l’indulgenza, e ogni volta che passeranno per la porta della loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre, possa questo gesto significare per loro il passaggio della Porta Santa, perché la misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà».
Alla celebrazione presieduta dall’Arcivescovo e concelebrata dal cappellano mons. Eugenio Bartoli ha partecipato un gruppo di detenuti in regime di alta sicurezza. Questo evento è stato preceduto da quattro visite che mons. Boccardo ha compiuto in carcere negli ultimi quindici giorni e nelle quali ha incontrato i carcerati in regime di 41 bis. Il Presule, prima della fine dell’Anno Santo, si recherà nuovamente nella Casa di Reclusione per celebrare il Giubileo anche con gli altri detenuti. La Porta Santa della Misericordia individuata e aperta è quella del corridoio che immette nella cappella del penitenziario. La liturgia è stata animata (proclamazione della Parola di Dio, canti, offertorio) dagli stessi detenuti, preparati dal cappellano mons. Bartoli e dal suo collaboratore, il diacono permanente Francesco Pietro D’Urso.
La prima lettura della liturgia, tratta dal libro del profeta Daniele, presentava Sadrac, Mesac e Abdènego messi in una fornace ardente dal re Nabucodònosor in quanto colpevoli di non servire i suoi dèi. Sui tre ragazzi scese l’angelo del Signore che soffiò dentro la fornace e il fuoco non fece loro del male. «Sadrac, Mesac e Abdènego – ha detto mons. Boccardo – sono stati fedeli al loro Dio e lui li ha protetti. Ciò significa che Dio sempre si prende cura dei suoi figli, anche se a volte il male e il peccato deturpano in noi la sua immagine». Il Vangelo di Giovanni, invece, invitava a rimanere nella Parola di Gesù e conoscere così la verità, che farà liberi. «È importante – ha affermato l’Arcivescovo – fare verità su noi stessi, riscoprendo quella componente di bene e di desiderio di una vita piena che si può talvolta assopire ma mai cancellare definitivamente. Facendo leva su questa parte buona di noi – ha proseguito il Presule – possiamo gustare una libertà interiore che nessuna sbarra può limitare». Nelle preghiere dei fedeli l’Arcivescovo ha invitato i detenuti a presentare a Dio misericordioso i familiari «che soffrono con voi la separazione» e quelle persone «che sono state ferite e soffrono a causa del vostro agire». Al termine della celebrazione, mons. Boccardo ha consegnato a tutti un’immaginetta del volto misericordioso di Cristo (quello benedicente del Solsterno posto sulla facciata della Cattedrale di Spoleto), scelto come immagine simbolo del Giubileo nella Chiesa spoletana-nursina, in cui, tra l’altro, c’è scritto: “Signore Gesù, mostraci il tuo volto, luce che rischiara le tenebre, volto silenzioso, sofferente e risorto che cambia il cuore e la vita”. «Oggi con la presenza del Vescovo tra noi – ha detto l’ergastolano che ha fatto il saluto iniziale – Gesù è venuto ed ha alleviato il nostro fardello. Nonostante la nostra vita sia segnata da una fine pena mai, siamo comunque affamati della Parola di Dio, desiderosi di spezzare le catene della schiavitù del male, convinti che non bisogna smettere di sognare e di sperare».